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Le ghiande di Voltaire

Come le ghiande di Voltaire sono macerate negli intestini del XX secolo e vengono oggi nuovamente rimasticate.

Dov’è che i cosiddetti “razionalisti” perdono le staffe e rovesciano in pratica quello che hanno imparato dall’odiosa cristianità dei loro romanzetti storici? Basta parlare di bambini. Basta parlare di educazione, e questa è davvero una novità dell’evo moderno: il presunto plagio in cui sarebbe consistita l’educazione religiosa (con cui molte civiltà si sono perpetuate) viene clamorosamente riprodotto in un anticatechismo pensato perché i bambini non giungano mai a essere “schiavi di sistemi ideologico-ecclesiastici”.

Fantastoria? No, se si considera che da circa un anno la “Fondazione Giordano Bruno” (un patrono intoccabile!) è riuscita a far pubblicare anche in Italia «Mi scusi, per trovare Dio?», domando il piccolo maialino. Un libro per tutti quelli che non se la bevono. Il libro, per un pelo non ritirato dal commercio in Germania con decreto ministeriale (il ministro, Ursula von der Leyen, lo aveva indicato come «capace di provocare il “disorientamento etico-sociale dei bambini e dei giovani”») viene stampato e propagandato dai sacerdoti del razionalismo come un faro di civiltà. I due protagonisti, ingenui come il Candido di Voltaire, vengono spinti alla ricerca di Dio da un cartello in cui si legge che «a chi non conosce Dio manca qualcosa». Slogan diretto, di buon marketing, che viene puntualmente smentito dai grotteschi personaggi cui questi si rivolgono (un po’ come pure il Pellegrino russo) – un iracondo rabbino, un grasso vescovo e un imam dal pensiero primitivo. La morale della favola si concreta quando i due tornano al cartello iniziale, dove le loro peripezie avevano avuto origine, e cancellano la negazione della frase, di modo che questa risulti: «A chi conosce Dio manca qualcosa».

Quest’ultimo dettaglio dice bene la cifra ideologica della storiella: non s’è trattato di aggiungere un “non”, generando una frase contraria alla prima («A chi non conosce Dio non manca qualcosa»), ma di togliere la negazione dello slogan, in modo da inoculare al fanciullo la proposizione contraddittoria della prima, non semplicemente la contraria. E qui – con buona pace del maialino e del riccio – casca l’asino (l’asino che gioca a travestirsi da volpe!): se la religiosità è davvero, come questi signori teorizzano, un mero prodotto socioculturale, mentre il bambino sarebbe di per sé un homo irreligiosus (qualcuno corra a cancellare tutti i graffiti preistorici che abbiamo!), come mai non sembra sufficiente negare l’asserto degli uomini religiosi, ma pare necessario produrne uno contraddittorio? A chiunque abbia un minimo di dimestichezza con la logica salta subito all’occhio il peccato originale dei sedicenti razionalisti: si fanno profeti e propagatori di un culto, quelli che per distruggerne uno ne costruiscono uno che lo contrasti. In poche parole: se la religione è una sovrastruttura, “chi conosce Dio” ha “qualcosa in più” (quantunque vi si voglia intendere qualcosa di male), non qualcosa in meno.

Il riferimento a Voltaire, fatto in volata sopra, non è casuale, ma neppure completamente combaciante: proprio il finale – la “morale della favola” – dice la radicale novità di questo libercolo tedesco rispetto al capostipite francese, visto che Candido, alla fine di tutte le sue vicende, non ha le forze per contraddire Pangloss, ma si limita ad asserire la necessità di pensare a «coltivare il proprio giardino». Anche il delizioso “Vita e opinioni filosofiche di un gatto”, del Taine, pur condividendo con le altre due storie l’intento secolarizzante e l’ironia sferzante, lascia una morale morbida, rilassata e, tutto sommato, minimale (non senza qualche eco del biblico Qoélet): «Chi mangia è felice. Chi digerisce lo è di più. Chi digerisce sonnecchiando è ancora più felice. Tutto il resto è solo vanità e impazienza».

La novità è dunque l’intento “ateologico” (secondo Michel Onfray) della loro anti-teologia, lo strumento catechetico della loro anti-catechesi, il carattere “evangelizzatore” del loro anti-vangelo, cui sono sottese visioni antropologiche di povertà agghiacciante. Riesce difficile credere che questi squallidi retori del pragmatismo e dell’utilitarismo possano vantare tra i loro antichi giganti come il Lucrezio del “De rerum natura”, ma forse proprio la traccia di questo decadimento mostra come certe grandi promesse si rivelino come traditrici della dignità umana proprio nel progressivo scemare del senso della bellezza.

Gehrard Lohfink ha studiato con acribia e posto in un’utile sintesi divulgativa quelli che gli paiono essere gli otto assiomi dell’ateismo contemporaneo (in fondo le stesse ghiande di Voltaire e del Taine, ma inacidite dalla digestione subita nelle budella del XX secolo): “Dio non esiste! Gli argomenti del nuovo ateismo” cerca proprio di sviscerare le contraddizioni dell’impresa scristianizzante in corso su larga scala (e anche che sotto tiro ci siano sempre e solo le “religioni abramitiche” non è da sottovalutare).

Se un “bandito di strada” come Francesco Guccini, che l’odore dell’incenso lo sente solo il venerdì santo, e per di più nelle strade, ha rimproverato a questa risma di gente di cercare la verità «per terra, da maiali», quanto più noi saremo decisi nel riscoprire con amore e nel ribadire fermamente la stupefacente trascendenza umana emergente dal fatto religioso. «Tenetevi le ghiande, lasciatemi le ali».

Foto: http://valterbinaghi.files.wordpress.com/2010/03/ghiande.jpg

About Giovanni Marcotullio (156 Articles)
Nato a Pescara il 28 settembre 1984, ha conseguito la maturità classica presso il Liceo Ginnasio "G. D'Annunzio" in Pescara. Ha studiato Filosofia e Teologia a Milano, Chieti e Roma, conseguendo il titolo di Baccelliere in Sacra Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana. Prosegue i suoi studi specializzandosi in Teologia e Scienze Patristiche presso l'Institutum Patristicum "Augustinianum" in Roma. Ha svolto attività di articolista e di saggista su testate locali e nazionali (come "Il Centro" e "Avvenire"), nonché sulle pagine della rivista internazionale di filosofia personalista "Prospettiva Persona", per la quale collabora anche in Redazione.
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