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Storia della riviera di Pescara

Scegliere il migliore tra gli stabilimenti balneari possibili: è questa la missione del bravo pescarese, con l’approssimarsi dell’estate, mentre si districa tra divieti di balneazione e preferenze personali. La spiaggia è considerata un punto di riferimento, un prolungamento estivo della casa, il luogo in cui si trascorreranno ore ed ore in costume e ciabattine, fino al tramonto e anche oltre, con la famiglia e gli amici tra un tuffo e una briscola. Per ogni pescarese esiste lo stabilimento balneare del cuore; la fidelizzazione da ombrellone è un valore: neppure l’enterococco o l’escherchia coli può dividermi dallo stabilimento di una vita. Allora: Riviera sud o Riviera nord?

Castellamare Adriatico

Essere nati, o vivere, sul lato sinistro o sul lato destro del Fiume Pescara non è indifferente. Il Pescarese lo sa bene. Quando fu costituita la provincia di Pescara, avvenuta il 2 gennaio del 1927, unendo al Comune di Castellamare Adriatico, appartenente alla Provincia di Teramo, il Comune di Pescara, facente parte della Provincia di Chieti, nacque, sì, la città di Pescara ma bisognava ancora fare il “cittadino pescarese”. Gli abitanti dei due comuni a nord e a sud del fiume, per motivi storici e contingenti, hanno sviluppato un’identità diversa che l’unificazione non riuscì a cancellare del tutto e che, ad oggi, permane quantomeno come traccia del passato che fu.

La riviera a nord del fiume Pescara ha vissuto, per esempio, un’esperienza e uno sviluppo turistico-balneare diverso dalla riviera posta a sud. Proviamo ora a ricostruire la storia della costituzione della riviera avvalendoci dei documenti – disponibili anche on line – di studiosi della materia come la signora Elisabetta Mancinelli, e in possesso dell’Archivio di Stato di Pescara e della Soprintendenza Archivistica per l’Abruzzo per il reperimento di materiale fotografico.

Chiesa del Sacro Cuore e Piazza del Mercato

Castellamare Adriatico, nei primi anni successivi all’Unità d’Italia era un borgo collinare e agricolo del circondario di Città S. Angelo, in Provincia di Teramo, gravitante attorno alla chiesa della Madonna dei Sette Dolori. La fascia costiera si presentava come una «plaga deserta» – si legge nel Registro delle Deliberazioni del Consiglio del Comune di Castellammare del 15 novembre del 1863 – con «vasti arenili ed un piccolissimo borgo di pescatori». Con l’arrivo della ferrovia nel 1862, e l’inaugurazione della stazione in muratura nel maggio del 1863, alla presenza di re Vittorio Emanuele II, le cose cambiarono improvvisamente a causa della discesa degli abitanti dai colli sulla pianura. L’amministrazione decise di trasferire il mercato nei pressi della stazione, e si costituì in tal modo il primo insediamento di quella che sarà definita Piazza del Mercato e poi del Sacro Cuore, a seguito della costruzione della chiesa, aperta al culto ancora incompleta nei primi del 1900, per far fronte ad una comunità che cresceva rapidamente.

Padiglione Marino

Nell’arco di un decennio da quel 1863, la zona compresa tra la stazione e il mare, l’odierna Corso Umberto, prosperò tanto da spingere il Comune di Castellammare Adriatico ad intensificare gli interventi per trasformare la cittadina in un importante luogo di villeggiatura, dando impulso allo sviluppo commerciale, residenziale e turistico con l’organizzazione dei primi impianti balneari alla fine degli anni ’70 dell’Ottocento. Il 1° agosto 1887 fu inaugurato il Padiglione Marino, emblema della Castellamare balneare; progettato e realizzato in soli diciannove giorni da Edgardo Guzzo e ardentemente voluto dall’intraprendente Sindaco Leopoldo Muzii. L’innovativo edificio, una costruzione stile liberty, fu realizzato in fondo al viale della Stazione, nell’area dell’attuale Chiesa del mare, e divenne subito il fulcro dell’intera stagione balneare. Il Padiglione Marino conteneva un caffè, un ristorante, camerini da riposo, gli arredi necessari alle pratiche balneari dell’epoca,

