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“Vogliamo un mondo di pace, mai più la guerra”

E’ questa l’invocazione espressa con forza ieri, in piazza San Pietro, da Papa Francesco preoccupato per le sorti del conflitto siriano

Papa Francesco, durante l'Angelus, affacciato dalla finestra del suo studio

«Quest’oggi vorrei farmi interprete del grido che sale da ogni parte della terra, da ogni popolo, dal cuore di ognuno. Dall’unica grande famiglia che è l’umanità, con angoscia crescente. È il grido della pace». Lo ha detto ieri mattina Papa Francesco, prima della recita dell’Angelus in piazza San Pietro: «È il grido – ha invocato il Papa – che dice con forza: vogliamo un mondo di pace, vogliamo essere uomini e donne di pace, vogliamo che in questa nostra società dilaniata da divisioni e da conflitti, scoppi la pace, mai più la guerra. La pace è un dono troppo prezioso, che deve essere promosso e tutelato. Vivo con particolare sofferenza e preoccupazione le tante situazioni di conflitto che ci sono in questa nostra terra. In questi giorni il mio cuore è profondamente ferito da quello che sta accadendo in Siria, è angosciato per i drammatici sviluppi che si prospettano».

E' sempre più vicino, in Siria, un attacco militare

Da qui è emerso un forte appello per la pace: «Un appello – ha proseguito il Pontefice – che nasce dall’intimo di me stesso. Quanta sofferenza, quanta devastazione, quanto dolore ha portato e porta l’uso delle armi in quel martoriato Paese, specialmente tra la popolazione civile e inerme. Pensiamo quanti bambini non potranno vedere la luce del futuro. Con particolare fermezza, condanno l’uso delle armi chimiche. Ho ancora fisse nella mente e nel cuore le terribili immagini dei giorni scorsi».

Quello di ieri, è stato dunque un messaggio interamente dedicato alla condanna di ogni forma di violenza, per risolvere il conflitto siriano e, più in generale, gli altri conflitti nel mondo: «C’è un giudizio di Dio e anche della storia – ha ricordato il Santo Padre – sulle nostre azioni a cui non si può sfuggire. Non è mai l’uso della violenza che porta alla pace. Guerra chiama guerra, violenza chiama violenza. Con tutta la mia forza chiedo alle parti in conflitto di ascoltare la voce della propria coscienza, di non chiudersi nei propri interessi, ma di guardare all’altro come a un fratello e intraprendere con coraggio e con decisione la via dell’incontro e del negoziato, superando la cieca contrapposizione».

Sempre con forza, il Papa ha poi sollecitato la comunità internazionale a compiere ogni sforzo per promuovere, senza altri indugi, iniziative chiare per la pace in quella nazione, incentrate sul dialogo e sul negoziato, per il bene dell’intera popolazione siriana: «Non sia risparmiato alcuno sforzo – ha esortato Papa Francesco – per garantire assistenza umanitaria a chi è colpito da questo terribile conflitto, in particolare agli sfollati nel Paese a ai numerosi profughi nei Paesi vicini. Agli operatori umanitari, impegnati ad alleviare le sofferenze della popolazione, sia assicurata la possibilità di prestare il necessario aiuto».

Il Papa, successivamente, ha rivolto una domanda ai tanti fedeli presenti: «Cosa possiamo fare noi per la pace nel mondo? Come diceva Papa Giovanni, a tutti spetta il compito di ricomporre i rapporti di convivenza nella giustizia e nell’amore. Una catena di impegna per la pace unisca tutti gli uomini e le donne di buona volontà. È un forte e pressante invito che rivolgo all’intera Chiesa cattolica, ma anche estendo a tutti i cristiani di altre confessioni, agli uomini e donne di altre religioni e anche a quei fratelli e sorelle che non credono. La pace è un bene che supera ogni barriera, perché è un bene di tutta l’umanità. Ripeto a voce alta: non è la cultura dello scontro, la cultura del conflitto, quella che costruisce la convivenza nei popoli e tra i popoli, ma quella la cultura dell’incontro, la cultura del dialogo. Questa è l’unica strada per la pace. Il grido della pace si levi alto perché giunga al cuore di tutti e tutti ripongano le armi e si lascino guidare da un anelito di pace».

Un manifestante siriano

Proprio per questo il Santo Padre ha deciso di indire per tutta la Chiesa, il 7 settembre prossimo vigilia della ricorrenza della Natività di Maria Regina della Pace, una giornata di digiuno e di preghiera per la pace in Siria, nel Medio Oriente e nel mondo intero. Il Papa, tra l’altro, ha invitato a unirsi all’iniziativa, nel modo che riterranno più opportuno, i fratelli cristiani non cattolici, gli appartenenti alle altre religioni e gli uomini di buona volontà: «Il 7 settembre in Piazza San Pietro – ha ricordato il Pontefice -, qui, dalle ore 19 alle ore 24, ci riuniremo in preghiera, in spirito di penitenza, per invocare da Dio questo grande dono per la amata nazione siriana e per tute le situazioni di conflitto e violenza nel mondo. L’umanità ha bisogno di vedere gesti di pace e di sentire parole di speranza e di pace. Chiedo a tutte le Chiese particolari, oltre a vivere questo giorno di digiuno, che organizzino qualche atto liturgico secondo questa intenzione».

Infine, il Santo Padre ha affidato questo delicato conflitto alla Vergine Maria: «A Maria – ha concluso il Papa – chiediamo di aiutarci a rispondere alla violenza, al conflitto e alla guerra con la forza del dialogo, della riconciliazione e dell’amore. Maria è madre, che Lei ci aiuti a trovare la pace. Tutti noi siamo i suoi figli. Aiutaci Maria a superare questo difficile momento e ad impegnarci a costruire ogni giorno e in ogni ambiente un’autentica cultura dell’incontro e della pace. Maria, Regina della Pace, prega per noi».

About Davide De Amicis (4378 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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