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Evangelii gaudium: “Il Vangelo va ridetto con le parole, la vita e i gesti”

La nostra - spiega Padre Roberto Di Paolo, direttore dell'Issr Toniolo - è una comunità accademica che svolge una missione. Qui c’è la passione e il piacere di lavorare insieme, attraverso un lavoro di squadra che pretendiamo dagli studenti e mettiamo in pratica noi docenti"

Lo ha spiegato l’arcivescovo Valentinetti, inaugurando l’anno accademico 2019-2020 dell’Istituto Toniolo di Pescara

Monsignor Tommaso Valentinetti, arcivescovo di Pescara-Penne, tiene la prolusione

Lo scorso martedì è stato l’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti, in qualità di moderatore, ad aprire l’anno accademico 2019-2020 dell’Istituto superiore di Scienze religiose “Giuseppe Toniolo” di Pescara tenendo una prolusione, sul tema “Fondamenti del magistero di Papa Francesco”, presso l’aula magna dell’istituto: «La rivelazione – premette il presule, citando la costituzione dogmatica conciliare Dei verbum – avviene “verbis gestisque”, attraverso le parole, la vita e i gesti, altrimenti è un perdere tempo. Per cui al credente che oggi si pone seriamente il problema della trasmissione della fede, e questo problema oggi ce lo dobbiamo porre visto che la fede non viene più trasmessa, Papa Francesco affida l’esortazione apostolica Evangelii gaudium, ovvero La gioia del Vangelo, perché il Vangelo va ridetto con le parole e con la vita. Se voi scorrete questo testo, troverete indicazioni specifiche e adatte quando parla di una trasformazione missionaria della Chiesa, quando parla di una crisi dell’impegno comunitario, quando va al cuore dell’annuncio del Vangelo e soprattutto quando va sulla dimensione sociale dell’evangelizzazione, che abbiamo sempre dimenticato».

Del resto, la Dottrina sociale della Chiesa inizia ad esistere come magistero pontificio solo dalla fine del ‘800: «Un po’ tardi a dir la verità – osserva l’arcivescovo Valentinetti -, ma quelli sono stati i tempi della ricezione umana dello Spirito. Comunque essa è sicuramente costellata di una serie di riflessioni che vivono ai margini, se non alla periferia totale della vita delle nostre comunità. Chi si ricorda più oggi di quella bellissima enciclica di San Giovanni XXIII, la Pacem in terris? E chi si ricorda ancora di quell’altra sua bellissima enciclica, la Mater et magistra? E la Populorum progressio di San Paolo VI? Eppure, se volete cercare i fondamenti di questo fenomeno planetario che si chiama immigrazione e che coinvolge 250 milioni di esseri umani, dovrete leggere proprio quest’ultima dov’è possibile trovare tutte le indicazioni per dire che se noi non interveniamo con una maggiore giustizia sociale sulla vita di un popolo e di una nazione, noi verremo sempre più coinvolti dal fenomeno immigrazione. Cosa che, in realtà, i potenti della terra fanno finta di non sapere, o di non voler sapere, perché in realtà continuano a sfruttare quei popoli e quelle nazioni. E chi si ricorda ancora delle encicliche sociali di San Giovanni Paolo II, la Centesimus annus e la Octogesima adveniens? Ma questa dottrina sociale, questi gesti fondamentali che sono individuali, ma soprattutto comunitari. Sono scelte di Chiesa. Dove stanno? Qual è la comunità che se ne sta facendo carico, che si sta ponendo il problema se, realmente, la più grande opera di carità è il servizio alla polis, il servizio alla politica. Una parola pronunciata molte volte da San Paolo VI, una parola molto antica, perché sicuramente dentro la vita sociale s’innerva quella dimensione di vita la quale deve poi dare il senso di una testimonianza, che quel Vangelo non è fatto solo di pie espressioni intimistiche; che quel Vangelo non è fatto solo di celebrazioni liturgiche necessarie ed esprimenti la vita di un popolo e di una comunità. Ma è fatto poi da una concretezza di storia, di un immergerci sempre di più nella storia, perché se il seme caduto in terra non muore non porta frutto, mentre se caduto in terra muore porta frutto».

Molti gli studenti e i docenti partecipanti

Ed è in questa direzione che Papa Francesco sta orientando la vita della Chiesa: «Una Chiesa in uscita – ricorda il moderatore dell’Istituto superiore di Scienze religiose Toniolo -, per poter riannunciare il Vangelo con le parole e l’evangelizzazione nel senso più pieno del termine. Una Chiesa capace di questa immersione dentro una storia che non può più essere una marginalità nella vita del credente. Da qui i principi fondamentali attorno a cui ruota l’Evangelii gaudium.

