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Cultura a setaccio: didattica alternativa con Pasolini

L’università D’Annunzio continua la protesta alla riforma Gelmini, questa volta, con una conferenza

Gli studenti dell’ateneo teatino continuano a protestare contro la riforma Gelmini sulle università. Questa volta, però, niente sit-in o cortei, ma una critica costruttiva che parte da una proposta culturale: un ciclo di lezioni di didattica alternativa basato sulla figura e sull’opera di Pier Paolo Pasolini. Il primo dei tre incontri previsti si è svolto giovedì scorso presso l’aula magna della facoltà di Lettere e filosofia, alternando alla lettura di alcuni brani dell’autore friulano, l’intervento di tre professori che ne hanno rilevato le peculiarità.

“Cultura a setaccio” è il titolo dell’iniziativa, «per sottolineare che – spiegano gli studenti – la materia grezza della realtà deve essere raffinata per poter capire che cos’è la cultura››.

Ad inquadrare un personaggio multiforme che spesso esula dalla letterarietà, si presta innanzitutto il professor Iossa, che ne delinea il pensiero filosofico: «Il procedere di Pasolini è un continuo rinnovare conservando – spiega il docente di filosofia – La contraddizione, seme di vita e di storia, si serve della dialettica per conservare il passato e reinventarlo attraverso gli strumenti del presente».

Tuttavia, il relatore indica come elemento forte della riflessione pasoliniana il tema del sacro, che per l’autore si individua solo nella cultura degli esclusi, attraverso l’amore: «Pasolini, con l’inciso “Non si può amare senza capire e non si può capire senza amare”, da una lato accusa il cattolicesimo di non utilizzare gli strumenti offerti dalla cultura, da Machiavelli a Freud, dall’altro si distacca anche dalla modernità, che non recupera il senso di “caritas”».

Il professor Perolino, docente presso la facoltà di Lingua straniere,  invece, presenta il Pasolini giornalista politico degli anni ’70: «Nell’articolo apparso sul Corriere della sera del 14 novembre 1974, da “Il romanzo delle stragi, intitolato “Che cos’è questo golpe?”, Pasolini mette sotto accusa l’intera classe politica, nonostante la crisi di piazza della Loggia ancora in atto; è sotto processo – continua – non solo la maggioranza, ma anche l’opposizione, non perché fosse un uomo affetto da “antipolitica”, ma perché era un intellettuale che si poneva al di fuori della realtà politica di quegli anni, dominata dal compromesso storico».

La trasformazione dell’Italia del boom economico, avvertita quasi come irreale dall’autore, lo porta a ragionare in termini politici e storici: «In uno dei suoi articoli, “Dov’è l’intellettuale?” – interviene il dottor Gialloreto – emerge come ormai egli si trovi dove l’industria culturale lo porta. L’intellettuale è diventato, per Pasolini, il buffone della borghesia, simile, forse, ad alcuni di quelli che si vedono oggi in televisione».

Pasolini giornalista, filosofo, politico, scrittore e cineasta: il seminario si chiude con la visione de “La sequenza del fiore di carta”, uno spaccato che mostra come con poche parole, ma con immagini forti, si possa costruire una riflessione che è prima di tutto culturale.

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