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Filosofia, storia del prima aforisma

Come per tutti gli eventi rivoluzionari, anche per la nascita della filosofia non basta una sola spiegazione. Grazie ai filologi classici, il cui metodo d’indagine ha ricostruito le primissime idee filosofiche dai frammenti sparsi degli scritti originali, sappiamo che il primo aforisma filosofico, a noi pervenuto, scritto da Anassimandro di Mileto nella metà del VI secolo a.C.., è: «Gli stati elementari opposti si danno l’un l’altro giustizia e soddisfazione, come si deve e secondo l’ordine di giustizia del tempo». La prima frase pervenuta, che negli ultimi cento anni ha fatto discutere molto, esprime un modo di sentire la vita e un insegnamento su come affrontarla. Anassimandro, come tutti i primissimi filosofi della Grecia antica, si lasciò conquistare dalla ricchezza della realtà che vedeva, e dalla voglia di vedere le cose in modo nuovo. Cosa sarebbe la «meraviglia» da cui Aristotele fa nascere la filosofia, se non la disposizione dell’animo a vedere le cose in modo autentico e non scontato? La parola greca che sta per «sapere» (oida) è letteralmente un «aver veduto»; la «verità» (alétheia) è lo svelamento sincero di ogni cosa, la rimozione di ogni nascondimento. E cosa avrebbe veduto, in una luce nuova, Anassimandro?

Anassimandro, il più famoso pensatore di Mileto (metà del VI sec. a.C), era conosciuto anche in qualità di studioso di scienze naturali, come mostra il mosaico a pavimento di Treviri, che risale al II secolo d. C.

Il tema centrale del filosofo è la relazione tra gli opposti: le condizioni elementari tra le quali oscilla la nostra vita. Ad ogni stato negativo, buio, doloroso, faticoso della nostra esistenza, fanno da contrasto, come opposti, gli stati positivi, luminosi, piacevoli, facili. Questo è abbastanza ovvio, come il giorno e la notte. Ovvio, sì, perché abbiamo smarrito il significato dell’alternanza degli opposti. Nella vita quotidiana ci comportiamo di solito così: non andiamo, con il pensiero, al di là della condizione che in quel momento domina la nostra esistenza. Colui che si trova in una condizione felice ha la tendenza naturale a prolungare il più possibile questo stato e a tenere lontano lo stato opposto. Ma si sa: l’arco della felicità si tira d’un fiato: prima o poi finisce, e l’uomo si trova catapultato nell’opposto che ha tentato inutilmente di allontanare. Anche colui che è nel dolore, in difficoltà, in un momento buio, tende ad assolutizzare la propria condizione attuale e a far dipendere da questa il senso intero della vita. Se siamo malati, tristi, vecchi, tutto il nostro mondo della vita ci appare in una corrispondente luce negativa.

Ciò su cui Anassimandro ha buttato uno sguardo nuovo è il fatto che in ogni condizione nella quale veniamo a trovarci nella vita è sempre presente in modo latente il suo opposto: la salute è un bene perché c’è la malattia; la sazietà perché c’è la fame; l’amore perché c’è l’odio. Gli stati opposti non si escludono a vicenda, come siamo soliti credere, ma s’implicano l’un l’altro: ogni stato dà «giustizia» e «soddisfazione» al suo opposto. Ogni condizione della vita, poi, ha una durata limitata in rapporto al suo opposto. La vita non condanna a sparire solo ciò che porta la felicità ma concede una durata limitata anche a ciò che, di volta in volta, si presenta come portatore di male. Il fatto che ogni stato abbia una durata limitata in rapporto al suo opposto è una questione di tempo; avviene tutto secondo «l’ordine di giustizia del tempo». E c’è un’ultima cosa, dice Anassimandro: nel ritmo regolare di tutti i capovolgimenti tra gli opposti, s’impone ciò che è dovuto «come si deve». In sostanza, la vita non è un insensato oscillare tra la condizione positiva e negativa, tra la buona e la cattiva sorte. Se esiste un ordine (lógos) tra gli opposti, anche i capovolgimenti sfortunati della nostra vita vengono ad avere un significato nell’economia del tutto: il capovolgimento del male particolare verso il bene universale è ineluttabile.

Anassimandro visse a Mileto, nella Grecia ionica, dove il mondo greco conobbe la sua fioritura prima ancora che ad Atene. Mileto era una ricca città portuale, vivace e cosmopolita, crocevia di una gran quantità di culture differenti e persino sconosciute. Il filosofo che cercala conciliazione degli opposti e l’unità nella molteplicità, è, non a caso, lo stesso abitante della costa ionica che, per posizione geografica, sperimenta il mondo nella sua ricchezza, diversità e anche contraddittorietà. Per spiegare l’origine della filosofia non basta una sola spiegazione. Di certo sappiamo che la prima frase pervenuta nasce da un filosofo i cui occhi sono aperti su altri usi, altri ordinamenti politici, altre forme di religione, altri modi di pensare, diversi dai propri. Occhi che vedono la diversità ma vogliono vedere l’unità oltre le differenze.  E questo non è scontato, come il giorno e la notte.