Teatro Pomponi e Lungomare

ma la vera forza di attrazione della struttura erano le feste da ballo. A tal proposito lo stesso D’Annunzio ricorda che fu costituito il Club estivo, un comitato per le feste. Nel 1888 il Comitato finanziò un cartellone per una spesa di oltre 3000 lire per palloni aerostatici, fuochi artificiali, illuminazione della spiaggia; nel 1890 l’impegno di spesa fu sostenuto direttamente dall’amministrazione comunale e ammontava ad oltre 4 mila lire di cui l’80% rappresentato dal compenso pagato al complesso bandistico di Pianella e 156 lire al suonatore di piano per 13 sere. ll Padiglione Marino negli anni venti fu acquistato dall’imprenditore Teofilo Pomponi, un affarista che si era arricchito commerciando muli durante la prima guerra mondiale, e, trasformato in teatro nel 1923 sull’area dell’attuale parcheggio di Piazza Primo Maggio, fu dichiarato pericolante e abbattuto nel 1963 senza troppo riguardo.

Pineta Dannunziana

Mentre la riviera del Comune di Castellamare decollava, il Comune di Pescara era ancora un borgo di pescatori isolato e senza coscienza delle enormi possibilità offerte dall’utilizzazione per scopi turistici della sua riviera. Solo agli inizi del 1900 l’amministrazione intraprende in maniera decisa la strada del turismo balneare puntando sulla valorizzazione del mare, e, soprattutto, della «sacra» pineta ridotta allora ad una zona paludosa, insalubre e completamente abbandonata. Pescara, la cittadina a sud del fiume, inizia la strada del turismo balneare con quella che è stata definita la «Marcia verso la Pineta». Il compito di progettare l’intero nuovo quartiere turistico-residenziale della Pineta fu affidato al cognato di Gabriele D’Annunzio, l’ing. Antonio Liberi, il quale pensava di realizzare una vera «Città Giardino» con uno stabilimento balneare, uno stadio, uno spazio espositivo, il mercato, una colonia marina per i bambini e una chiesa. Subito fu costruito il

Pescara -Porto Canale

nuovo stabilimento Asteria, nome scelto dal Vate, in legno su palafitte con una stazione di Omnibus trainati dai cavalli che la collegava a Castellammare con due fermate in dotazione. La Pineta di Pescara, nei primi decenni del 1900, diviene presto la spiaggia frequentata dalla borghesia pescarese, mentre le classi meno abbienti prenderanno a frequentare gli arenili del cosiddetto «Marevecchio»lu mare vicchie») tra l’attuale via Pepe ed il fiume Pescara. Chi andava al mare vecchio portava quattro canne e dei teli in modo da costruire delle capanne per ripararsi dal sole. Si chiamava Marevecchio perché sulla spiaggia l’acqua di mare ristagnava durante la bassa marea e per la gente era un sollievo camminare lì ed evitare la sabbia rovente.

Il Kursaal

Nonostante la costruzione del Rione Pineta procedesse a fatica, per le poche risorse finanziarie e per la concorrenza balneare delle vicine località di Castellamare e Francavilla, nel 1915 furono costruiti i primi eleganti villini e già nel 1910 fu realizzato il «Kursaal» marino (casa delle cure), l’equivalente pescarese del Padiglione Marino e il luogo di ritrovo mondano della Pescara estiva. Inaugurato il 14 agosto 1910 con un sontuoso banchetto, si presentava come un elegante fabbricato classicheggiante con un raffinato doppio loggiato di colore rosso antico e giallo. Nonostante i buoni propositi per dar vita ad un grande Rione turistico-residenziale nell’area della Pineta, e ad un vivace quartiere balneare, come progettato da Liberi, la burocrazia e la difficoltà a vendere i lotti edificabili per i villini arenarono il progetto e il Kursaal rimase un esempio magnifico ma isolato di quello che la «Città Giardino» sarebbe dovuta essere. Nel 1919 il Kursaal fu trasformato in uno stabilimento

Teatro Michetti

per liquori: l’Aurum, su progetto del valente architetto toscano Giovanni Michelucci, uno dei maggiori del secolo, il cui nome è legato alla costruzione della stazione ferroviaria di Santa Maria Novella. Il nome del liquore venne scelto dal fondatore della fabbrica Amedeo Pomilio, su suggerimento dell’amico poeta Gabriele D’Annunzio, in riferimento alle origini romane attribuite alla ricetta. La parola deriva dal gioco delle parole latine aurum, che significa oro, ed aurantium l’arancio. L’espansione del Comune di Pescara era ormai partita e, in breve tempo, fu costruito l’Acquedotto, terminarono i lavori di banchinamento del Porto, seguì l’inaugurazione del Teatro Michetti, e la costruzione del Grand Hotel la cui struttura esterna originale fa ancora mostra di sé nel piazzale antistante la stazione di Portanuova. Tutte tappe che segnano per il Comune di Pescara uno spartiacque simbolico tra l’epoca della «piccola città delle Caserme» e «la Pescara nuova».

