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Poveri: “Ci chiedono una revisione della vita in una logica di servizio”

"L’augurio - sottolinea Corrado De Dominicis, neo direttore della Caritas diocesana - è di mettere i poveri sempre di più al centro del nostro pensare, del nostro agire perché solo così saremo davvero testimoni dell’amore di Dio"

Lo ha affermato l’arcivescovo Valentinetti, conferendo il mandato a operatori e volontari della Caritas pescarese

Mons,. Tommaso Valentinetti, arcivescovo di Pescara-Penne, pronuncia l'omelia

Tra i protagonisti indiscussi di questo tempo di pandemia di Coronavirus Covid-19 ci sono sicuramente gli operatori e i volontari della Caritas, i quali hanno moltiplicato il loro impegno a sostegno dei singoli e delle famiglie impoverite dal lockdown. Un impegno che questi valorosi uomini e donne, nell’Arcidiocesi di Pescara-Penne, hanno rilanciato lo scorso sabato pomeriggio – 26 settembre – ricevendo il mandato pastorale conferito dall’arcivescovo monsignor Tommaso Valentinetti all’interno della messa da iu presieduta nella Cattedrale di San Cetteo a Pescara: «Ci troviamo riuniti in questa Cattedrale – esordisce il presule – per iniziare con il mandato agli operatori della Caritas un nuovo anno pastorale in questo settore così importante nella vita della nostra comunità diocesana, che ci ha visti impegnati in maniera particolare in questi ultimi mesi, ma che credo ci vedrò impegnati ancora in tante situazioni in cui le opere-segno della nostra diocesi e la carità e la bontà di tanti credenti dovrà supplire a tanta indigenza e a tanta povertà che purtroppo, ancora una volta, si rivelano presenti in mezzo a noi. Un ricordo particolare per voi tutti, che in questa sera vi impegnate ricevendo il mandato. Un ricordo particolare per chi ha la responsabilità del settore caritativo della comunità diocesana, in primis il direttore Caritas e della sua Fondazione Corrado De Dominicis. Insieme con lui i due diaconi Erminio e Maurizio e un ricordo grato, gratissimo, ancora una volta, a don Marco Pagniello che ha accompagnato in questi mesi particolari, prima di essere riassorbito dal suo servizio a Roma, la nostra Caritas diocesana e la nostra Fondazione. Pregheremo anche per lui, perché il Signore gli conceda forza, coraggio e decisione in questo nuovo servizio».

Gli operatori Caritas che hanno ricevuto il mandato

Nella successiva omelia, l’arcivescovo Valentinetti ha approfondito la parabola dei due figli, al centro del Vangelo della ventiseiesima giornata del tempo ordinario: «La Parola che Gesù pronuncia – spiega – è rivolta ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo. Quindi la categoria che Gesù indica come destinataria è quella di coloro che hanno delle responsabilità, se volete oggi il clero, quelli che allora avevano operatività all’interno del Tempio di Gerusalemme e all’interno della comunità stessa di Israele. La parabola è dei dissidio interiore in corso tra due fratelli. Il primo, all’invito di andare nella vigna, risponde molto secco “Non ne ho voglia”, ma poi si pente e ci va. Il secondo dice “sì”, ma mentre il primo dice “Non ne ho voglia” avendo una certa confidenza nei confronti del padre, il secondo lo chiama “signore” facendo una bella figura nei confronti non del Signore del cielo, ma nei confronti di quei signori che non bisogna mai disturbare. Dice “sì”, ma poi non ci va ed è disattesa la richiesta che il padre aveva fatto. Un dissidio interiore che si risolve nel primo caso nella dimensione del pentimento, nel secondo caso nella dimensione dell’apparenza sì, fattività no, bella figura sì, ma dietro nessuna operatività. Ora io credo che, su questa strada, ognuno di noi debba fare molte riflessioni, perché la prima domanda è “Il Signore mi ha mandato a lavorare nella sua vigna, ma come ci vado?”. Ci vado perché ho confidenza col Padre, anche se qualche volta non ne ho voglia, anche se qualche volta qualche povero mi dà molto fastidio, mi importuna, mi crea dei problemi, mi crea delle angosce, ma poi alla fine mi prendo cura di lui. Oppure ci vado per farmi vedere, ma poi in realtà il mio cuore è lontano dal povero, dalla persona che mi dà fastidio, che mi dà dei problemi. Perché i poveri sono nati per questo, sono nati per darci fastidio. Ma non perché vogliono darci fastidio, ma perché la loro realtà dentro questa società è fastidiosa, ci interroga, ci mette in discussione e soprattutto ci chiede una conversione, ma anche una revisione di vita dentro un servizio e dentro una logica di servizio che dobbiamo fare in continuazione. E allora chi ci passa davanti? Ci passa davanti chi è nel segreto, chi è nel silenzio, chi “non sappia la tua destra cosa fa la mano sinistra”. Chi ci passa davanti? Il testo dice i pubblicani e le prostitute, convertiti sicuramente, ma che avevano fatto l’esperienza del dar fastidio. Pensate a quanto dà fastidio una prostituta, pensate a quanto dà fastidio un ladro che ci vuole mettere in difficoltà. Ebbene, una volta che questi fratelli e sorelle hanno intrapreso una dimensione di vita dentro una logica che non è solo umana, ma è dettata dallo Spirito, allora ci passano davanti nel Regno dei cieli».

