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L’Europa non presenterà leggi a tutela degli embrioni

Lo ha reso noto ieri la Commissione europea, bocciando l’iniziativa “Uno di noi” che aveva raccolto un milione e 700 mila firme in Europa. La delusione del Movimento per la Vita

La Commissione europea ha deciso di non presentare una proposta legislativa per la protezione dell’embrione nei settori di competenza dell’Unione. Lo ha reso noto ieri l’Esecutivo di Bruxelles dopo aver esaminato la richiesta dell’iniziativa dei cittadini denominata “Uno di noi”, sostenuta dai movimenti pro-life e accompagnata da 1 milione e 700 mila firme: «Con l’iniziativa Uno di noi – spiega la Commissione, attraverso una nota – è stato chiesto all’Unione europea di smettere di finanziare attività che implicano la distruzione di embrioni umani, in particolare nei settori della ricerca, degli aiuti allo sviluppo e della salute pubblica».

Jose Manuel Barroso, presidente Commissione europea

A tal proposito, è importante ricordare che i promotori dell’iniziativa avevano raccolto le firme necessarie per proporre una iniziativa di legge su scala comunitaria, esponendo le proprie ragioni all’Esecutivo il 9 aprile e dinanzi all’Europarlamento il giorno successivo. Ma ora la Commissione – esponendo le proprie ragioni proprio all’indomani delle elezioni europee – ha concluso che l’esistente quadro di finanziamento, recentemente discusso per il periodo 2014-2020 e concordato dagli Stati membri e dal Parlamento europeo, è quello appropriato: «Ci siamo impegnati – precisa Máire Geoghegan-Quinn, Commissaria europea per la ricerca – a studiare questa iniziativa dei cittadini e abbiamo dato alla richiesta tutta l’attenzione necessaria. Gli Stati membri e il Parlamento europeo hanno tuttavia deciso di continuare a finanziare la ricerca in questo settore per una ragione: le cellule staminali embrionali sono uniche e servono per cure che possono salvare la vita e per le quali sono già in corso sperimentazioni cliniche. La Commissione continuerà ad applicare le rigorose norme etiche e le restrizioni vigenti per la ricerca finanziata dall’Ue, fra cui il divieto di finanziare la distruzione di embrioni».

Tra l’altro, nel rendere nota la posizione che respinge le richieste della campagna “Uno di noi”, la Commissione europea ha addotto anche i criteri di riferimento applicati in riferimento alla ricerca sulle cellule staminali. Nello specifico, si fa riferimento al cosiddetto “sistema di primo lucchetto”, ritenuto pienamente conforme ai trattari dell’Unione europea ed alla Carta dei diritti fondamentali della stessa Unione, un sistema già utilizzato nel precedente programma di ricerca (2007-2013) e confermato per quello dei prossimi 7 anni, denominato “Horizon 2020”.

I tre cardini di questo sistema sono: rispetto delle normative nazionali, nel senso che i progetti comunitari devono osservare le leggi del Paese in cui è svolta la ricerca; convalida scientifica di tutti i progetti mediante un esame inter pares e un rigoroso esame etico; divieto di utilizzo dei fondi Ue per la derivazione di nuove linee di cellule staminali o per ricerche che comportino la distruzione di embrioni, anche per l’ottenimento di cellule staminali. Su questi criteri erano già state avanzate obiezioni in campo pro-life. Ma ora la Commissione ha aggiunto che non intende esplicitamente finanziare ricerche che utilizzino cellule staminali embrionali umane. Per l’Esecutivo, infatti, si tratta piuttosto di finanziare ricerche per il trattamento di malattie o per affrontare sfide in campo medico, ad esempio per terapie per il morbo di Parkinson e il morbo di Huntington, o per il diabete.

