"Quello che vorrebbero da noi - sottolinea la professoressa Valentinetti -, non è tanto trovare risposte alle domande universali dell’uomo, ma ai loro problemi “Chi sono io?” “Perché mi sento così arrabbiato?” Loro vogliono partire dal terreno esistenziale, vogliono essere accompagnati"
«Un errore che è stato fatto negli ultimi anni – conclude il ricercatore – è quello di mettere etichette finendo per dare al termine neet un’accezione negativa quasi tutti i giovani così definiti fossero fannulloni. Questo è pericoloso perché la realtà è molto variegata così come le risorse a disposizione dei giovani. Per questo servono politiche in grado di intercettarle altrimenti il problema continuerà a crescere».