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Calcio ed europei, tra fede e scongiuri

Il sacro e lo scaramantico, dai gesti storici di calciatori e allenatori ed Euro 2012

«Lo sport dovrebbe essere vissuto anche come momento spirituale». Sono queste le parole del cardinal Kazimierz Nycz, arcivescovo di Varsavia, pronunciate in vista di Euro 2012 e subito dopo il gol di “puntina” segnato, davanti al Santuario della divina provvidenza, al portiere della nazionale under 21 della Polonia, nella festa di ringraziamento organizzata nella capitale polacca per commemorare la sovranità riconquistata con le prime elezioni libere del 4 giugno 1989. L’affermazione del presule non è altro che la sintesi della lettera che l’episcopato polacco, in occasione dei campionati di calcio Polonia-Ucraina 2012 indirizzata ai fedeli per incoraggiarli ad «aprirsi cristianamente all’altro» e a dimostrare «lo spirito comunitario di fede quando nella stessa chiesa si pregherà insieme ai tifosi venuti da lontano». Le affermazioni dei vescovi non sono state improvvisate perché già da tempo era stato predisposto un dettagliato programma di eventi pastorali durante il campionato: celebrazioni liturgiche in varie lingue e secondo vari riti, zone di preghiera, cittadelle di evangelizzazione e pubblicazioni.Diffusi anche “il Vangelo dello sportivo e del tifoso” e un volume che raccoglie “le riflessioni sullo sport di Giovanni Paolo II”, oltre ai preparativi a livello scolastico, con catechesi per studenti incentrate sulla corretta interpretazione di grandi eventi sportivi e sul dovere di ospitalità e rispetto verso chiunque.

Insomma, il connubio tra sport e fede sembra proprio funzionare, del resto San Paolo scrivendo ai Corinti afferma: «Non sapete che nelle corse allo stadio tutti corrono, ma uno solo conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo!». È chiaro che è giusto e doveroso aspirare al premio e al Premio e la preparazione atletica (come quella spirituale) e la sfida leale dicono la volontà di farlo, ma la sensazione, osservando tante azioni “spiritual-sportive” che a volte ci riempiono il cuore, altre ci fanno sorridere e altre ancora disturbano il nostro senso del sacro, è che si confonda quella “p” in “P” e che gesti pseudo religiosi o immagini sacre servano più da formule magiche o amuleti da santoni che ad un “corretto uso” della propria sensibilità religiosa.

Chi non ricorda la preghiera dei calciatori egiziani rivolti verso la Mecca dopo la vittoria con la nazionale italiana di qualche anno fa, o la preghiera collettiva in mezzo al campo nella finale che il Brasile vinse contro gli Usa nella Confederantions Cup in Sudafrica (con un ammonimento ufficiale della Fifa alla federazione brasiliana)? Chi non è rimasto meravigliato da Kaka inginocchiato, con le braccia rivolte verso l’alto e con la maglia “I belong to Jesus”o dallo sguardo rivolto verso il cielo di Cavani ad ogni gol – e ne sono sempre tanti – insieme alle sue maglie, più personali dell’ex campione milanista “Gesù ti amo” e “I belong to Jesus”? E chi, ancora, non ha ascoltato con interesse l’ex difensore della Juventus, ora a Catania, Nicola Legrottaglie impegnato con pubblicazioni religiose, ma anche su temi come la castità, l’aborto e l’introduzione della pillola Ru486? I “citati” fanno parte dell’associazione no profit di ispirazione cristiana evangelica degli “Atleti di Cristo” insieme ad altri giocatori del campionato italiano come Nené (Cagliari), Guzman (Piacenza), D’Agostino (Siena) e tanti altri potrebbero essere gli esempi (sarebbe bello se i lettori ne citassero nei commenti) e hanno sviluppato forme di ringraziamento personali e legittime.

Ma quante volte, anche nel calcio, si confonde la fede con una sorta di “stregoneria“! Chi non ha mai notato le immagini “benedette” di Padre Pio – onnipresente – la Madonna dell’Arco, San Gennaro e il Beato Errico all’uscita dagli spogliatoi del San Paolo e i “bacetti” puerili dei giocatori in fila? I santini, tra l’altro erano stati spostati negli spogliatoi del Napoli – a detta di mister Mazzarri –  «perché anche gli avversari baciavano i santini e ne traevano beneficio». Chi non ha mai cercato di comprendere lo “strano” segno di croce, con tanto di medaglietta, di Antonio Conte, allenatore della Juventus o la misteriosa “acqua santa” di Trapattoni, ex allenatore della nazionale italiana, ora in Irlanda? Insomma, chi ne ha più ne metta perché poi, ad esasperare la relazione tra “sacro” e “profano” ci penserà la nazionale croata nella prossima partita con l’Italia per la quale avrebbe “convocato” il 41enne Zlato Sudac, non un giocatore maturo, ma un “santone” – così lo definisce il Corriere dello Sport – con le stimmate e il segno della croce inciso.

Insomma croci, santi e preghiere messe sullo stesso piano di sale, segni scaramantici, porta fortuna, per una scaramanzia a tratti simpatica e a volte blasfema. Certi di nuovi e creativi segni “confusi” tra fede e scongiuro, chissà se l’Euro 2012 riproporrà anche qualche gol con la “Mano de Dios”?

 

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Direttore responsabile del notiziario online "Laporzione.it" e responsabile dell'Ufficio per le Comunicazioni Sociali dell'Arcidiocesi di Pescara-Penne. Laureato in Scienze della Comunicazione sociale e specializzato in Giornalismo ed Editoria continua la ricerca nell'ambito delle comunicazioni sociali. E' Regista e autore di
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