Grégor Puppinck, responsabile Comitato cittadini Uno di noi

D’altra parte si ammette che la ricerca può implicare il ricorso a cellule staminali embrionali umane, se ciò è previsto dai migliori progetti proposti: «Fra il 2007 e il 2013 l‘Unione europea – aggiungono i vertici della Commissione presieduta da José Manuel Barroso – ha finanziato 27 progetti di collaborazione nel settore della ricerca medica con cellule staminali embrionali umane, stanziando un contributo di 156,7 milioni di euro. Nello stesso periodo, la spesa totale per la ricerca in campo sanitario è stata di circa 6 miliardi di euro».

Dopo aver appreso la notizia, è quindi emersa anche l’inevitabile la delusione e l’insoddisfazione da parte dei cittadini europei che si erano mobilitati, sostenendo l’iniziativa: «Ieri – protesta Grégor Puppinck, rappresentante del Comitato dei cittadini – la Commissione Barroso ha posto il veto all’iniziativa dei cittadini “Uno di noi – One of us”, la più grande petizione della storia delle istituzioni europee, sostenuta da due milioni di cittadini per chiedere la fine dei finanziamenti pubblici europei a pratiche che comportino la deliberata distruzione di vite umane prima della nascita. Esprimo profonda delusione per una Commissione sorda, che oggi esercita un potere illegittimo, poiché spetta al Parlamento europeo pronunciarsi politicamente sul merito dell’iniziativa, e non alla Commissione».

Ma per il Comitato, la battaglia non è ancora finita: «La procedura – sottolinea Puppinnck – non è chiusa: da una parte la decisione della Commissione è suscettibile di ricorso presso la Corte di Lussemburgo – che ha da parte sua riconosciuto il rispetto dovuto alla vita umana dal concepimento – dall’altra è stato eletto un nuovo Parlamento e verrà nominata una nuova Commissione». Per Puppinck, tra l’altro, quello imposto dalla Commissione europea appare un vero ingiustificato, ignorando l’oggetto stesso della richiesta: «La Commissione – osserva il rappresentante del Comitato cittadini di Uno di noi – si ripromette di continuare a finanziare pratiche di biotecnologia rivelatesi prive di futuro e di etica, e a finanziare l’aborto nei paesi in via di sviluppo, inclusi quelli in cui è vietato penalmente. Questo è un veto ingiustificabile, che viola il processo democratico: la Commissione, anziché prendere atto del successo dell’iniziativa e trasmetterla al Parlamento e il Consiglio europeo, ha abusato del suo potere di controllo formale per bloccare la procedura, tentando di difendere il proprio privilegio di unico detentore del potere d’iniziativa, ossia di avvio di procedure legislative, come è stato fino alla creazione del meccanismo dell’iniziativa dei cittadini, istituito dal Trattato di Lisbona».

Carlo Casini, presidente nazionale Movimento per la Vita

Dall’Italia, inoltre, è giunto lo sdegno espresso dal Movimento per la vita, l’aggregazione laicale pro-life che più di ogni altra aveva sostenuto la raccolta firme nello stivale: «Hanno ignorato – accusa Carlo Casini, presidente nazionale del Movimento per la vita e del disciolto Comitato italiano di Uno di noi – una volontà popolare diffusa, che avrebbe meritato ben altra attenzione ed almeno un serio dibattito nelle aule dell‘Europarlamento, che fino a prova contraria è l‘unica istituzione eletta dal popolo. Con questa decisione, si conferma quel deficit di democrazia che rappresenta il problema più grave che affligge l’Unione europea e che pone a rischio il futuro del grande sogno europeo. I burocrati hanno sfoggiato la migliore saccenza di cui sono capaci, negando che altri oltre loro stessi siano in grado di decidere su una questione che, comunque la si guardi, è dirimente del livello di umanità della società che si vorrebbe costruire». Casini, in aggiunta, accusa la Commissione europea di aver agito nel modo più subdolo, aspettando il vuoto di potere democratico con il Parlamento europeo sciolto e non ancora ricostruito, dribblando le elezioni che avrebbero potuto essere segnate dalla giusta indignazione popolare: «Ma dopo Uno di noi – assicura il presidente nazionale del Movimento per la Vita – è sorta un’associazione dei movimenti pro-vita, che riprenderà le fila della mobilitazione».

About Davide De Amicis (4171 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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