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“L’avvento del Regno di Dio, l’annuncio da cui non possiamo sottrarci”

"Questa sera noi vogliamo ridire – afferma l’arcivescovo Valentinetti -, come San Cetteo che si è fidato del Signore Gesù che ha dato la vita per il Vangelo, che vogliamo continuare a fidarci di Lui, che vogliamo continuare a fidarci della sua Parola, dei suoi sacramenti, della Chiesa che è segno di questo Regno. E vogliamo far sì che la nostra povera vita, semplice, povera, indifesa e probabilmente contraddetta, sia un piccolo seme nel Regno dei cieli che nonostante noi, e al di là di noi, fiorisce e va verso il nido dell’eternità"

Lo ha affermato ieri l’arcivescovo Valentinetti presiedendo la precessione sul fiume e il pontificale solenne in onore del patrono San Cetteo

L‘arcivescovo Valentinetti presiede la processione in onore di San Cetteo

Un corteo di 35 imbarcazioni ha accompagnato il busto ligneo di San Cetteo nella seconda edizione della processione sul fiume e sul mare del patrono di Pescara e della sua arcidiocesi. A capo del corteo la motonave “Il delfino” dell’imprenditore pescarese Quinto Paluzzi che, oltre all’effige del santo, ha accolto a bordo l’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti, l’abate della Cattedrale monsignor Francesco Santuccione, il sindaco Carlo Masci, il prefetto di Pescara Gerardina Basilicata e le autorità militari. Durante il percorso, accompagnato dalle note della banda musicale “Città di Chieti”, sono state lanciate due corone di fiori: la prima, all’imboccatura del porto canale, in memora di San Cetteo il cui corpo venne proprio ritrovato sulla riva della fiume; la seconda, all’altezza della stele dannunziana, in memoria dei caduti in mare.

Il rientro al porto della motonave Il delfino con a bordo l’effige di San Cetteo

Al rientro, sulla banchina della golena sud, la benedizione sul fiume e la città impartita dall’arcivescovo, il quale ha poi presieduto il pontificale solenne all’interno della Cattedrale: «Leggendo il testo evangelico di questa domenica – racconta il presule nell’omelia – tante volte mi sono chiesto perché Gesù, oltre ad avere istituito i 12 apostoli, ad un certo punto del suo ministero pubblico sente la necessità di chiamarne altri 72. Che ruolo avevano e, soprattutto, come potrebbero essere identificabili nella Chiesa odierna? Lasciando perdere i simboli numerici di cui la Scrittura e il Vangelo sono pieni, ho fatto una considerazione. I 12 sono gli apostoli e, senza presunzione, i successori degli apostoli sono i vescovi e i sacerdoti uniti con loro nel ministero dell’annuncio della Parola e nella celebrazione dei sacramenti. Ma allora chi sono questi 72? Sono gli annunciatori, coloro che devono annunciare apertamente una grande novità, “Che è vicino a voi il Regno di Dio”. Questo è il nucleo fondamentale e a questo annuncio nessuno si può sottrarre. Non si possono sottrarre i 12, non si possono sottrarre i 72. Ed ecco qui la risposta che io propongo. I 72 sono il popolo di Dio, i fedeli, i credenti, i semplici, i battezzati. , perché a tutti i battezzati, a voi che siete radunati in questa chiesa, questa sera, spetta annunciare che è vicino il Regno di Dio».

