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“L’educatore ama le persone che accompagna”

Lo ha spiegato ieri sera Fra Enzo Biemmi, membro della Consulta nazionale per la Catechesi, intervenendo presso la chiesa dello Spirito Santo intervistato da La Porzione.it

Enzo Biemmi è un religioso fratello, appartenente alla Congregazione dei Fratelli della Sacra Famiglia. Si è formato prima all’Università di Filosofia di Torino, poi allo Studio Teologico di Verona. Si è specializzato in pastorale e catechesi all’Istituto Superiore di Pastorale Catechistica di Parigi (ISPC) e ha conseguito il dottorato in teologia all’Università Cattolica di Parigi e in Storia delle Religioni e Antropologia Religiosa alla Sorbona.

La chiesa dello Spirito Santo gremita da catechisti ed educatori

Dal 1997 al 2003 è stato direttore della rivista Evangelizzare (EDB). È direttore dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Verona, diocesi nella quale ha ricoperto per dieci anni il ruolo di responsabile della formazione dei catechisti degli adulti. Ha sempre cercato di coniugare riflessione e sperimentazione pastorale, come documentano le sue pubblicazioni e i suoi interventi in varie riviste e convegni ecclesiali. Attualmente è membro della Consulta nazionale per la catechesi e Presidente dell’Equipe europea dei catecheti.

Fra Enzo Biemmi è intervenuto ieri sera in una chiesa dello Spirito Santo in Pescara gremita, specialmente da catechisti ed educatori, per rispondere alla domanda “Chi è l’educatore?” conducendo una riflessione sul tema “Evangelizzatori per la nuova evangelizzazione”, nella quale ha tracciato il profilo di un evangelizzatore che lascia i luoghi sacri per le strade deserte, che sa cogliere la domanda di senso, che fa strada insieme, che annuncia Gesù come belle notizia, non crea impedimenti, condivide il cammino di riscoperta della fede e sa scomparire. Il religioso ha quindi approfondito il tema, intervistato da La Porzione.it.

Fra Enzo, innanzi tutto quale deve essere il profilo dell’educatore e del catechista al giorno d’oggi?

«Deve essere una persona che ama le persone che accompagna e che sa vedere il bene che c’è nelle persone, anche dove sembra che il bene non ci sia, perché lo Spirito Santo agisce in tutte le persone e un buon educatore è uno che favorisce l’azione dello Spirito nelle persone che accompagna. La seconda caratteristica è che si lasci ospitare nella vita delle persone che accompagna, conoscendola, stando volentieri con loro. È infine capace di dar loro una parola di speranza, una parola di fiducia: l’annuncio del Vangelo».

Tutto questo, però, avviene in un contesto secolarizzato che, a suo parere, potrebbe perfino essere positivo per intraprendere l’azione educativa?

«Sì, nel senso che effettivamente la secolarizzazione non è nemica della fede: può anche essere un’alleata, in quanto permette alla visione di fede di purificarsi di elementi che non sono quelli che sono essenziali per l’adesione al simbolo di Gesù. Quindi il contesto di secolarizzazione riattiva nella comunità ecclesiale il ritorno all’essenziale, perché se sono in una cultura plurale devo tornare a ciò che mi costituisce come credente e anche alla capacità di testimonianza. Un mondo plurale, in una situazione secolarizzata, risveglia la fede dei credenti».

Nonostante questo contesto, come faceva notare lei stesso, oggi l’educatore o il catechista tende a restare comunque ancorato ai vecchi schemi di un mondo già cristianizzato: come risvegliarli per cambiarli e sintonizzarli a quelle che sono le esigenze attuali?

«Il rischio è che ci fermiamo all’esperienza che abbiamo avuto noi e che tentiamo di riportare le cose a come le abbiamo vissute noi. E invece la speranza è la capacità saper riconoscere dove lo Spirito Santo sta lavorando, e lo Spirito Santo ha una falcata di vantaggio su di noi, e metterci noi al servizio anche se è un nuovo che non possiamo ancora del tutto programmare. È la capacità di rimanere non programmati, ma di lasciarci programmare dalle novità che vengono avanti verso di noi».

La Chiesa, da parte sua, come sta accompagnando questo cammino di transizione: quali sono le prospettive?

«Papa Francesco ci ha risvegliati tutti e chi chiede di fare un cambio di velocità e questo reinterroga tutta la Pastorale, così come l’abbiamo finora organizzata. C’è già un cammino che va verso la missionarietà, ma certamente l’“Evangelii Gaudium” di Papa Francesco, ci dà un programma completamente nuovo che dobbiamo prendere in mano».

Qual è l’aspetto principale che dobbiamo cogliere in questa esortazione apostolica?

«La gioia di evangelizzare: è il titolo!».

Si parla di un’emergenza educativa in atto e, se davvero di tratta di questo, qual è il consiglio migliore su come meglio affrontarla?

«L’emergenza, forse, viene un po’ enfatizzata ma c’è. Ogni generazione, rispetto alle precedenti, ha creato delle rotture:  quelli che sono stati i figli hanno dato problemi ai padri, mentre ora sono i padri con i figli che fanno fatica a dialogare e a trasmettere i valori. La cultura che stiamo vivendo, questo passaggio culturale accentua indubbiamente questo movimento di crisi educativa a tutti i livelli. Io credo che una cosa molto importante sia quella di mantenere la fiducia nelle nuove generazioni, anche quando loro non ce l’hanno. I padri devono essere i custodi della speranza dei figli, anche quando questi la smarriscono. Dunque il messaggio che va inviato è un messaggio positivo, perché l’atto di accoglienza delle persone libera le risorse che sono dentro di loro. E poi è importante dare l’esempio, presentandosi con modelli che possono essere significativi per le nuove generazioni».

About Davide De Amicis (4378 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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