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“Diocesi e parrocchie diventino un cantiere aperto di nuova pastorale”

"No ad un Consiglio pastorale parrocchiale - ammonisce l'arcivescovo Valentinetti - che si riunisce una o due volte l’anno, per decidere gli itinerari delle processioni o le vesti per la prima comunione. Quello che deve decidere costantemente è relativo alla dimensione dell’ascolto della realtà che lo circonda, della città, del quartiere che circonda la parrocchia, ponendosi in ascolto soprattutto delle angosce e della speranze degli uomini che devono interpellarci"

Lo ha affermato ieri l’arcivescovo di Pescara-Penne, tirando le conclusioni del Convegno diocesano “Voce del verbo: essere umano” al teatro Circus di Pescara

Mons. Tommaso Valentinetti tira le conclusioni del Convegno diocesano

È più che mai l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium di Papa Francesco il progetto pastorale dell’arcidiocesi di Pescara-Penne per l’immediato futuro. Una certezza, quest’ultima, emersa all’interno del convegno diocesano dal tema “Voce del verbo: essere umano”, svoltosi nello scorso fine settimana tra il cinema-teatro Circus e la parrocchia dello Spirito Santo di Pescara, gremiti da circa 800 persone iscritte.

Una tre giorni di confronto e attività per rilanciare l’azione pastorale delle parrocchie pescaresi, affinché pensino e attuino nuovi stili e metodi di evangelizzazione per riannunciare il Vangelo e realizzare una “Chiesa in uscita”.

Un obiettivo rilanciato dal Santo Padre all’interno del Convegno ecclesiale di Firenze “In Cristo Gesù il nuovo umanesimo” che con i suoi cinque verbi, abitare, annunciare, educare, trasfigurare e uscire, ha guidato la riflessione anche nell’ambito del convegno diocesano: «È stato questo – premette monsignor Tommaso Valentinetti, arcivescovo di Pescara-Penne – un momento di restituzione di quanto elaborato a Firenze, i cui contenuti non abbiamo voluto bruciare subito ma approfondirli e centellinarli nel tempo, a partire da questo convegno pastorale che ha cambiato volto rispetto agli altri i quali avevano perso l’aggancio con il vissuto».

Un aggancio recuperato riproponendo i gruppi di lavoro che hanno approfondito i cinque verbi, proprio come accadde a Firenze, al fine di individuare e proporre una loro attuazione concreta nella vita della Chiesa locale: «Abbiamo dato vita a 55 gruppi di lavoro che comprendevano da 7 a 12 componenti coordinati da un facilitatore – racconta Massimiliano Petricca, membro del comitato organizzatore -, molti dei quali ospitati da 40 famiglie della parrocchia dello Spirito Santo. A detta di tutti, il clima che si è respirato è stato accogliente e fraterno, consentendo ad ogni partecipante di ascoltare e intervenire».

Giuseppe Lorizio,

Giuseppe Lorizio, ordinario di teologia fondamentale della Pontificia Università Lateranense

Verbi introdotti sabato mattina dalla relazione di Giuseppe Lorizio, ordinario di teologia fondamentale della Pontificia Università Lateranense: «L’annunciare – spiega il teologo – diventa urgenza. Siamo chiamati a realizzare una nuova evangelizzazione in questo tempo che viene definito post-cristianesimo, rendendo tutto più difficile. Come diceva Papa Benedetto XVI, dobbiamo essere una “minoranza creativa”Nel verbo abitare c’è invece l’alleanza tra uomo e natura. Abbiamo bisogno di abitare la città, riprendendo fiducia nelle istituzioni. Lo Stato diventa senza diritto se ci dimentichiamo che siamo cittadini, chiamati a prendere parte a tutti gli organismi di partecipazione. Il terzo verbo è educare e si traduce nell’alleanza tra uomo e donna attraverso le generazioni. Quando questo si rompe, restano alleanze uomo-uomo e donna-donna non solo nel senso delle unioni civili, ma anche di atteggiamenti di chiusura verso l’altro che possono portare a gesti estremi, come ad esempio il femminicidio. Ecco perché non è uno slogan dire che i figli hanno bisogno di una madre e un padre. Nel verbo uscire dev’esserci, invece, l’alleanza tra popoli e culture da realizzare uscendo da noi stessi e conoscendo realtà come quelle da cui provengono i migranti. Infine, in trasfigurare c’è l’essere nel mondo, nel lavoro, nel quotidiano, ma c’è anche l’alleanza di Cristo con la Chiesa come quella del clero con il popolo di Dio».

