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La venerabile Nennolina

Storia di una bimba e del suo speciale rapporto con il Signore

Una delle prove più difficili che un adulto possa affrontare è osservare, accettare e dare un senso alla sofferenza di un bambino. Quanti capitino tra le corsie di un ospedale pediatrico non possono restare indifferenti davanti al dolore e al sacrificio di genitori e parenti, che affannati e rattristati lottano contro infermità e patologie che affliggono proprio i più fragili e indifesi della famiglia. Un inesorabile e crudele senso di impotenza attanaglia chi si trovi a fare i conti con un male incurabile, lo lascia spettatore impotente e mette a nudo a viva forza l’umana miseria.

Questa è la storia di una coppia di coniugi della Roma anni Trenta, contro i quali la cattiva sorte sembra essersi accanita. Di quattro figli, due muoiono prematuramente e l’ultima nata, all’età di appena cinque anni, sviluppa un tumore osseo che la porterà in breve tempo alla morte. La bimba si chiama Antonietta Meo, ma tutti a casa la chiamano affettuosamente Nennolina. Ha un carattere vispo e allegro, un piccolo «terremoto» a quanto dicono le maestre. Il rigonfiamento apparso sul ginocchio sinistro è facilmente attribuito sul principio a una delle sue solite cadute; ma, dopo alcuni esami e cure sbagliate, la diagnosi finale non lascia speranza, e l’intera famiglia piomba in un incubo dal quale non è possibile svegliarsi. A sei anni, i medici saranno costretti ad amputarle la gamba; in breve la malattia invade quel misero corpicino, martoriato dagli interventi chirurgici, ridotto alla quasi totale immobilità e afflitto da dolori sempre più violenti e frequenti attacchi di tosse e vomito. I genitori, osservatori impotenti di tanta sofferenza, vivono momenti di profondissimo sconforto, rabbia e ribellione. Ma è la bimba stessa a donare loro la forza di accettare il male, infondendo loro un coraggio e una serenità quanto meno inconsueti. Malgrado le terribili sofferenze, ella continua a sorridere e a ripetere «Sto bene», fino all’ultimo respiro. Di fronte a tanta pace la madre arriva persino a sospettare che la bimba soffra davvero; ma i medici le assicurano che i suoi dolori sono davvero «atroci». È proprio Nennolina a spiegarle qual è il segreto della sua incredibile capacità di sopportazione: «Quando soffro, io penso subito a Gesù e allora non soffro più! Per non soffrire, è tanto semplice: invece di pensare ai tuoi dolori, pensa a quelli di Gesù, che ha tanto sofferto per noi e vedrai che non sentirai più nulla».

Basterebbe questo ad attestare la straordinarietà di questa bambina. Nennolina ha un rapporto così intimo e speciale con il Cristo Crocifisso, al quale è legata da un amore profondo, sincero, da una così vera e radicale adesione al Suo dolore da ritenere un dono di grazia la possibilità di condividerlo con Lui. Si resta a bocca aperta leggendo le sue dichiarazioni di amore a Gesù Crocifisso, che è per lei un modello di sopportazione, di pazienza, di perdono e di amore (Testo 1: in questo allegato si trovano anche i Testi numerati da 2 a 7) o quelle in cui traspare una perfetta e limpida consapevolezza del senso salvifico e redentore della sofferenza (Testo 2). Le letterine (o «poesie» come le chiamava lei) indirizzate a Gesù, a Dio Padre, allo Spirito Santo e a Maria, che abitualmente detta a sua madre prima di dormire, costituiscono un vero e proprio patrimonio di spunti, riflessioni, intuizioni profondissime sulla divinità, sul suo personale rapporto con essa, sul senso della sofferenza e della vita, sull’importanza salvifica dei sacramenti, ai quali si avvicina sempre con piena coscienza e commovente partecipazione (Testo 3).

Le parole di Nennolina sono espresse in un linguaggio infantile, semplice, limpido, ma sono sorprendentemente piene di divina sapienza, tanto che potrebbero suscitare l’invidia dei più dotti teologi. Le sue richieste, le sue preghiere, le sue intuizioni sono tutte indirizzate verso l’accettazione della volontà divina, secondo il modello di Gesù Cristo e di Maria (Testo 4). Anche nei gesti tramandati da quanti la conoscono, Nennolina si rivela una bimba straordinariamente vicina al paradiso. Con devozione, impazienza e gratitudine si accosta ai sacramenti, specialmente alla prima comunione, che riceve il giorno di Natale. I presenti portano scolpita nella memoria l’immagine di questa bimba che, nonostante il dolore alla gamba, rimase per più di un’ora in ginocchio, ferma, le manine giunte, in un’estasi di amore e riconoscenza. Essere sempre in comunione con la Santissima Trinità era il suo più grande desiderio: a Gesù chiede di essere come il giglio che adorna l’altare e come la lampada che illumina il tabernacolo, luogo in cui Egli è veramente presente (Testo 5). Con commovente dolcezza Gli propone di entrare nel suo cuore e rimanervi sempre, trovando in esso una casa accogliente, un porto sicuro, pieno di amore e di pace, dove Nennolina potrà offrirgli protezione e consolazione dalle offese arrecate dai tanti peccati (Testo 6).

Non v’è dubbio che in Nennolina vi sia un ardente anelito alla santità (Testo 7). Chi l’ha conosciuta ne rende testimonianza. Eppure per i genitori, come non è stato facile accettare la malattia della bambina, così non è stato semplice riconoscere i segni della sua santità. Le sue letterine, seppure così ricche di insolita sapienza e profondità, non furono tenute inizialmente in grande considerazione (per questa ragione molte sono andate perdute). Soprattutto sua madre, a quanto lei stessa racconta, prima di accettare la straordinarietà della bimba, lottò contro un certo scetticismo, tendendo a minimizzare gli elogi rivolti alla figlia, reagendo con ostilità a quanti la idealizzavano e rispondendo a chi mostrasse interesse ed entusiasmo verso le virtù speciali della bambina di non credere ai santi «se non quando la Chiesa li ha canonizzati».

La bimba muore serenamente nel luglio 1936 e viene deposta nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme. Pochi giorni prima di morire, annuncia con queste parole la sua imminente dipartita alla mamma: «Mamma, stai allegra, sii contenta… Io uscirò da qui  tra dieci giorni meno qualche cosa». Il processo di beatificazione, iniziato nel 1942, è stato promosso dalla Gioventù femminile di AC (la bimba era iscritta all’Azione Cattolica dall’età di tre anni). La sua giovane età ha per lunghi anni rallentato il processo, finché nel 1981 la Chiesa ha riconosciuto che anche i bambini possono compiere atti eroici di fede, speranza e carità, ed essere elevati agli onori degli altari. Benedetto XVI l’ha dichiarata venerabile nel 2007: se la Sacra Congregazione per le cause dei santi deciderà la sua canonizzazione, Nennolina diventerà la più giovane santa non martire della Chiesa cattolica.

About Sabrina Antonella Robbe (68 Articles)
Laureata in Filologia e Letterature del Mondo Antico, è Dottore di Ricerca in Studi Filologico-Letterari Classici (Università di Chieti). I suoi interessi spaziano dal mondo classico a quello cristiano medievale, con particolare attenzione alla storia e letteratura del cristianesimo tardo-antico e all’agiografia.
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