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La Chiesa della “non presenza”

L’editoriale che osa un’autocritica e spera di stimolare all’analisi

È la sensazione di una Chiesa assente ad ispirare questo martedì l’editoriale di LaPorzione.it

L’aggettivo, sinonimo di “mancante”, ma anche di lontana, svagata, assorta, suona bislacco abituati, come siamo, a sentir associare la gerarchia ecclesiastica più a termini come ingerenza o invadenza. Ed infatti, è la non presenza della vera Chiesa, quella fatta di gente, di battezzati e caratterizzata da diversi ministeri che orienta la riflessione di quest’oggi. La Chiesa organizzazione, la Chiesa impresa, la Chiesa “onlus” è assolutamente presente, si fa prossima ai problemi mondiali e locali, si fa portavoce dei diritti dell’umanità, assiste, sollecita, si schiera, ma con più difficoltà si interroga, si verifica, preferendo l’autocelebrazione e la promozione, al leggersi dentro.

Tanti i fatti che possono aiutarci a riconoscere i segni di una crisi; dallo svuotamento delle chiese-edificio alla moltiplicazione di nuovi edifici e alla richiesta ugualmente insaziabile di sacramenti – ancora per poco; dalla non partecipazione attiva alla vita delle diocesi alla creazione di movimenti ed associazioni autocefali più ricreativi che formativi; dalla diminuzione di vocazioni – alla vita consacrata, sacerdotale, famigliare – ad un impegno cristiano non riconoscibile nell’ordinarietà della vita sociale; dalla incapacità del lavoro coordinato e armonizzato tra parrocchie, diocesi, regioni all’esigenza nostalgica di un sacro motivato più da merletti e abiti sfilettati che da Colui che è Sacro; dalla gente che si allontana, ai preti che scelgono di abbandonare l’abito e – ancor meno evidente – da consacrati e sacerdoti rassegnati al “si è fatto sempre così”.

È sufficiente partecipare ad un convegno o ad una iniziativa nazionale, o locale, per verificare la “non presenza”, non tanto da leggere nei numeri, quanto più dalla non volontà di mettersi in discussione, anzi da una discussione non favorita affatto. Ci si bea ancora per le piazze cariche di gente, per le aule stracolme di invitati, ma quella stessa porzione di popolo non viene ascoltata, non viene messa a confronto e forse il bisogno di commisurarsi l’ha proprio persa. Ripenso ancora a convegni nazionali ecclesiali – occasioni di incontro per operatori di diversi settori – organizzati per sottolineare la presunzione di competenze realizzate negli ultimi anni e non per verificare il lavoro svolto, per coordinare le forze. Ripenso alle agenzie di stampa e ai media cattolici affaccendati nel generare le dichiarazioni di entusiasti partecipanti con lo stesso impegno largito nell’escludere le affermazioni “stridenti” di critica.

Potremmo pensare di non essere nella stessa situazione descritta – me lo auguro – di vivere una realtà parrocchiale e diocesana caratterizzata dalla partecipazione attiva ed interessata, ma mi chiederei se dietro tale vivacità ci sia la capacità di leadership di un vescovo, di un prete giovane o anziano che sia, o la volontà di una comunità di vivere il ministero: prova del nove sarà la comunità che resta dall’avvicendarsi del presule o del parroco.

È la Chiesa della non presenza quella che è passata per le strade anche a Montesilvano, nell’ultimo incontro diocesano, la Marcia per la pace, tra l’indifferenza della gente, i video delle televisioni e l’assenza di parrocchie e movimenti affaccendati nelle messe e preghiere settoriali del sabato notte e legittimate alla “non presenza” dalle parole di elogio – assolutamente giuste – del Santo Padre il giorno dopo.  È la Chiesa della non presenza quella che stasera inaugurerà, con l’assenza, la preghiera per l’unità dei cristiani e si “frantumerà” nelle piccole “chiese domestiche”, stanca per le feste e le mangiate di onore di Sant’Antonio e del suo maialetto. È la Chiesa della non presenza quella che ognuno di noi, del popolo di Dio, può scegliere di sopportare o di fermarsi ad “analizzare”!