Rosalba Manes, biblista

Rosalba Manes, biblista

Un’alleanza, quella con Cristo, ribadita anche dalla biblista Rosalba Manes che venerdì pomeriggio ha introdotto i lavori con una Lectio divina, sul tema “In tutto simile ai fratelli”, incentrata sui versi 10-18 del secondo capitolo della lettera agli Ebrei: «Dobbiamo diventare grandi – sottolinea la docente di Sacra scrittura alla Pontificia Università Gregoriana – abbassandoci. Anche Papa Francesco a Firenze ha scelto di guardare il volto di Dio abbassandosi. Se non ci abbassiamo non lo vediamo. Dobbiamo poi correre il rischio di vivere l’incontro con l’altro, senza schivare la sofferenza che rende credibili, accogliendo il vino nuovo che Cristo ci dona con il suo sangue. Dunque, non siamo chiamati ad occupare spazi ma ad avviare processi di umanizzazione e per farlo dobbiamo sostare ai piedi di Cristo, contemplandone il volto».

Stimoli, quelli lasciati dai due ospiti, che sono stati tradotti in proposte concrete all’interno dei gruppi di studio, dove il verbo uscire è stato rappresentato dalla figura dell’esploratore che, nella Chiesa in uscita, è colui che si mette in gioco in prima persona per aiutare tutti a uscire da sé stessi, dai propri schemi, andando in contro a Gesù a partire dalla partecipazione alla celebrazione eucaristica.

Il verbo annunciare ha visto, invece, proporre l’elaborazione e la frequentazione di un cammino formativo biblico e psicologico, in cui coinvolgere gli operatori pastorali, prima che siano in grado di compiere una missione pastorale popolare in tutto o parte il territorio della parrocchia.

Per quanto riguarda il verbo educare, i gruppi di lavoro diocesani hanno indicato la necessità di dar vita ad un’alleanza educativa tra tutte le componenti della vita sociale ed ecclesiale, come famiglia, scuola, parrocchia e movimenti. Fra questi spicca la famiglia che va educata ad educare, essendo chiamata a generare nuova vita e quindi a trasmettere i valori della fede, avviando il cammino vocazionale dei figli.

Il quarto verbo abitare ha fatto poi emergere la necessità di una maggior conoscenza del territorio in cui si vive, a partire proprio dalla conoscenza della famiglia come prima cellula della società e chiesa domestica che va abitata, essendo il primo spazio di azione pastorale. È emersa anche l’esigenza di abitare i “nuovi luoghi” come quelli virtuali, in cui muoversi senza temerli e utilizzandoli come strumenti utili.

Infine il verbo trasfigurare, che dà senso a tutti gli altri, dato che senza di esso la Chiesa non può definirsi in uscita e senza la trasfigurazione dall’umano in divino, la carità si riduce a filantropia incapace di trasferire significato alla comunione fraterna. Da qui la proposta di vivere svariate esperienze di preghiera e formazione liturgica nell’ambito parrocchiale e diocesano, specie nell’approfondimento dei diversi momenti della liturgia eucaristica. Le stesse celebrazioni eucaristiche dovrebbero venire celebrate, occasionalmente, anche al di fuori delle chiese, in luoghi pubblici, per avvicinare la liturgia alla vita delle persone.

Gli 800 partecipanti al Convegno diocesano

Gli 800 partecipanti al Convegno diocesano

Anche sulla base dei risultati emersi dai gruppi di studio e, dopo aver tastato il polso delle comunità parrocchiali grazie alle visite pastorali degli ultimi mesi, l’arcivescovo Valentinetti ha quindi chiuso i lavori del convegno lasciando agli intervenuti alcune indicazioni pastorali: «La prima – annuncia il presule – comporta il recupero di preghiera, spiritualità, contemplazione e adorazione. Ma di un’adorazione silenziosa. Mi fa molto male quando le nostre adorazioni diventano un biascicare continuo di parole. Ma noi vogliamo ascoltare Cristo o le nostre parole? Va bene qualche parola, qualche brano del Vangelo, ma poi Gesù va contemplato in silenzio. Non lo sentite? Fate silenzio e, prima o poi, lo ascolterete».

