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Word power: parla e ti dirò chi potrai essere

Il libro della sociolinguista Vera Gheno "Potere alle parole" ci ricorda che la lingua italiana è un bene comune che va valorizzato.

Opera di Gaetano Tranchino

Leggere un libro è un’esperienza che può avere diversi risvolti: può essere formativa, piacevole, divertente e anche avventurosa; molto difficilmente troviamo tutto questo insieme. Il libro scritto da Vera Gheno, Potere alle parole. Perché usarle meglio (Einaudi, 2019), a mio giudizio, compie una sorta di miracolo, perché leggerlo significa fare un’esperienza molteplice, che condensa tutte le peculiarità sopra elencate.

Come sia riuscita in questo miracolo non è probabilmente difficile da spiegare: ha unito la sua grande competenza in campo linguistico (di mestiere fa, appunto, la sociolinguista), a una sincera passione nei confronti della lingua italiana e degli stessi parlanti.

La tesi di fondo del volume è semplice: la lingua è uno strumento molto potente, al punto che «la vera libertà di una persona passa dalla conquista delle parole: più siamo competenti nel padroneggiarle, scegliendo quelle adatte al contesto in cui ci troviamo, più sarà completa e soddisfacente la nostra partecipazione alla società della comunicazione» (pag.9). Ma attenzione, non si tratta di un manuale né di una grammatica della nostra lingua, bensì del racconto di un’esperienza di qualcuno che con grande senso civico (oltre che competenza), ha deciso di condividere con gli altri una bella notizia, che può essere di aiuto a tutti.

Vera ci accompagna in questa passeggiata nel “bosco linguistico” mostrandoci tutte le sue caratteristiche, a partire dai compiti fondamentali di una lingua: definire se stessi; descrivere il mondo esterno e relazionarsi con gli altri. E non manca di parlarci del “sottobosco” (quello che non è sempre subito visibile agli occhi dei semplici parlanti), come ad esempio la funzione descrittiva e non sanzionatoria o prescrittiva di un’istituzione come l’Accademia della Crusca.

Gli argomenti vengono posti secondo un ordine crescente di approfondimento: dal concetto generale di lingua si passa a quello di norma e di errore, poi all’ evoluzione storica della lingua italiana, fino ad arrivare al lessico e ai suoi meccanismi di espansione; nell’ ultima parte del libro ci sono invece le considerazioni sul valore sociale della lingua. Si tratta insomma di una passeggiata che porta alla consapevolezza sul potere e sul valore della lingua italiana che si sviluppa a tappe; la lingua viene trattata come se fosse un nuovo amico, che pian piano ci mostra i suoi aspetti più profondi.

 Tra i tanti passaggi che potrebbero essere citati qui, mi limiterò a citarne alcuni, a partire da quello dedicato ai cosiddetti “grammarnazi”, cioè coloro che hanno come caratteristica principale l’inflessibilità nei confronti di chi compie errori linguistici: questo aspetto negli ultimi tempi è forse diventato, a mio giudizio, uno dei termometri per indicare l’aumento generale dell’intolleranza. Possiamo dire che ormai il tempo che intercorre tra un “ma però” e il corrispettivo “maperònonsidice” (ove -per inciso- l’incontro delle due congiunzioni non è da considerarsi come vero e proprio errore), è oramai più breve di quello che passa tra il verde al semaforo e quello/a che alle spalle suona il clacson dell’auto.

A questa pedanteria però sovente (sì, sovente…) Vera ci ricorda che non corrisponde una pari conoscenza della lingua, tant’è che al contrario: «[…] chi continua a studiare nell’ambito linguistico di solito si emancipa da molte rigidità e falsi miti linguistici, da un sacco di “si dice così e basta” e altri giudizi lapidari simili» (pag. 48) e a suffragare ciò viene inserito nel libro un grafico assai chiaro sulla questione.

Molto interessante è inoltre seguire la nostra wandering sociolinguist (la trovate con questo nome su Instagram) nella porzione del libro dedicata a delineare la storia dell’ evoluzione della lingua italiana: scopriamo tra le altre cose che alcune modalità di scrittura contemporanee non sono poi così originali, visto che l’abitudine, ad esempio, di saltare gli spazi tra le parole come nei famosi hashtag di Twitter è presente già nel graffito nella catacomba di Commodilla, datato secolo X: «nondicereillesecritaabboce».

L’ultimo capitolo è il cuore del libro, quello dove Vera dimostra una lucidità di pensiero difficile da trovare sull’importanza della conoscenza linguistica e del suo profondo legame con la cittadinanza attiva: «un popolo cognitivamente povero è una vera manna per populismi, manipolazioni, reazioni di pancia; che non possono essere eliminati, ma semplicemente controbilanciati da cittadini che alla pancia  […] e al cuore […], affiancano l’uso del cervello» (pag. 148).

Sono molte altre le cose racchiuse in questo piccolo capolavoro, ma per questioni di spazio non è possibile qui elencarle tutte.

Leggere questo libro significa fare del bene a se stessi e alla comunità nella quale si vive, perché la lingua è un insostituibile mezzo di relazione che ci aiuta non tanto ad essere delle persone di cultura, quanto ad essere uomini e donne migliori; tocca a noi custodirla e valorizzarla al pieno delle sue possibilità.

PS.

Avremo il grande privilegio di ospitare Vera Gheno presso la Biblioteca diocesana Carlo Maria Martini a Pescara il 20 novembre, alle 18:30.

About Luca Mazzocchetti (48 Articles)
Nato il 2 luglio del 1985. Studia Lettere moderne all'Università "G. D'Annunzio"di Chieti e poi Didattica dell'italiano come L2 e LS presso la Facoltà di Lingue e letterature straniere nella sede di Pescara della stessa Università. Ha frequentato la Scuola vaticana di biblioteconomia. Bibliotecario professionista, membro del Comitato Esecutivo Regionale dell' AIB (Associazione Italiana Biblioteche), sezione Abruzzo; docente di scuola secondaria e dell'ISSR "G. Toniolo" di Pescara; direttore della biblioteca "Carlo Maria Martini" e dell'archivio storico dell'Arcidiocesi di Pescara - Penne. Ha scritto diversi articoli per riviste professionali, come "Biblioteche oggi" e "Bibelot: notizie dalle Biblioteche toscane".