Il tempo è superiore allo spazio. Le problematiche non sono le piccole questioni umane del momento, ma la capacità di saper guardare dentro un tempo molto più ampio, molto più dilatato, facendo tesoro di un tempo che viene da passato, facendo la presenza dentro il tempo che sto vivendo e aiutandomi a vivere processi possibili di futuro. “Dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi, più che occupare spazi”. (E.G.). Questo è fondamentale se pensiamo alla politica dei nostri giorni, i nostri governanti stanno pensando ad avviare processi o stanno pensando ad occupare spazi? E a volte mi domando chi sono quelli che, nel mondo attuale, si preoccupano di dar vita realmente a processi che costruiscono un popolo? E qui viene l’ispirazione del suo magistero. Papa Francesco si ispira ad un filone teologico, in America latina è molto presente, che si chiama proprio “teologia del popolo”. È stato accusato di essere discendente della cosiddetta “teologia della liberazione” che, sostanzialmente, voleva trasformare in rivendicazione politica tutte le ingiustizie, le quali purtroppo in America latina sono state perpetrate nei decenni della storia. Papa Francesco no, dice in realtà che ciò che gli interessa, ciò che è fondamentale nella vita della Chiesa e dell’umanità è il popolo che cammina nel tempo. E citando Romano Guardini dice “L’unico modello per valutare con successo un’epoca è domandare fino a che punto si sviluppa in essa e raggiunge un’autentica ragione d’essere la pienezza dell’esistenza umana, in accordo con il carattere peculiare e le possibilità della medesima epoca”.

L’unità prevale sul conflitto. Sappiamo bene che se vogliamo costruire qualcosa di buono e solido, “Beati gli operatori di pace” resta la nostra beatitudine preferita. Soltanto che anche qui c’è molto da lavorare. Fin dall’inizio del suo pontificato, Papa Francesco ha detto che siamo in una terza guerra mondiale “a pezzetti”, già in atto attraverso un conflitto di finanza ed economie; già in atto attraverso un conflitto di sfruttamento delle risorse ultime (perché ormai non ce ne sono più) che la faccia della terra può donare. Allora capite bene che questo secondo principio è fondamentale. L’annuncio della pace non è quello di una pace negoziata, ma la convinzione che l’unità dello Spirito armonizza tutte le diversità. Perché il Papa è andato in Nord Europa per i 500 anni della nascita di Lutero? Perché va a parlare costantemente con esponenti non cristiani? Per questo motivo, perché solo questa armonizzazione delle diversità riesce ad ottenere quella pace fondamentale che lo Spirito sta suggerendo per il futuro dell’umanità, in quanto altrimenti quest’ultima può già capitolare nella sua autodistruzione e se si continuerà su questa strada, il cammino non sarà lungo.

La realtà è più importante dell’idea. Qui l’idea dell’elaborazione concettuale è quella di dirigere e comprendere la realtà, ma quando l’idea si stacca dalla realtà, quando diventa un’assunzione di principi che non fa i conti con quella che è la vita di tutti i giorni, con quella che è la dimensione umana di tutti i giorni, capite bene che questa situazione genera uno scompenso non indifferente. E Papa Francesco aggiunge “Questo criterio è legato all’incarnazione della Parola e la sua messa in pratica”, citando la prima lettera di Giovanni “In questo potete riconoscere lo Spirito Di Dio. Ogni spirito che riconosce Gesù Cristo, venuto dalla carne, è Dio”. E allora un rimanere profondamente legati dentro la realtà in cui noi viviamo non per subirla, ma per discernerla, per capirla, per approfondirla, per pensarla. Don Armando Matteo, parlando del postmoderno spiegato ai cattolici e ai loro parroci, dice qualcosa di molto interessante “È arrivato il momento in cui bisogna fissare la nostra materia grigia su quella che è la realtà. È il tempo di pensare il tempo”. In realtà noi o ci facciamo guidare dagli schemi del tempo che sono  stati o qualcuno, probabilmente, penserà di fare voli pindarici e pensare il tempo che sarà, ma noi dobbiamo pensare il tempo che è oggi, quella che è la realtà che noi stiamo vivendo.

Il tutto è superiore alla parte. Non possiamo più ragionare in microcosmi, ma dobbiamo ragionare in macrocosmi. Questi ultimi sono la realtà planetaria in cui viviamo, la Chiesa universale in cui siamo inseriti, la famiglia della comunità diocesana, della città, della nazione dentro cui stiamo ragionando».

