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Sul ring, lotta all’evasione e diritto alla privacy

Interviene Giovanni Giacobbe, docente di diritto privato. Essenziale una vera “mobilitazione culturale”

«Se l’accertamento dei dati personali è finalizzato esclusivamente alla verifica dell’adempimento di quest’obbligo e non viene effettuato per altre finalità, non c’è nessuna lesione della privacy». Sono queste le parole rilasciate da Giovanni Giacobbe, docente emerito di diritto privato alla Lumsa di Roma, nel “dibattito aperto” tra diritto alla privacy e lotta all’evasione.

«In materia di lotta all’evasione fiscale – ha continuato Giacobbe – nessuna attività di ‘controllo’ da parte dello Stato è propriamente illecita, a meno che non sia particolarmente invasiva». Ed è proprio sul rapporto tra legittimo ed illecito che il docente ha continuato il suo intervento con esempi semplici e chiari: «Nel caso, ad esempio, che le Forze dell’ordine entrino in un’abitazione privata senza un ordine di perquisizione, si verifica certamente un illecito. Quando, invece, si effettuano controlli sui conti bancari o sulle spese che il cittadino fa, arrivando a identificare i proprietari di auto di gran lusso o di yacht, l’indagine è legittima».

La condizione essenziale da rispettare, dunque, è che lo scopo delle indagini riguardino esclusivamente la presenza o meno di violazioni: «se invece i dati – spiega l’esperto di diritto privato – vengono pubblicati per altri scopi, come avviene per esempio per le intercettazioni divulgate a mezzo stampa, allora siamo in presenza di attività illecite».

Chiede trasparenza il docente della Lumsa che non ama, comunque, gli attacchi alla “casta”: «Personalmente sono contrario alla demonizzazione della politica. Lo trovo pericoloso, perché l’avvento di ogni dittatura è stato sempre preceduto da atteggiamenti del genere. Che poi ci siano stati abusi, è fuor di dubbio. La richiesta di una maggiore trasparenza per chi svolge un ruolo pubblico mi sembra un’esigenza giusta. Non andrebbe, però, rivolta solo a politici, ministri o funzionari pubblici, ma anche ai manager privati. Il manager di una grande impressa, infatti, pur essendo un privato svolge un ruolo di rilevanza pubblica. Ad esempio, le grandi imprese che si avvalgono della cassa integrazione, gravando sui cittadini per sopperire alle loro difficoltà, poi magari sono guidate da manager che percepiscono stipendi iperbolici».

La lotta all’evasione, però, non si vince con i soli accertamenti e verifiche, ma con «una vera mobilitazione culturale, che parta dalle scuole elementari per arrivare alle università. Siamo in presenza, infatti, di una cultura che non dico legittima il non pagare le tasse, ma che utilizza ad esempio gli strumenti del diritto per realizzare una situazione che consenta di evadere la progressività delle imposte. Considerando tutto ciò un fatto lecito, mentre culturalmente e moralmente non lo è».

 

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Direttore responsabile del notiziario online "Laporzione.it" e responsabile dell'Ufficio per le Comunicazioni Sociali dell'Arcidiocesi di Pescara-Penne. Laureato in Scienze della Comunicazione sociale e specializzato in Giornalismo ed Editoria continua la ricerca nell'ambito delle comunicazioni sociali. E' Regista e autore di
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