L’arcivescovo Valentinetti con l’abate monsignor Francesco Santuccione

Questo è il contenuto fondamentale del Vangelo: «Se andate a scorgere le prime pagine dell’Evangelo di Marco, il primo ad essere stato scritto – approfondisce l’arcivescovo Valentinetti -, al versetto 14 leggerete “Il Regno dei cieli si è avvicinato, convertitevi e credete al Vangelo”. La traduzione più semplice è “Il Regno di Dio che sono io, Gesù, è in mezzo a voi. Dunque convertitevi e credete alla buona novella, cioè credete a me, perché io sono la buona novella, io sono colui che vi ha annunciato la pienezza dell’amore del Padre”. E in questo consiste proprio l’annuncio a cui non ci dobbiamo sottrarre. Forse ci sfugge questa verità, che in fondo il fine fondamentale della nostra fede è il Regno di Dio. Certo, noi lavoriamo nella Chiesa, lavoriamo nella comunità cristiana. Ma sapete, prima o poi, la Chiesa concluderà il suo ministero, la sua missione. E ciò che siamo chiamati ad anticipare con la nostra vita è proprio il Regno. Regno d’amore, di giustizia, di pace e di bontà. Regno che, chiaramente, ha bisogno di perdono, longanimità (indulgenza e sopportazione), pazienza, benevolenza, fraternità, sincerità e fratellanza universale. Dunque un Regno più grande di quello che può essere la stessa realtà della Chiesa. Regno che si edifica e si identifica dentro la storia di un amore universale, che vuole redimere tutta l’umanità».

Un’umanità che tende a regredire verso una fase di declino: «Due sere fa – racconta monsignor Tommaso Valentinetti – ho ascoltato un filosofo il quale diceva che il Cristianesimo è inscindibilmente legato all’Occidente. Ed è vero perché, in realtà, il Cristianesimo si è diffuso principalmente nella realtà italiana ed europea. Ma questo filosofo diceva che siccome si sta spegnendo l’Occidente, si sta spegnendo anche il Cristianesimo e se si spegne il cristianesimo si spegne anche l’Occidente. Bene, questa non è una verità condivisibile, perché il Cristianesimo è molto più in là di quello che può essere il semplice Occidente, di quella che può essere la semplice Europa. Il Cristianesimo è il seme del Regno universale, regno d’amore, di giustizia e di pace, che non conosce differenze di razza, di colore della pelle, di culture, che non conosce differenze in nessuna realtà che, in qualche modo, può dividere l’uomo dall’uomo, ma che conosce una sola parola, l’unità del genere umano e la verità inscindibile dell’unità del genere umano».

L’arcivescovo Valentinetti pronuncia l’omelia

Questo, a detta del presule, è ciò che siamo chiamati ad annunciare e ad incarnare: «Certo, non è un lavoro facile – ammette l’arcivescovo di Pescara-Penne -, Gesù ne era cosciente dicendo “Vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”, come a dire che “Incontrerete contraddizioni a questo messaggio universale e di salvezza”. Ma la parola successiva è terribile “Chi rifiuterà questo vostro messaggio, quella realtà, quella città sarà trattata più duramente di Sodoma”. E se ricordiamo com’è finita Sodoma, guai a quella città. Anzi, oserei dire guai a quella civiltà che rifiuta questo messaggio di universalità. Ma il giudizio spetta a Dio, il fuoco dal cielo non lo dobbiamo far scendere noi. Domenica scorsa, ricordate, Gesù non lo volevano accogliere in un villaggio di samaritani e i discepoli dicevano “Vuoi che chiamiamo un fuoco dal cielo che li divori?”. Ma Gesù li rimprovera e dice “Andiamo altrove, in altri luoghi”. Ecco, il cristianesimo conosce altri luoghi, altre sponde, altri lidi, altre realtà dove andare ad annunciare questa fraternità e, probabilmente, ciò che da noi è stato evangelizzato tornerà in evangelizzazione nei nostri riguardi, visto che il seme del Cristianesimo nella nostra Italia e nella nostra Europa si sta spegnendo. Ed è triste, molto triste, ma ci fideremo della Provvidenza “Ecco, io vi mando. Non portate nulla con voi, non abbiate attrezzature di nessun genere e fidatevi di me”».

Da qui il parallelo con la figura di San Cetteo, come preghiera e auspicio: «Questa sera noi vogliamo ridire – conclude l’arcivescovo Valentinetti -, come San Cetteo che si è fidato del Signore Gesù che ha dato la vita per il Vangelo, che vogliamo continuare a fidarci di Lui, che vogliamo continuare a fidarci della sua Parola, dei suoi sacramenti, della Chiesa che è segno di questo Regno. E vogliamo far sì che la nostra povera vita, semplice, povera, indifesa e probabilmente contraddetta, sia un piccolo seme nel Regno dei cieli che nonostante noi, e al di là di noi, fiorisce e va verso il nido dell’eternità».

About Davide De Amicis (4359 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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