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“Solo dall’ascolto continuo della Parola deriva la capacità del discernimento”

"Abitare il proprio cuore unificato - esorta il presule -, perché abitandolo io riesco a rispondere a quel Dio che è unità e trinità perfetta, che mi chiede di congiungere la mia unità alla sua unità, qualunque sia la strada. Abbiamo ascoltato testimonianze di chi sta camminando per il sacerdozio, di una famiglia, potremmo ascoltare testimonianze dei religiosi e delle religiose presenti qui, ma sarebbe sempre la stessa dinamica. Far sì che questo cuore unificato possa rispondere al Signore che chiama"

Lo ha affermato nei giorni scorsi l’arcivescovo Valentinetti, presiedendo la Veglio diocesana per le vocazioni nel Santuario della Divina Misericordia

L'arcivescovo Valentinetti

Ascolto, discernimento, vivere. Tre dinamiche concatenate fra loro per chiunque ricerchi la propria vocazione che sia nel sacerdozio, nella professione o nella vita familiare, che sono state al centro della veglia diocesana di preghiera per le vocazioni – dal tema “Dammi un cuore che ascolta”che si è svolta venerdì scorso presso il Santuario della Divina misericordia di Pescara. Una veglia scandita appunto dalla preghiera e dalla riflessione, intervallate dai canti, guidate dalle testimonianze di due seminaristi e di una coppia sposata.

Antonio Pirro, seminarista

Una testimonianza che, per quanto riguarda l’atteggiamento dell’ascolto, è arrivata dal seminarista ventisettenne Antonio Pirro: «Pregando a lungo – racconta il giovane al primo anno di seminario – il Signore mi ha suggerito di partire da un versetto che è stato particolare per tutto il mio cammino di fede “Dopo il vento un terremoto, ma il Signore non era il terremoto. Dopo il terremoto un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco il sussurro di una brezza leggera”. Ed è così che sto ascoltando quel sussurro, la voce di Dio si intesse quotidianamente nella trama del mio vissuto. E nel fare memoria sull’ascolto, su quello che voleva dire per me ascoltare, per prima cosa mi è venuto spontaneo benedire il Signore prima di tutto per avermi aperto le orecchie, il sacerdote nel Battesimo traccia la croce sulle orecchie, perché in questo modo mi ha permesso di ascoltare la voce del suo Spirito, di quel suo stesso Spirito che ancora benedico, che con le parole familiari di un Dio che si è chinato sulla mia creaturalità mi ha ispirato il desiderio forte di lasciarlo coltivare – nel campo della mia esistenza – quel giardino rigoglioso che l’Eterno da sempre ha pensato per me, irrigato con la grazia dei sacramenti che ho capito essere fondamentali come acqua per questo giardino».

La testimonianza sul discernimento è stata invece offerta dal seminarista Graziano Della Volpe, anch’egli ispirato da un brano evangelico: «“Ora Gesù – cita il trentasettenne, iscritto al quinto anno del Seminario regionale Pio X di Chieti -, fissando lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse ‘Una cosa sola ti manca, vendi tutto quello che hai, vieni e seguimi’”. È l’invito a lasciare tutto che Gesù fece al giovane ricco, che nel profondo del mio cuore risuonò quel giorno  di agosto in Terra santa – durante la meditazione dell’arcivescovo Valentinetti al pellegrinaggio diocesano giovani 2009. L’invito a lasciare tutto, le mie certezze, il lavoro, la carriera, gli affetti. Mi misi in discussione e cominciai a pormi delle domande… “Chi sei? Cosa vuoi? Cosa Gesù ti sta chiedendo in questo momento della tua vita?” L’incontro con la Parola di Dio che feci in Terra santa mi cambiò la vita, sentii lo sguardo di Gesù su di me e la cura che Lui aveva nei miei riguardi. Mi sentii amato dal Signore e chiamato a lasciare il Graziano del fare, per prendere il Graziano dell’essere».

Graziano Della Volpe, seminarista

Da qui l’inizio di un percorso di discernimento vocazione: «Aiutato – continua Graziano – dal sacerdote responsabile del Centro vocazionale diocesano e feci il cammino sulle Regole di discernimento degli spiriti di Sant’Ignazio di Loyola. Lì capii che Gesù mi stava chiamando a seguirlo su di una strada, quella del sacerdozio. Incontrai molte difficoltà e incomprensioni sia da parte dei miei amici che della mia famiglia e rimasi solo con la mia scelta, solo con Lui. Allora affrontai la cosa con determinazione e coraggio, lasciai il lavoro  e gli affetti. Conclusi gli studi accademici laureandomi e, contro il volere della mia famiglia e dei miei amici, entrai in Seminario e cominciai questa bella avventura con il Signore».

