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Alla ricerca della verità sull’uomo

Possiamo davvero trovare nel mondo una risposta esaustiva agli interrogativi che albergano nel cuore dell’uomo? La risposta secondo Albert Camus

di Giovanni Covino

«Dicevo che il mondo è assurdo, e andavo troppo in fretta. Il mondo in se stesso non è ragionevole, ecco tutto quello che si può dire». Ho incontrato questa frase di Albert Camus (1913-1960) in una bella monografia del 2013 di François Livi, noto italianista della Sorbona di Parigi, intitolata Albert Camus. Alla ricerca della verità sull’uomo. Si tratta di un volume che esamina criticamente il pensiero del filosofo francese la cui opera venne definita come un lavoro capace di mettere «in luce i problemi che si pongono ai nostri giorni alla coscienza degli uomini».

L’opera di Camus vive, infatti, delle inquietudini di un cuore lacerato che sente tutto il peso della vita, ma, nel medesimo tempo, capace di cogliere la bellezza della stessa, anche se una bellezza sempre “macchiata” dall’assurdità dell’esistenza: l’affetto di una madre, la felicità di un momento, la bellezza di un paesaggio, l’amore di una donna sono sempre accompagnati dall’ombra della dissoluzione. Sin dalle prime opere (esemplari in questo senso sono i cinque saggi de Il rovescio e il diritto, 1937) si avverte questa tensione: da un lato, la presenza costante di tutto quello che combatte la vita (malattia e morte), dall’altro, l’esaltazione della bellezza del mondo della natura che al vuoto, spesso avvertito dall’autore, sostituisce il pieno della contemplazione, una contemplazione, però, priva del richiamo alla trascendenza; tutto si svolge a partire dal mondo e si conclude nel mondo: «Nelle prime prove di Camus – scrive Livi – domina già la presenza ossessionante della malattia e della morte. Quest’ombra minacciosa esalta e tende a moltiplicare all’infinito l’innato desiderio dell’uomo di godere del mondo e delle sue bellezze, di sostituire alle promesse di eternità l’intensità e la pienezza della vita. Giacché al di fuori di questo mondo e del momento presente non vi è alcuna certezza».

Notiamo in queste parole che il discorso dello scrittore francese tende all’esaltazione dell’istante ed è caratterizzata, come poc’anzi dicevo, dalla negazione di qualsiasi valore assoluto: la ricerca, almeno in questa prima fase, ha come fine «una simbiosi tra uomo e natura», è questo il tema dei quattro racconti che compongono il volume del 1939, Nozze. L’esaltazione della natura porta Camus a trasfigurare questo mondo, cercando di eliminare qualsiasi ombra, qualsiasi traccia di non-essere, mostrando il desiderio naturale di ogni uomo di godere della pienezza della vita, che mai verrà raggiunta (un desiderio destinato alla frustrazione).

La ricerca di Camus trova certamente uno dei punti più alti ne Il mito di Sisifo, dove la condizione umana è analizzata con lucidità. Camus mette a nudo le sue perplessità cercando di trovare una via da percorrere, sempre rifiutando l’Assoluto, considerato un sotterfugio: «Dicevo – afferma lo scrittore – che il mondo è assurdo, e andavo troppo in fretta. Il mondo in se stesso non è ragionevole, ecco tutto quello che si può dire. Ma ciò che è assurdo è il confronto tra questa irrazionalità e il desiderio struggente di chiarezza il cui appello risuona nel più profondo dell’uomo. L’assurdo dipende tanto dall’uomo quanto dal mondo. In un universo privo di illusioni e di luci, l’uomo si sente un estraneo. Questo esilio è senza appello, giacché l’uomo è privo dei ricordi di una patria perduta o della speranza di una terra promessa. Questo divorzio tra l’uomo e la sua vita, l’attore e la sua scena, è propriamente il senso dell’assurdo».

Di fronte a questa situazione l’uomo ha tre soluzioni: affidarsi a Dio (scelta che per Camus è più una fuga che una soluzione), il suicidio o la rivolta, un atteggiamento orgoglioso contro l’assurdità. Solo quest’ultimo atteggiamento è ammesso da Camus, in quanto esso è l’unica soluzione capace di mostrare la grandezza e la dignità dell’uomo.

Albert Camus (1913-1960)

Albert Camus (1913-1960)

Per lo scrittore francese esiste sola le realtà che cade sotto i nostri occhi, e il precario equilibrio dell’uomo consiste nel conferir loro una proiezione di eternità, immortalandole almeno con il ricordo, ma questo tentativo rimane pur sempre accompagnato dall’ombra dell’assurdità, dal desiderio dell’uomo di una risposta e dall’angoscia che segue il silenzio, l’assenza di una risposta. Insomma tutto è accompagnato dal fatto incontestabile (e doloroso) della finitezza.

Nonostante l’acutezza dell’analisi di Camus, resta la domanda: possiamo davvero trovare nel mondo, come vuole lo scrittore francese, una risposta esaustiva agli interrogativi che albergano nel cuore dell’uomo? L’angosciosa ricerca deve necessariamente sfociare in tragedia? O c’è un’altra soluzione? È davvero senza risposta l’interrogativo che Camus pone in una delle sue opere?

«Il cielo si copre – scrive Camus ne Il Malinteso -. È così in tutte le camere d’albergo, tutte le ore della sera sono difficili per l’uomo solo. Ed ecco ora la mia vecchia angoscia, là nel vuoto del mio corpo, come una brutta ferita che il movimento irrita. Conosco il suo nome. È la paura della solitudine eterna, timore che non vi sia risposta. E chi risponderebbe in una camera d’albergo?»

Solo rispondendo a questa domanda possiamo superare «lo stadio della negazione» lucidamente descritto da Albert Camus nelle sue opere.

 

About Giovanni Covino (17 Articles)
Giovanni Covino (Benevento 1985) è laureato in filosofia presso l’Università Federico II di Napoli con una tesi sulla gnoseologia di Jacques Maritain, con particolare riferimento al problema del realismo e della filosofia cristiana. Ha tenuto corsi di filosofia come professore ospite presso lo Studio Teologico di Benevento e collabora con la Casa editrice Leonardo da Vinci (www.editriceleonardo.net). Ha pubblicato un commento al trattato di Antonio Livi su Vera e falsa teologia (2012) per la Rivista Rosminiana, diretta da Pier Paolo Ottonello, e un saggio (Per una filosofia come “scienza rigorosa”. La proposta teoretica di Antonio Livi e la fenomenologia) nel volume collettaneo Realismo e fenomenologia, a cura di Mario Mesolella (Roma 2012). Ha inoltre curato diversi volumi collettanei (La nozione di “senso comune” nella filosofia del Novecento, Roma 2012; La verità in teologia. Filosofi e teologi discutono il trattato di Antono Livi, “Vera e falsa teologia”, Roma 2014; Dagli enti all'Essere, Roma 2016; Verità e giustizia in democrazia, Roma 2017). Ha contribuito con uno studio sulla dialettica tra senso comune e filosofia nel pensiero antico, con particolare attenzione alla metafisica platonica, al volume collettaneo Platone nel pensiero moderno e contemporaneo, a cura di Andrea Muni (Limina Mentis 2014) e curato, con Antonio Livi, il testo "Edith Stein. Tra Husserl e Tommaso d'Aquino" di Cornelio Fabro (Roma 2016). Ha pubblicato numerosi articoli sulla rivista Sensus communis ed è autore del trattato "Il senso morale. Avviamento allo studio dell'etica filosofica" (Roma 2017).
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