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Dignità dei lavoratori: “Va riconosciuta, sono continuatori della Creazione”

"L’opera delle nostre mani, il nostro lavoro, quello che facciamo come continuazione della creazione - sottolinea Don Antonio Del Casale -, va sempre rimesso davanti a Dio. Nel momento in cui pensiamo che con il nostro lavoro possiamo essere sufficienti a noi stessi e bastare all’umanità, ecco che il peccato d’orgoglio, la superbia, la presunzione di dire “Ce la faccio da solo” ci mettono fuori gioco"

Lo ha affermato ieri don Antonio Del Casale, direttore della Pastorale diocesana del Lavoro, presiedendo la celebrazione per la festa di San Giuseppe lavoratore

Don Antonio Del Casale, direttore dell‘Ufficio diocesano di Pastorale sociale, del Lavoro e dell'Ambiente

È stata una messa seguita da un’adorazione eucaristica per pregare in memoria dei morti sul lavoro (1.133 in Italia e 19 in Abruzzo nel 2018, a cui si aggiungono due vittime nei primi mesi del 2019), ma anche e soprattutto affinché non si muoia più di lavoro e i lavoratori possano essere trattatati con dignità, quella celebrata ieri presso la parrocchia di San Giuseppe a Pescara alla vigilia dell’odierna festa di San Giuseppe lavoratore. Un appuntamento promosso dal Movimento lavoratori di Azione cattolica, rappresentato dal segretario diocesano Francesco Salviani, e condiviso dall’Ufficio diocesano di Pastorale sociale del lavoro e dal Progetto Policoro.

Ha presieduto la liturgia eucaristica don Antonio Del Casale, direttore dell’Ufficio diocesano di Pastorale sociale e del lavoro, che nell’omelia ha tratto delle riflessioni facendo riferimento alla prima lettura, relativa al racconto della Creazione, e al ritornello del salmo “Rendi salda, Signore, l’opera delle nostre mani”: «È come se questo ritornello volesse sintetizzare ciò che vogliamo esprimere in questo momento di preghiera – esordisce -. L’uomo e la donna ricevono da Dio il compito di custodire il creato, di essere immagine di Dio dentro una Creazione che già rispecchia la potenza di Dio. È come se l’uomo e la donna fossero già al massimo di questa rappresentazione, loro sono l’immagine e la somiglianza di Dio, ma la creazione porta già quei segni dell’opera divina e tante cose che ancora oggi non riusciamo ancora a capire e a spiegare, perché va avanti la creazione. E diciamo a Dio “Rendi salda l’opera delle nostre mani”. Ma se è l’opera delle nostre mani, dovremmo essere più attenti noi? Invece con il ritornello del salmo, ci viene consegnata la riflessione di un impegno. L’opera delle nostre mani, il nostro lavoro, quello che facciamo come continuazione della creazione, va sempre rimesso davanti a Dio. Nel momento in cui pensiamo che con il nostro lavoro, con quello che facciamo, possiamo essere sufficienti a noi stessi e bastare all’umanità, ecco che il peccato d’orgoglio, la superbia, la presunzione di dire “Ce la faccio da solo” ci mettono fuori gioco».

I partecipanti alla veglia di preghiera

Da questo ammonimento è scaturita un’esortazione: «Anche nel nostro essere lavoratori – invita Del Casale –, noi dobbiamo rimettere quello che facciamo all’ordine delle cose che Dio ci dà. Anche nel modo di lavorare, di fare progressi, di fare scienza, di capire la creazione nelle sue leggi, noi dobbiamo sempre avere il Signore come termine ultimo. Altrimenti se l’uomo pensasse di fare tutto da solo e di poter arrivare laddove la scienza permette, senza riferirsi a quella perfezione di Dio, noi avremmo ciò che già possiamo vedere accadere in alcuni ambiti i quali sono fuori da ogni ordine e tutela della dignità umana. E allora davvero vogliamo riferirci a Gesù, davvero non vogliamo fare come i suoi compaesani di Nazareth che dicono “Ma dov’è uscita questa sapienza?” pur avendolo conosciuto per 30 anni come falegname. Ma quella sapienza non vogliono attribuirgliela».

Per questo, il celebrante ha lanciato un nuovo invito: «Noi – sottolinea il presbitero – dobbiamo imparare a riconoscere come Dio si manifesta. Potrebbe essere attraverso grandi opere e realizzazioni architettoniche che ci lasciano a bocca aperta, così come anche potrebbe essere il piccolo artigiano o l’operaio della catena di montaggio a rappresentare l’immagine di Gesù operario, di Gesù falegname».

Per questo la dignità di ogni lavoratore va sempre riconosciuta: «Perché siamo dentro quel disegno di Dio – ricorda il direttore dell’Ufficio diocesano di Pastorale sociale e del Lavoro –, che ha voluto l’uomo e la donna continuatori della Creazione. E questo dobbiamo sempre ricordarlo, come cristiani, perché dal punto di vista della tutela dei diritti e della sicurezza dei lavoratori, siamo tutti trattati come figlio di Dio che meritano il giusto per quello che stanno facendo, perché continuatori dell’opera di Dio».

Quindi la preghiera finale: «Allora chiediamo al Signore che sempre di più ci si riconosca nel mondo quella dignità di figli e figlie di Dio e di continuatori dell’opera del Padre. E chiediamo al Signore, in questa festa di San Giuseppe lavoratore, che anche San Giuseppe ci segua, segua ciascuno di noi con il suo sguardo, segua i lavoratori più sfruttati, segua le famiglie e tutti i coloro che hanno perso la vita sul posto di lavoro. Davvero affidiamoci a San Giuseppe e a San Nunzio, il nostro santo diocesano operaio, davvero possiamo affidarci a questi patroni del mondo del lavoro e ai quali vogliamo chiedere di essere gli angeli custodi di ogni lavoratore, di ogni famiglia oggi e sempre». Al momento di preghiera successivo alla messa, scandito da canti e letture, ha partecipato anche il segretario pescarese della Cisl Umberto Coccia.

About Davide De Amicis (4359 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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