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A loro basta che sia scuola!

Le guerre in Medio Oriente e Nord Africa privano 13 milioni di bambini del diritto allo studio.

«In mezzo alla violenza e all’instabilità, la scuola è un luogo di apprendimento e di opportunità, un santuario per la guarigione e la salute, e un rifugio di normalità e di speranza per il futuro. L’istruzione non solo aumenta le possibilità che, un giorno, i bambini saranno in grado di mantenere se stessi e cercare una vita migliore per le loro famiglie; essa fornisce loro anche la capacità di ricostruire le loro società. E può infondere in loro il desiderio di cercare la riconciliazione in cui i conflitti sono stati risolti e le catastrofi sono finiti».

Con queste parole, si apre l’ultimo rapporto Education under fire (Istruzione sotto attacco) promosso dall’UNICEF. Retorica, solita frase ad effetto? Se la frase citata può lasciare qualche perplessità, i dati riportati di seguito richiamano ad una realtà incontrovertibilmente cruda. Sono oltre 13 milioni i bambini che nel Medio Oriente e in Nord Africa vengono privati dell’educazione, a causa dei conflitti che agitano quei territori: rappresentano circa il 40% dell’intera popolazione scolastica di Siria, Iraq, Yemen, Libia, Giordania, Turchia, Territori Palestinesi e Sudan; l’UNICEF teme che la cifra possa raggiungere il 50% entro pochi mesi.

In Siria, in modo particolare, una scuola su quattro ha chiuso le porte da marzo 2011 ad oggi, con effetti immediati su oltre due milioni di studenti. In Siria, in Iraq, Yemen e Libia, circa 9000 istituti scolastici sono inutilizzabili, o perché sono stati danneggiati o distrutti o perché usati come basi dalle parti in conflitti o come centri di accoglienza per i rifugiati. Nel rapporto Education under fire (Istruzione sotto attacco) si denuncia inoltre che «l’uccisione, il sequestro e gli arresti arbitrari» di educatori e personale scolastico sono divenuti episodi comuni in Medio Oriente e Nord Africa. Per questo motivo migliaia di insegnanti sono fuggiti dai paesi d’origine. Peter Salama, direttore regionale di Unicef per il Medio Oriente e il Nord Africa, sottolinea come la situazione descritta mini un diritto inviolabile di ogni bambino: l’occasione di nutrire la propria personalità di conoscenza e libertà, per costruire una identità e un carattere con i quali tracciare il proprio percorso su questa terra.

Il documento si chiude con gli obiettivi che l’UNICEF individua come prioritari per l’emergenza scuola nei Paesi del Medio Oriente e Nord Africa, e che si propone di sostenere nel corso de prossimo anno:

1) Ridurre il numero dei bambini fuori dalla scuola

Ampliare i servizi di educazione informale per i milioni di bambini che non vanno a scuola. Compiere ulteriori sforzi per raggiungere i bambini più vulnerabili, tra cui ragazze e ragazzi che sono tenuti a casa, che stanno lavorando, coinvolti in altre forme di sfruttamento o direttamente coinvolti nei conflitti.

2) Partner di supporto e sistemi nazionali

Fornire maggiore sostegno ai sistemi di istruzione nazionali nei paesi teatro di conflitti e tra le comunità di accoglienza, per migliorare ed ampliare gli spazi di apprendimento, reclutare e formare gli insegnanti, fornire materiali di apprendimento e di promuovere modalità di apprendimento innovativi.

3) Semplificare accreditamento e certificazione

Nei paesi colpiti dalla crisi in Siria, sostenere il riconoscimento e l’accreditamento della formazione non formale e sviluppare la transizione verso l’educazione formale, migliorando nel contempo il coordinamento di qualità e di livello di grado.

4) Step up difesa per fermare gli attacchi contro scuole e strutture per l’istruzione

Le parti in conflitto dovrebbero porre fine agli attacchi a scuole e strutture per l’istruzione, in conformità con il diritto internazionale umanitario. Le scuole sono un luogo di apprendimento, uno spazio per i bambini a guarire così come un rifugio sicuro per promuovere la normalità e la speranza per un futuro migliore.

5) Dare priorità ai finanziamenti per l’istruzione nei paesi colpiti da conflitti

Finanziamento e investimenti per l’istruzione durante le emergenze rimangono bassi. Nel 2013, meno del 2% degli aiuti di emergenza è andato a livello globale per l’educazione e l’apprendimento.

L’UNICEF sta cercando intorno a US $ 300 milioni per finanziare la sua attività di formazione d’emergenza nella regione nel 2015.

Di seguito alcune delle dichiarazioni riportate nel documento, per testimoniare la gravità del fenomeno dell’esclusione scolastica in Medio Oriente:

«I miei figli sono rimasti feriti in una scuola. Hanno visto persone ferite con le mani mancanti o gambe, con le facce e gli occhi feriti. Hanno visto il loro padre ucciso. Loro non vedono più la scuola come un luogo sicuro». (Niveen, una madre di due bambini, da Gaza)

«Il mio giorno più bello è stato quando ho ricevuto il mio certificato di grado sesto e mi sono reso conto che avevo avuto una media del 95%! I miei genitori erano così fieri. I miei amici e parenti sono rimasti sorpresi che nonostante la guerra dello scorso anno e il danno arrecato alla nostra casa sono riuscito ad ottenere una media migliore rispetto all’anno precedente». (Salsabeel, 11 anni, studente a Gaza)

Convinti che sia retorico tanto dirlo quanto raccomandarsi di non dirlo, ricordiamo che il mondo è comunque sempre diviso in due. C’è ancora una parte del mondo dove prima ancora di pensare ai metodi didattici o al reclutamento degli insegnati bisogna preoccuparsi di fare in modo che tutti abbiano la possibilità di accedere alla scuola. Questa parte del mondo meno fortunata ricorda a tutti, comunque, che una “buona scuola” dovrebbe essere anche un’etica e una politica economica per la pace, la giustizia, l’equità e il benessere sociale di tutti. Di qui e di là.