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I bambini difendono gli scheletri

L'avvocato Chesterton difende gli scheletri con le parole biascicate e i gesti buffi dei bambini, ossia con qualcosa di meraviglioso.

«Una collezione di scheletri? Sei matta! Come ti è venuto in mente?». Con queste parole, in genere, gli amici più cari accolgono la mia collezione di teschi e piccoli scheletri. Una ventina di pezzi, tutti diversi, esposti tra le mensole della mia libreria con la stessa grazia che altre donne riserverebbero alle Uova Fabergé. Una tenera ripugnanza di brevissima durata, se nel tempo la mia collezione è stata rimpolpata – diciamo “rimsossata”– da regali donati proprio dagli amici. Immaginate un oggetto qualsiasi con un teschio appioppato, sicuramente lo troverete a casa mia: magliette, borse, orologi, foulard, dvd, profumi, calze, perfino ciondoli-collane-bracciali di discreto valore. Negli ultimi anni, teschi e scheletri sono diventati oggetti di moda inflazionati da griffe quotate. Non è il caso della mia collezione, che, zigzagando fiera tra le mensole della libreria da più di un ventennio, dimostra di esser nata in tempi non sospetti. “Excusatio non petita”, un certo orgoglio manifesta.

Un po’ alla volta mi sono resa conto che i bambini, incappando nella mia collezione, adottano una reazione assai curiosa e diversa da quella dei grandi. Se gli adulti danno l’impressione di sapere qualcosa sull’aspetto dei teschi, è chiaro che i bambini ne sanno meglio e più di tutti. L’idea degli adulti che la fattura del mobile e i libri esposti siano l’interesse principale di una libreria è per i bambini assai assurda, come l’idea che in una coppetta di gelato siano interessanti la coppetta e il cucchiaino. Di fronte all’originalità della struttura interna di un corpo umano, l’orrore provato dall’adulto diventa vivace e accattivante attrazione nei piccoli; alla vista degli scheletri, d’un tratto, i bambini acquistano il senso dell’umorismo mentre gli adulti lo perdono. L’attenzione dei bambini non si limita ad atteggiare un buffo sorriso: qualsiasi parola da loro biascicata, o buffoneria esibita, è senza dubbio meravigliosa, nel senso che nasce dalla pura meraviglia con la quale i bambini sempre si avvicinano alla verità delle cose. I loro occhi brillano anche di una certa gravità, e si fanno interrogativi di un intelligente stupore; le loro mani minuscole tastano e manipolano gli oggetti sconosciuti con una forza straordinariamente invasiva, come a captare tutta l’energia umana disponibile, alla conquista di qualcosa che sfugge alla loro comprensione ma da cui si sentono attratti.