Ma il magistero di Papa Francesco, ovviamente, non si limita all’Evangelii gaudium: «Spero abbiate il tempo, la pazienza e la voglia di leggerla – auspica monsignor Tommaso Valentinetti, rivolgendosi agli studenti -. Ma mi corre l’obbligo di citare altri tre testi, per dirvi lo spirito con il quale sono stati concepiti e la strada che dobbiamo percorrere. Il primo è l’Amoris laetitia, risultato del Sinodo sulla famiglia, dove Papa Francesco affronta seriamente la dimensione del nucleo familiare come una realtà che è cambiata da tempo. Pensate che nel 1965 la diocesi di Pescara ha concesso 5 mila licenze per i matrimoni religiosi, mentre nel 2017 ne ha concesse 500. Ma già parlando con i rispettivi parroci, emerge che quasi più nessuno decide di sposarsi in chiesa e neanche in Comune. Si mettono insieme. Tra l’altro, Papa Francesco è stato duramente contestato in merito al capitolo 8 dell’enciclica (relativo al discernimento in caso di unioni definite “irregolari”, come quelle di separati e divorziati riaccompagnati). Ma questo capitolo non è nient’altro che la logica conseguenza di un cammino di fede, di un cammino di riflessione in cui il Papa, da pastore, si pone di fronte alla realtà irreversibili di una dimensione familiare (non matrimoniale) che comunque dev’essere accompagnata. Il secondo passaggio è stata l’esortazione apostolica Christus vivit sui giovani, ma la grande intuizione qual è stata? Non dire ai giovani cosa devono fare, ma chiedere a loro cosa vogliono da noi. Che oltretutto uno dei grandi drammi dell’evangelizzazione oggi non è tanto dire “Tu che vuoi? Qual è la tua vita?”. Ma è dire “Cosa devo fare?”. Noi siamo ancora nell’epoca in cui abbiamo le nostre norme morali e pensiamo che applicandole, abbiamo fatto dei cristiani. Niente di più sbagliato, la morale deve esistere, un riferimento al cammino di vita secondo il Vangelo deve esistere, ma non può essere il punto di partenza, perché se lo fosse si otterrebbe un risultato sicuramente negativo. Qualcuno dirà “Ma Papa Francesco ha pensato che abbiamo anche un’anima?”. , ha pensato anche a questo, tanto è vero che ha scritto un’altra esortazione apostolica sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo, che si chiama “Gaudete et exsultate”. Un testo, anche questo, assolutamente misconosciuto da tutti, ma che ci fa sperimentare quell’idea che già serpeggiava fortemente dentro la vita della Chiesa di non guardare solamente ai grandi nomi dei santi, ma di guardare finalmente anche a quella santità feriale della porta accanto. Lì ci sono tanti mamme, tante padri, tanti fabbri, tanti falegnami, tanti operai, tanti impiegati, tante persone che nella quotidianità della vita, in una fedeltà e in un crogiolo costante, vivendo quei quattro principi citati poc’anzi, si stanno facendo santi. Forse mai riconosciuti sugli altari, ma sempre presenti nella vita della Chiesa. E alla fine la lettera-enciclica Laudato si’ sulla cura della “casa comune” che meriterebbe una prolusione a parte perché se non partiamo da questo spazio, che è molto più grande e molto più importante di tutto il resto, vuol dire che non abbiamo capito niente. C’è un noto giornalista che, una volta uscita la Laudato si’, ha sostenuto che il Papa era molto più interessato dei vermiciattoli che morivano nei fiumi, che non dei tanti aborti che si perpetravano nel mondo. È una considerazione veramente grave di chi, in realtà, vuole buttare fango su di un uomo, che non tiene conto delle contestazioni ma sa molto bene qual è il suo ministero e qual è la sua vocazione, legato alla Parola di Dio. Il 26 gennaio Francesco chiede di nuovo alla Chiesa intera di fermarsi un attimo a dire che l’origine e il fondamento di tutto stanno nella Parola. Perché se non ripartiamo dalla Parola, sulla quale siamo ancora tutti carenti (come affermava il cardinal Martini, “solo il 2% dei cristiani sapevano adoperare la Bibbia) e questa è una verità che purtroppo ci fa male».

Padre Roberto Di Paolo, direttore dell’Istituto Toniolo

A margine della prolusione dell’arcivescovo Valentinetti, il direttore dell’Istituto superiore di Scienze religiose “Toniolo” ha raccontato le prospettive per il nuovo anno di quella che è una realtà sempre più dinamica e frequentata, che permette di conseguire il baccellierato in Scienze Religiose (laurea breve) e la licenza in Scienze religiose (laurea specialistica): «Quest’anno – illustra Padre Roberto Di Paolo l’Istituto viene frequentato da 149 studenti (compresi gli uditori), di cui 32 nuovi iscritti. Il dato che spicca maggiormente è come siano aumentati gli iscritti provenienti da fuori diocesi, in particolar mondo da quella di Chieti-Vasto e anche da Lanciano, Sulmona, Termoli e Teramo, e questo ci rallegra».

Anche il collegio dei docenti è cresciuto: «Abbiamo 38 insegnanti – precisa Padre Di Paolo – provenienti dall’Abruzzo, dalle Marche, ma anche dal Lazio». Docenti che prestano la loro opera a titolo esclusivamente volontario: «Hanno tutti un’altra occupazione – conclude il direttore dell’Istituto superiore di Scienze religiose “Toniolo” -. La nostra è una comunità accademica che svolge una missione. Qui c’è la passione e il piacere di lavorare insieme, attraverso un lavoro di squadra che pretendiamo dagli studenti e mettiamo in pratica noi docenti».

About Davide De Amicis (4380 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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