Grand Hotel (Stazione Portanuova)

La Prima Guerra imporrà naturalmente un brusco rallentamento allo sviluppo della città, segnata dai bombardamenti, tanto più alla valorizzazione del settore turistico-balneare; eppure, negli anni del primo dopoguerra le spiagge di Pescara e Castellamare tornano a popolarsi e subito si notano le prime trasformazioni nel modo di abbigliarsi sulla spiaggia. Donne ed uomini non prendono più il sole completamente vestiti; si afferma diffusamente l’uso dell’accappatoio bianco sia per l’uomo che per la donna e per le più giovani fa la comparsa quello che possiamo chiamare “costume da bagno”: un vestitino blu o nero, con gonnellino a bande bianche e pantaloncino appena sopra il ginocchio; per gli uomini “costume con pettorina” molto spesso a righe verticali o orizzontali, blu o nero. Nell’estate del 1923 Pescara vive un’intensa stagione di iniziative di rilievo tanto da meritarsi la copertina a colori de La Domenica del Corriere. Negli anni ’30 i cambiamenti sono tanti nel panorama balneare: compaiono i primi ombrelloni e gli uomini usano sempre più i pantaloncini abbandonando il

Bagnanti con accappatoio

costume con “salopette”; per le donne fanno la comparsa i costumi interi anche aderenti, i capelli alla maschietto o il cappellino alla moda; alcune indossano un solo vestito leggero, altre continuano ad usare l’accappatoio che ancora resiste per gli uomini.

Castellamare Adriatico -La Sirenetta

È ormai nata la città di Pescara dall’unificazione dei due comuni. Siamo nel 1927 e lo sviluppo turistico-balneare comincia ad intensificarsi tanto sul lato sinistra che sul lato destro del fiume Pescara. Nel 1927 aprì i battenti il Dancing La Sirenetta mentre lo Stabilimento omonimo sorgerà qualche anno più tardi (1931). Il Circolo tennis, sorto nell’area dell’attuale Museo d’arte Moderna Vittoria Colonna, diviene un ritrovo alla moda per le famiglie dei soci, tra una partita e un ballo. Nel 1930 al Pomponi venne proiettato il primo film parlato: La canzone dell’amore di Girelli e, al piano terra del Teatro, nasce

la famosa gelateria La Glacia. Davanti allo Stabilimento Venere, realizzato nel 1932 in legno con verniciatura in bianco e rilievi colorati, un po’ al largo, vi era un trampolino per tuffi e sulla spiaggia venivano organizzati vari giochi: i “circuiti”, i “vulcani”, “buchi trabocchetto”, il “cavalluccio”, il “chiodo”, “i sassetti”, le “piramidi umane” e “ruba bandiera”. Lo stabilimento Venere fu costruito insieme a Nettuno e, avuti entrambi in concessione dalla sig.ra Carolina Arena, furono poi gestiti rispettivamente dai figli Nino e Flora Controguerra.

Stabilimenti Venere e Nettuno

Nel 1933 Pescara-Riviera di Castellamare Adriatico è pubblicizzata sui giornali come una delle migliori spiagge dell’Adriatico con 4 chilometri di lungomare, 7 stabilimenti balneari, 9 alberghi, 200 appartamenti disponibili, 5 cinema teatri, una splendida pineta. Nel giardino di piazza F. Crispi (attuale 1° Maggio) la villa de Le Nereidi era considerata il più elegante ritrovo della riviera Adriatica con campi da tennis, dancing notturno, spettacoli d’arte varia, salone di intrattenimenti. La vita balneare si svolge regolare nei 9-10 stabilimenti attivi sulla riviera: lo storico Miramare (all’altezza di via De Amicis), il frequentato Adriatica, la Sirenetta, Grazia, La Venezia, Venere, NettunoSaturno, Sirena, Rondine, Marino Adriatico. Si aprono anche nuove colonie tra cui la Vittoria Colonna alla Pineta e la Stella Maris inaugurata nel 1939.