l-imputato-bigPubblicato per la prima volta nel 1901, The Defendant (L’Imputato) fu il libro che fece conoscere Chesterton (1874-1936) al grande pubblico e ne inaugurò la valorosa e copiosa produzione. Una raccolta di sedici saggi, nei quali l’Autore tiene arringhe appassionate «in difesa di ciò che di bello offre il brutto del mondo». In uno di questi articoli, dall’accattivante titolo In difesa degli scheletri, Chesterton si mette alla ricerca di quel «qualcosa di misterioso» che provocherebbe nell’uomo orrore per gli scheletri. Essendo, il libro, un riuscitissimo tentativo di andare con l’immaginazione oltre i luoghi comuni, nella convinzione che «essa non serva a rendere consolidate le cose strane, quanto piuttosto a rendere strane le cose consolidate» [1], Chesterton si dice convinto che l’orrore per lo scheletro non venga all’uomo dall’orrore della morte. Piuttosto, ritiene che la causa profonda ed essenziale sia nel «terrore innato che abbiamo della nostra struttura e di quella delle cose che amiamo»: lo scheletro «turba l’uomo perchè gli ricorda che la sua intelaiatura è vergognosamente grottesca» [2]. Chesterton imputa quest’orrore per il grottesco all’orgoglio e alla «memoria monotona», perchè entrambi impediscono all’uomo di vedere le cose nel loro pieno splendore. L’uomo «vede la ridicolaggine dell’universo intero – «dal microrganismo che ha la testa troppo grande rispetto al corpo, fino alla cometa che ha la coda troppo grande rispetto alla testa» [3] –, non ne è turbato e lo trova anche deliziosamente originale; tuttavia, quando si tratta di sé, l’uomo ha l’orgoglio e la boria di non accettare che anche la propria struttura interna sia ridicola quanto quella di un maiale o di un pappagallo. A causa della «memoria monotona», invece, l’uomo diventa come quel poeta secondo il quale la bellezza della Natura è fatta solo di rose e di gigli. L’abitudine alla realtà spegne l’immaginazione e l’uomo non sa più cogliere la bellezza della Natura nella sua totalità; non sa più stupirsi di fronte al gracchio del corvo o al grugnito del maiale, immaginando, magari, il primo come lo strepito di una galleria ferroviaria e il secondo come il ruggito della terra. Se non perdessimo la capacità di guardare le cose con meraviglia, ci accorgeremmo che gran parte della bellezza della Natura deriva dal suo «infantilismo»: «essa è instabile, grottesca, solenne e felice come un bambino» [4]. Anzi, a ben guardare, la Natura è un tripudio di forme simili agli scarabocchi di un bambino sulla lavagnetta, sconclusionate e ripetitive come le strofe di una filastrocca, e deliziosamente originali proprio perché così pensate.

chesterton+bimbaCi siamo! Ora è chiaro perché i bambini adottino una reazione così curiosa e diversa dagli adulti di fronte agli scheletri. Nell’articolo dal titolo In difesa del culto dei bambini, Chesterton scrive che «il fascino dei bambini sta nel fatto che con ognuno di loro tutte le cose vengono rifatte, e l’universo rimesso alla prova»[5]. Qualsiasi parola o buffoneria di «un grumo di argilla» è meravigliosa, perché nasce dallo stupore ed esprime il tentativo tremendamente serio di rifare il cielo e la terra. Grotteschi e buffi anche loro, scrive Chesterton, i bambini sono dotati di un «buonsenso trascendente»: «Quando camminiamo per strada, e sotto di noi vediamo le deliziose teste bulbose di questi funghi umani, il triplo delle dimensioni che dovrebbero avere rispetto al corpo, dovremmo ricordarci che ognuna di quelle sfere contiene un universo nuovo fiammante, nuovo quando era nuovo il mondo il settimo giorno della creazione. In ognuna c’è un nuovo sistema di stelle, nuova erba, nuove città e un nuovo mare» [6].

Quando un bambino incappa in uno scheletro della mia libreria, ogni parola biascicata o buffoneria esibita non rappresenta altro che un esperimento soprannaturale tra i tanti che quotidianamente fa: dare nome e significato a qualcosa che non comprende ma dalla quale si sente attratto. I bambini e gli scheletri hanno in comune l’aspetto buffo, instabile, allo stesso tempo solenne e felice. Il fatto curioso che i bambini abbiano un naso quasi invisibile, e che sotto il nostro viso le ossa del nostro cranio ridono in eterno, «dovrebbe fornirci l’indizio migliore del genere di umorismo che ci attende nel regno dei cieli» [7].

Da alcuni giorni, posizionato nella libreria, l’avvocato Chesterton difende la mia collezione di teschi. E anche questo ha qualcosa di meraviglioso ed umoristico insieme.

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[1] Chesterton G.K., 
L’imputato. In difesa di ciò che c’è di bello nel brutto del mondo, Lindau, Torino 2011, p.70.

[2] Ivi, pp. 44-45.

[3] Ivi, p. 46.

[4] Ivi, p. 47.

[5] Ivi, p.113.

[6] Ibidem.

[7] Ivi, p.116.