"Non si vede più la frammentazione della persona del paziente, talvolta ridotto a codice sanitario – ammonisce don Massimo Angelelli -, non si vede più soltanto l’organo malato, ma la persona come una totalità unificata. Quando si incontrano due persone, il curante e il curato, nasce la vera presa in carico. Il paradosso della cura è che il paziente diventa strumento di realizzazione non solo professionale, ma di umanità e di grazia del curante"
Più del significato etimologico, delle parole è importante la genealogia: esse nascono per esprimere le condizioni, le emozioni, i bisogni da cui scaturiscono. La scelta della lingua greca di avere come modo verbale l'ottativo, non esprime forse una certa concezione del desiderio e della speranza?
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