Monsignor Valentinetti si è poi soffermato sull’alleanza tra laici e clero, che deve concretizzarsi vivendo una presenza attiva negli organismi di partecipazione, a partire dai Consigli pastorali parrocchiali che egli stesso rese obbligatori all’inizio del suo episcopato: «Ma non un Consiglio pastorale – ammonisce – che si riunisce una o due volte l’anno per decidere gli itinerari delle processioni o le vesti per la prima comunione. Quello che deve decidere costantemente è relativo alla dimensione dell’ascolto della realtà che lo circonda, della città, del quartiere che circonda la parrocchia, ponendosi in ascolto soprattutto delle angosce e della speranze degli uomini che devono interpellarci».

Parrocchie che, come afferma l’Evengelii gaudium, dovranno garantire la pastorale ordinaria, incendiando il cuore di coloro che già la frequentano, ma anche alle persone battezzate che non vivono l’esigenza del Battesimo e la comunità ecclesiale e, infine, a coloro che non conoscono Gesù Cristo o lo hanno sempre rifiutato: «Questo è l’itinerario di riflessione – ribadisce monsignor Tommaso Valentinetti – che il Consiglio pastorale, guidato dal parroco, dovrà intraprendere avendo il coraggio di prendere delle decisioni con umiltà e pazienza, cercando di sperimentare nuove metodologie pastorali. E per agevolare tutto ciò, la diocesi sta mettendo in cantiere un corso di preparazione per i membri dei consigli pastorali, affinché sappiano cosa fare e realizzino un lavoro proficuo».

Un percorso, questo, che i consigli pastorali saranno chiamati immediatamente ad imbastire prima di un nuovo incontro di verifica che il presule terrà, dopo Natale, con tutti gli organismi pastorali di ogni forania: «Le nostre parrocchie e la nostra diocesi – insiste l’arcivescovo – devono diventare sempre più un cantiere aperto, dove tutti sono utili perché rimanga aperto».

Gli 800 convegnisti, ieri mattina, durante la messa finale nella chiesa dello Spirito Santo

Gli 800 convegnisti, ieri mattina, durante la messa finale nella chiesa dello Spirito Santo

Quindi, facendosi aiutare dall’icona biblica offerta da Giovanni nel capitolo 2 con Pietro che dice agli altri apostoli “Vado a pescare”, monsignor Valentinetti ha spiegato a quale conversione pastorale siamo tutti chiamati: «Con quella espressione – osserva – Pietro annuncia di tornare a fare quello che faceva all’inizio del suo ministero apostolico, il missionario, mentre più volte aveva ricevuto l’invito “Pasci, pasci, pasci le mie pecore”. La nostra conversione pastorale sta proprio qui. Dobbiamo avere il coraggio di essere accompagnatori del gregge che cammina con noi, ma allo stesso tempo dobbiamo essere pescatori in missione avendo come luoghi privilegiati i giovani e le famiglie».

E le famiglie si fondano sull’alleanza uomo-donna che, a sua volta, parte dal fidanzamento: «Non se ne può più – tuona l’arcivescovo Valentinetti – dei “corsetti” di preparazione al matrimonio scontati. Non se ne può più! I corsi devono diventare percorsi, altrimenti sono solo tempo perso per chi li organizza e chi vi partecipa. Quanti corsi di preparazione al matrimonio vengono fatti e quanti matrimoni vanno poi a finire male?».

Un interrogativo provocatorio, quest’ultimo, da cui deve arrivare una svolta da parte dei parroci: «Il problema – avverte il presule – va affrontato alla radice con percorsi di formazione al matrimonio, per giovani coppie, ma anche per coppie mature perché altrimenti la famiglia non si sostiene più».

Infine, un ultimo ma non meno importante appello a sostegno dei giovani: «Anche se in parrocchia ce ne sono solo tre o quattro, perché gli altri sono fuori a studiare, – conclude l’arcivescovo di Pescara-Penne – è necessario che qualcuno si dedichi al loro accompagnamento, affinché loro stessi possano diventare dei missionari. Vi avei fatto vedere come i giovani che hanno partecipato alla Gmg di Cracovia, sono stati missionari nei confronti dei loro fratelli».

About Davide De Amicis (4360 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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