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Un saluto comune che sa di straordinario

Dietro le parole semplici un uomo determinato, un “nuovo” vescovo di Roma

«Fratelli e sorelle, buonasera». Non è un saluto di un caro amico, tantomeno del parroco gentile del proprio paese, forse è proprio il saluto di tutti e due, di certo è quello del nuovo vescovo di Roma.

Così è iniziato il primo discorso papale di Francesco. Poche parole che subito hanno toccato il cuore dei tanti fedeli giunti a San Pietro sotto l’acqua capitolina e le miriadi in diretta radio/tv. Chi se lo sarebbe mai aspettato? Un conclave breve che pronuncia contro ogni previsione l’”habemus papam” di un cosiddetto outsider, nemmeno quotato dai bookmakers; quel “Georgium Marium” che ha suscitato subito una domanda all’unisono: «e chi è?»; e il nome, Francesco, meno sorprendente, ma solo nelle fantasie dei sostenitori del cappuccino Sean O’Malley.

Nella semplicità della talare bianca e senza l’eco roboante dei microfoni della santa sede, a voce bassa, priva dell’angelica melodia monotono, “umana”, si è presentato Jorge Mario Bergoglio. Un inizio unico, certamente d’impatto, indicazione di un distacco con i pontefici precedenti. Già la scelta di un nome mai utilizzato, osannato dalla gente per l’affetto al santo di Assisi, preferito più probabilmente per la devozione gesuita al Saverio missionario, dice la propensione all’umiltà insieme all’esigenza di evangelizzazione, oltre che alla determinazione di chi preferisce cominciare da zero, o meglio dall’essenziale, invece che aggiungere un numeretto romano ai carismi di simili santità.

Per non parlare dell’appellativo “Papa”, mai pronunciato né per lui stesso, né per i suoi predecessori: «Vi ringrazio dell’accoglienza della comunità diocesana di Roma al suo vescovo – ha continuato il neoeletto dopo il buonasera – grazie. Prima di tutto vorrei fare una preghiera per il nostro vescovo emerito, Benedetto XVI. Preghiamo tutti insieme per lui, perché il Signore lo benedica e la Madonna lo custodisca». Un modo per rompere, chissà, con un distante linguaggio istituzionale e entrare in empatia con la pari dignità degli interlocutori.

Il vescovo di Roma sembra piacere, per il momento, a tutti e sembra aver imboccato la giusta strada della vicinanza. E sì, perché la santità non è una elezione particolare, ma una vocazione universale che il 76enne argentino di origini piemontesi ha già voluto ricordare.

«Vi chiedo un favore: prima che il vescovo benedica il popolo chiedo che voi preghiate il Signore perché mi benedica», l’altra “fortunata” affermazione preceduta dalla gentilezza della richiesta di una familiare cortesia che ribadisce la volontà conciliare di un popolo di Dio che ingloba i ministeri, anche quello petrino!

 

Insomma, sarà pure presto per fare l’identikit di un neoeletto preso quasi «alla fine del mondo», ma ci piace giocare con le parole, leggerle non come pronunciate a caso, sperare. E come non chiudere un editoriale notturno con un «buonanotte e un buon riposo», augurio solito dopo una serena serata tra amici, ma anche conclusione del primo discorso di Francesco.

 

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Direttore responsabile del notiziario online "Laporzione.it" e responsabile dell'Ufficio per le Comunicazioni Sociali dell'Arcidiocesi di Pescara-Penne. Laureato in Scienze della Comunicazione sociale e specializzato in Giornalismo ed Editoria continua la ricerca nell'ambito delle comunicazioni sociali. E' Regista e autore di
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2 Comments on Un saluto comune che sa di straordinario

  1. Parlare Cattolico // 15 Marzo 2013 a 12:26 //

    ‘ribadisce la volontà conciliare di un popolo di Dio che ingloba i ministeri, anche quello petrino!’

    Ma che significa che tutti siamo sacerdoti vescovi cardinali e papi?

  2. Puglielli Immacolata // 14 Marzo 2013 a 14:57 //

    un papa che è subito entrato nel cuore di tutti per lo stile familiare e semplice di porsi; ha rinnovato in me una carica spirituale nuova: evangelizzarmi per evangelizzare. il silenzio richiesto, per favore, per pregare per lui è stato di forte impatto emotivo. Grazie Signore

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