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Gianni Cordova, un pescarese che combatte la droga

E’ la storia di un ex bancario che, dopo la pensione, ha cambiato vita fondando in pieno centro, a Pescara, la prima comunità urbana di recupero dalla tossicodipendenza: la “Laad”, Lega abruzzese antidroga

I premiati 2010

Gianni Cordova

Da ormai vent’anni la Laad, Lega abruzzese antidroga, opera sul territorio pescarese strappando alla morte centinaia e centinaia di giovani che, sempre più spesso, smarriscono la voglia di vivere rifugiandosi negli stupefacenti. Un anniversario, quello della comunità nata il 15 Giugno 1991 con sede in uno splendido palazzo, in viale Bovio, donato dall’industriale Pietro Barberini, celebrato mediante una tre giorni di festa e spettacoli, conclusasi ieri, presso il parco pescarese di Villa Sabucchi. All’interno della manifestazione, si è poi rinnovato l’appuntamento con la settima edizione dei Premi “Roberto Ciarma e Maria De Paola” (nella foto), consegnati a: Pino D’Atri, presidente della onlus Missione Possibile, Carlo Lizza, ex vice sindaco di Pescara e poeta, Riccardo Pantoni e Carmelita Parbone De Mattei, due volontari Laad considerati un punto di riferimento, Andrea Angrisani, medico di 91 anni conosciuto per il suo rapporto umano col paziente, Lucio Marcotullio, già sindaco di Penne e padre nobile dell’azienda Brioni, Piero Fausto D’Egidio, primario del Sert presso la Asl di Pescara, e Nicoletta Di Gregorio, presidente della casa editrice “Edizioni Tracce”. A dirigere la Laad, con i suoi 20 assistiti, è Gianni Cordova, un ex bancario che nella seconda parte della sua vita ha deciso di voltare pagina, spendendosi per il bene del prossimo, salvando i giovani dalla spirale della droga.

Dottor Cordova, lei ha appena festeggiato il ventennale della sua comunità: che anni sono stati quelli appena trascorsi?

«Sono stati vent’anni intensi al punto che non ce ne siamo neanche accorti. La comunità è una realtà speciale, in cui le emozioni si accavallano e si sfumano, si frantumano e si ricompongono secondo per secondo. Mi giro da una parte e sono passati vent’anni: una buona prospettiva per i prossimi venti».

Quali sono i ricordi di questo periodo che maggiormente riaffiorano?

«I ricordi sono tanti, soprattutto relativi ai volti dei ragazzi che abbiamo ospitato, ognuno dei quali ha portato con sé qualcosa. Magari un po’ di speranza in una vita che molto spesso era devastata. Molte volte le facce di questi ragazzi hanno ripreso a sorridere per il resto della vita. Qualche altra volta, invece, non ce l’abbiamo fatta, ma è importante capire che la speranza era sempre dipinta negli occhi di queste persone, fin dal primo momento».

Volendo fare una statistica, quanti ragazzi ha avuto modo di aiutare?

«I ragazzi trattati hanno superato le diverse centinaia. Naturalmente, non tutti hanno concluso il corso di recupero e non tutti, una volta concluso il corso, hanno mantenuto l’astinenza per sempre. Ma accanto ai numeri del recupero, vorrei sottolineare anche l’attività di prevenzione che noi svolgiamo ogni anno, attraverso corsi strutturati a cui partecipano circa 1200 studenti delle scuole secondarie di Pescara e provincia. Siamo presenti con due operatori, che interloquiscono direttamente con i ragazzi, presso gli istituti tecnici “Aterno” ed “Acerbo”, l’istituto alberghiero “De Cecco”, l’istituto professionale “Di Marzio” ed il liceo classico “D’Annunzio”. È molto importante comprendere che i giovani hanno voglia di parlare, ma vogliono che i loro sentimenti non vengano manipolati. Quest’attività di informazione e prevenzione è un’attività assolutamente importante, del resto quello del disagio giovanile è un problema fondante della nostra società presente e futura».