About Simone Chiappetta (529 Articles)
Direttore responsabile del notiziario online "Laporzione.it" e responsabile dell'Ufficio per le Comunicazioni Sociali dell'Arcidiocesi di Pescara-Penne. Laureato in Scienze della Comunicazione sociale e specializzato in Giornalismo ed Editoria continua la ricerca nell'ambito delle comunicazioni sociali. E' Regista e autore di
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3 Comments on La Chiesa della “non presenza”

  1. Fernando Tapia Cañete // 19 Gennaio 2011 a 10:55 //

    Carissimo Simone, credo che il percorso dell’autocritica è una strada molto in salita, specialmente all’interno della chiesa, dove, credo, non e mai stata risolta la dicotomia pratica tra l’essere e l’apparire o tra il potere ed il servire. Sono d’accordo che rischiamo grosso, e non solo di “non essere presenti”, ma di svuotarci completamente di quello che è la nostra energia originale, la nostra profonda fonte di essere e di esistenza. Se non riusciamo a fare un grande sforzo per cercare la fedeltà al nostro essere, continueremmo a disperderci come “ovejas sin pastor” dimenticando anche affettivamente il nostro origine ed il nostro punto di arrivo.
    Fare questo tipo di analisi non è facile. Ti ringrazio del coraggio e ringrazio il desiderio di lavorare per farci approffondire in queste riflessioni.
    Fernando

  2. Grazie Gilberto,
    potrà sembrarti un editoriale pessimista, ma è solo – senza eccessi – realista.
    Una chiesa che si interroga, si autocritica e parte dalla consapevolezza di essere in crisi è una Chiesa che sogna, che spera.
    Una chiesa che nega i problemi, che pensa che tutto sia a posto, che ritiene che la colpa sia sempre e solo nelle scelte e nelle responsabilità dei singoli e rifiuta di chiedersi perché gli stessi singoli arrivino ad “optare” – nel migliore dei casi – per strade alternative è una chiesa non in crisi, ma morta!

  3. Gilberto Grasso // 18 Gennaio 2011 a 17:27 //

    Caro editorialista, condivido il contenuto di quello che dici, ma non il tono complessivo dell’articolo, che secondo me rimane troppo pessimista e poco aperto alla speranza: spero non ti sia rassegnato anche tu di fronte alla mancanza di una Chiesa viva e pulsante…..!

    Da cattolico laico, penso che ciò che manca maggiormente è il ruolo dei laici; la responsabilità in parte è dei laici stessi, che narcotizzati dal consumismo della società in cui vivono, anziché portare il Vangelo nella società troppo spesso lasciano che la dimensione spirituale rimanga schiacciata tra le pieghe della quotidianità, tra i problemi e i doveri della vita di tutti i giorni, tra le seduzioni del consumismo mondano; ma in parte la responsabilità è anche della Chiesa “gerarchica”, che per troppo tempo ha considerato i laici come dei semplici “fruitori di servizi liturgici” e non come soggetti di una vocazione specifica e distinta.

    Mi conforta vedere tanti esempi positivi, e questo capita anche nei movimenti che forse sono costretti a volte ad essere autocefali, come tu dici, perché probabilmente si fanno portatori di istanze e interpreti di esigenze che a volte rimangono inascoltate dalla Chiesa cosiddetta “ufficiale”.

    Ma soprattutto mi conforta la presenza di Cristo: è Lui che mi da la speranza di sognare, anche nel nostro Occidente consumistico, un mondo futuro dove finalmente sia possibile costruire quella civiltà dell’Amore su cui qualche Papa di qualche anno fa ci ha fatto tanto sognare….forse oggi manca proprio questo: parole profetiche e di speranza che facciano sognare…. parole di Dio…..!

    Gilberto

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