Bagnanti a Pescara

Quando la riviera fioriva e toccava il momento di massimo sviluppo, il secondo conflitto mondiale tornava a martoriare la città fino alle 13,30 di quel terribile 31 agosto del 1943, quando, all’ora del rientro dalla spiaggia, si abbattono su Pescara le bombe degli aerei alleati. La città, anche a seguito dei successivi raid, è ridotta ad un accumulo di macerie; il colpo di grazia arriva però nel 1944 con le mine dei tedeschi che abbattono palazzi, villini ed edifici nei pressi della riviera, le strutture del Porto e il Ponte Littorio. Nell’immediato dopoguerra, Pescara lavora tenacemente alla ricostruzione. Gli abitanti si riversano sulla spiaggia, sul mare, nella pineta: bellezze naturali che neanche la guerra ha potuto distruggere. La spiaggia diventa vitale e anche spregiudicata per l’epoca, perché, già nei primissimi anni ’50, le donne cominciano ad indossare costumi sempre più ridotti. Tra il 1950 e il 1960 agli storici stabilimenti si aggiungono tanti altri (molti degli attuali) tra cui la Croce del Sud, E’ nata una stella (abbattuto negli anni ’90), Albatros il primo stabilimento di Eriberto Matromattei, Trieste, Le 4 vele, il Gabbiano e Il

Eriberto

Lido rinomato per la sua gelateria. Eriberto Mastromattei, storico e innovativo balneatore pescarese, fu il primo a lasciare gli ombrelloni sulla spiaggia anche di notte, cosa che gradualmente fecero poi tutti gli altri gestori. Tra il 1966-1967 Eriberto aprì il nuovo ed esclusivo stabilimento omonimo con l’organizzazione di memorabili feste estive che iniziavano al mattino in spiaggia per finire sul terrazzo dello stabilimento a notte fonda, e introdusse tante novità come il pontile (anni ’70) con il trampolino, lo scivolo in acciaio, i materassini di gomma e le sdraio direttamente sulla battigia e infine l’introduzione delle “palme” che danno al nostro arenile un paesaggio più

Suore dell’Istituto Ravasco con alunne

suggestivo ancora oggi. La distribuzione dei nuovi stabilimenti superava via Muzii ma non raggiungeva via Cavour perché in questa zona permaneva una spiaggia dunosa senza servizi come quella davanti all’Istituto Ravasco, dove i bambini in fila, guidati dalle loro maestre, dopo aver varcato il cancello situato in fondo al viale, e aver oltrepassato cautamente la ferrovia, erano condotti sull’arenile dunoso.

Nello stesso periodo (anni ’50) a Pescara Portanuova la vita balneare si svolgeva essenzialmente nei due stabilimenti Asteria e Aternum nella zona storica della Pineta (attuale Piazza delle Laudi). Più verso il fiume, nella zona dell’ormai ex  «Marevecchio», un nuovo stabilimento sostituì la vecchia casetta di Zacchia: un piccolo fabbricato, creato appunto da

Stabilimento Asteria

“Lu mare vicchie”

Zacchia negli anni ’30, che fungeva da stabilimento con vendita di bevande e noleggio di canne e bastoni che reggevano i teli obliqui per ripararsi dal sole. La nascita di nuovi stabilimenti sarà lenta e, solo nel corso degli anni ’60, saranno costruiti la maggior parte degli attuali. Intorno al 1965 i titolari degli stabilimenti difficilmente possedevano più di 10-15 ombrelloni, ma i servizi si facevano sempre più confortevoli per i clienti: docce con acqua a caduta, le prime toilettes, la vendita di bevande (la famosa gassosa con la pallina e il chinotto) lasciate in fresco in blocchi di ghiaccio, l’affitto di “mosconi”, i giri in barca a pagamento, la vendita di pizze. Intanto nel 1963 il sindaco Mariani, in occasione del centenario della nascita di D’Annunzio, inaugura il Teatro alla Pineta dedicato al Vate.

Interrompiamo qui la storia della costruzione e del popolamento della nostra riviera, lasciando a ciascuno la possibilità di intrattenersi con i ricordi che lo tengono legato al proprio “stabilimento del cuore”, magari il primo della vita o forse l’ultimo. Chissà. Di certo si tratterà di uno stabilimento posto o sul lato sinistro del Fiume Pescara o sul lato desto. Allora, quest’estate: Riviera sud o Riviera Nord? La domanda che risuona da secoli. Riviera sud e Riviera nord, ciascuna con la sua storia e la sua identità: due facce di un unico lungomare che dobbiamo continuare a valorizzare e che negli anni ’60 nessuno dubitava fosse la «perla dell’Adriatico».