Come opera la Laad, tecnicamente, operando per il recupero delle tossicodipendenze?

«Il nostro è un metodo molto innovativo. Noi siamo una comunità al centro della città e quindi abbiamo elaborato un progetto osmotico e di scambio continuo con il tessuto sociale. La nostra idea sulla base del quale abbiamo fondato il nostro approccio è “la comunità terapeutica come parte della comunità cittadina”: sarebbe la comunità nella comunità. E Villa Sabucchi, che gestiamo dal 2004, è diventata una specie di simbolo di questo intrecciarsi di emozioni, di esperienze, a volte anche di momenti difficili, ma anche di capacità di stare insieme in maniera non competitiva, non aggressiva, diversa».

Dunque, la vostra non è solo terapia riabilitativa, ma anche servizio per la comunità cittadina?

«Credo proprio che lo possiamo dire, anzi possiamo dire che la terapia riabilitativa ha uno spazio sociale al suo interno. Dal 1994, ad esempio, partecipiamo alle attività di Telethon per raccogliere fondi contro le malattie genetiche. Può sembrare bizzarro che una comunità possa occuparsi di tematiche tanto lontane dalla tossicodipendenza, ma in realtà non lo è. In questi anni, i ragazzi hanno dimostrato quanto è importante rompere il guscio di egoismo che la tossicodipendenza comporta e impone. Romperlo significa non avere la sensazione di possedere il monopolio della sofferenza. Ci sono altri ambiti in cui la sofferenza c’è e anche i ragazzi tossicodipendenti possono e sanno trovare il modo per aiutare. Sin dal 1994, inoltre, i ragazzi della nostra comunità, accompagnati dagli operatori, vanno a fare la manutenzione di gran parte del verde pubblico di Pescara, così da ricreare un rapporto diretto con la gente, stando in mezzo alla gente».

Ma in tutto questo, perché è nata la Laad: cosa c’è dietro?

«C’è dietro che da molti anni questo problema mi ha incuriosito. Credo che la complessità del tossicodipendente sia lo specchio di un’altra complessità: quella di tutti gli esseri umani. Questo aspetto mi incuriosì nel primo ragazzo che incontrai e che seguii molti anni fa, nel 1973, così cominciai ad occuparmi di questo problema. Lui usò droghe per quasi vent’anni, per poi andare a San Patrignano dove fu curato da Vincenzo Muccioli. Quindi, nel 1991, tornò è con lui fondammo la Laad. È stato per me importante avere al mio fianco il primo ragazzo che ho seguito. Quel ragazzo si chiama Roberto Ciarma: è stato per me un fratello fin quando, nel 2004, un ictus celebrale lo ha ucciso. E poi c’è Maria De Paola, una cara amica, presidente della più grande associazione siciliana contro la droga, in prima linea anche contro la criminalità organizzata. Lei venne colpita dalle poliomielite quando aveva ancora pochi mesi e ha passato gli ultimi quindici anni della sua vita su una sedia a rotelle. Nonostante tutto questo, venne a Pescara e trascorse molto tempo alla Laad. Ha fatto tanto di quel bene quella donna!».

Così, lei ha dedicato un premio a queste due figure, un premio che quest’anno è arrivato alla sua settima edizione?

«Attorno a questi due “fari” che hanno sempre fatto il loro dovere, e anche di più, senza mai cercare la fama abbiamo voluto rendere omaggio premiando, in queste edizioni, personalità di altissimo spessore come Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso da Cosa Nostra a Capaci, ed il Procuratore capo di Pescara Nicola Trifuoggi. In tutti i nostri premiati, abbiamo riconosciuto la capacità di lasciare un segno profondo nella società essendo utili e facendo della loro utilità una missione, un punto d’onore».

About Davide De Amicis (4175 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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