Terza testimonianza, quella sul vivere, affidata ad una giovane coppia di sposi di Collecorvino: «Noi siamo arrivati al matrimonio in maniera molto speciale – spiegano Roberto e Laura -. Eravamo due ragazzi normali che si sono conosciuti, si sono innamorati e sono andati a vivere insieme avendo dal Signore una meravigliosa creatura, nostra figlia Giulia. Premetto che non avrei mai voluto sposarmi, ero contrario al matrimonio, la nostra vita andava avanti normalmente, come quelle di quasi tutte le persone normali che abitano qui. Ma ad un certo punto il Signore ha deciso di chiamarci con piccoli gesti e lo strumento con cui Dio ci ha chiamati è stata proprio nostra figlia. Noi non frequentavamo la Chiesa, non partecipavamo all’Eucaristia, però ogni volta che passavamo davanti ad una qualsiasi chiesa di un qualsiasi paese il Signore ci chiamava. Sapete in che modo? Nostra figlia voleva entrare in chiesa “Cos’è questa? Entriamo, vediamo, voglio vedere. Erano quelle chiamate, quei gesti che noi non capivamo in quel momento”».

Roberto e Laura, sposi

Episodi, questi ultimi, che si ripetevano nel tempo: «Finché – aggiunge Roberto – abbiamo iniziato ad insospettirci “Perché nostra figlia voleva andare in Chiesa?” Era il Signore che ci stava chiamando, ma noi non lo capivamo. Ancora una volta il buon Dio ci ha chiamato. Questa volta l’abbiamo riconosciuto, era Lui, era palese. Abbiamo incontrato diverse persone nella nostra vita, ma ne abbiamo incontrato una che più di tutte ci ha saputo far riconoscere il buon Dio, il nostro parroco. Attraverso lui, il Signore ci ha portato a chiarire tutto e non potevamo non capire. Così ci siamo sposati, ma non lo abbiamo fatto per moda, ma perché ci credevamo. Abbiamo fatto un percorso, lo facciamo ancora. Stiamo crescendo giorno per giorno. Io uso sempre questa espressione per raccontare quello che è successo… È come una macchina, vai sempre con la prima, ti muovi, vai avanti, ma ad un certo punto abbiamo messo la seconda e ora andiamo molto più veloci, speriamo di andare ulteriormente avanti».

A tirare le conclusioni, dopo queste intense testimonianze di chiamate vocazionali, l’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti: «Il primo comandamento – osserva – è l’ascolto, avere il coraggio di ascoltare. Se ripercorriamo la Scrittura dall’inizio alla fine, la costanza dell’ascolto è la richiesta costante di Dio a tutti coloro con cui vuole fare alleanza. Adamo ed Eva vengono chiamati all’ascolto, Abramo viene chiamato all’ascolto, i discendenti di Mosè e tutti gli altri, i profeti, gli apostoli, i discepoli, tutti vengono chiamati a mettersi nell’atteggiamento dell’ascolto. C’è da chiedersi perché e come ascoltare, ma il perché è facile da intuire… Perché ognuno riesca a scoprire dentro se stesso Dio che parla, perché Dio parla. Ecco, abbiamo ascoltato, ci sono dei segni dei momenti, delle circostanze, delle parole, delle motivazioni, degli eventi, ma in realtà Dio parla e, fondamentalmente, la risonanza di questa Parola di Dio è dentro noi stessi. Ecco perché è importante il cammino che abbiamo fatto con le lectio, con le quali non abbiamo ancora finito in quanto concluderemo giovedì 3 maggio con la parola Abitare secum spezzata da Fratel Enzo Bianchi».

I contatti dell’Ufficio diocesano di Pastorale vocazionale

Dunque abitare se stessi: «Abitare il proprio cuore unificato – esorta il presule -, perché abitandolo io riesco a rispondere a quel Dio che è unità e trinità perfetta, che mi chiede di congiungere la mia unità alla sua unità, qualunque sia la strada. Abbiamo ascoltato testimonianze di chi sta camminando per il sacerdozio, di una famiglia, potremmo ascoltare testimonianze dei religiosi e delle religiose presenti qui, ma sarebbe sempre la stessa dinamica. Far sì che questo cuore unificato possa rispondere al Signore che chiama. Ecco, io credo che davanti al Signore, dobbiamo chiedere un grande dono, una grande grazia, che questo ascolto non cessi mai nella nostra vita e che soprattutto questo ascolto, che è il titolo della veglia “Dammi o Signore un cuore che ascolta”, ebbene che non cessi mai, che non diamo mai per scontato l’ascolto. Solo dall’ascolto continuo deriva la capacità del discernimento e la capacità di decisione della vita».

don Marco Pagniello, direttore Pastorale vocazionale diocesana

Da qui l’auspicio finale: «Che il Signore – confida l’arcivescovo Valentinetti – ci conceda questa perseveranza in questo ascolto e ci dia soprattutto una grazia, quella di saperlo riconoscere nel momento in cui ci chiamerà nel momento ultimo della nostra esistenza. Che possa avvenire, sarebbe una grazia enorme, nella vigilanza del cuore e della mente, dei pensieri, degli affetti e dei desideri, perché a quell’ultima chiamata possiamo rispondere “Signore, io vengo per fare la tua volontà, amen».

Alla fine l’appello del direttore dell’Ufficio diocesano di Pastorale vocazionale: «Se questa sera – conclude don Marco Pagniellouna parola vi ha colpito particolarmente, oppure se in questo tempo della vostra vita vi state chiedendo che cosa il Signore ci chiama a vivere, sappiate che in diocesi la Pastorale vocazionale potrebbe aiutarvi, con delle persone che si metteranno accanto a voi».

About Davide De Amicis (4378 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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