Quindi monsignor Valentinetti si è soffermato su di un’altra affermazione emblematica “Quando avete fatto tutto quello che dovete fare, dite siamo servi inutili”: «E più ci riconosciamo inutili e più ci riconosciamo ultimi – sottolinea l’arcivescovo di Pescara-Penne – e più ci riconosciamo nell’umiltà, più siamo utili, più siamo efficaci, più siamo prontamente attenti a far sì che la nostra destra non sappia cosa fa la nostra sinistra. Ma c’è un segreto per fare questo? Sì, il segreto è avere una solida spiritualità nella capacità di scorgere cosa c’è veramente dentro di noi. Ma c’è un segreto che viene dalla seconda lettura, dalla pagina di San Paolo apostolo ai filippesi, che prima di descrivere l’ultimo degli ultimi – cioè Gesù – dice “Volete vivere veramente nel servizio? Dovete essere nella comunione, perché se non siete nella comunione non sarete mai capaci di vivere nessun servizio. Se c’è qualche conforto, frutto della carità, se c’è qualche comunione di spirito, se ci sono amore, compassione, rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi”. Quanto chiacchiericcio, quanto pettegolezzo, quanta seminagione, divisione in molte circostanze. Quante gelosie, quante invidie, quante velate ed esplicite cattiverie».

Da qui il monito: «Non è questo quello che il Signore vuole – ricorda il presule – e soprattutto non è questo che ci abilita ad essere una comunità cristiana, delle comunità parrocchiali e una comunotà diocesana che si radica nell’amore di Gesù. E allora questa sera, fratelli e sorelle, il Signore ci dice “Fatevi un esame di coscienza. Pentitevi, se avete sbagliato, e soprattutto accogliete sempre la correzione fraterna di un fratello o di una sorella”. Ce l’ha detto Ezechiele nella prima lettura, è un dovere di coscienza dare una correzione fraterna, ma soprattutto accogliere una correzione fraterna. Dare perdono, ma soprattutto accogliere il perdono. Molte volte è facile dire “Ti perdono”, ma è più difficile dire “Accetto il perdono”. Lo sapete perché? Perché quella volta che qualcuno ci dice “Veramente di perdono”, abbiamo capito che c’è un altro che è più buono di me e questo ci gratta dentro. Che il Signore ci conceda di uniformarci a quegli stessi insegnamenti di Cristo Gesù che, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma svuotò se stesso assumendo la condizione di servo, diventando simile agli uomini, e riconosciuto come uomo umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce».

Al termine dell’omelia, l’arcivescovo Valentinetti ha conferito il mandato agli operatori Caritas: «Invochiamo lo Spirito Santo – afferma – perché accompagni l’operato di ciascuno di voi nella nostra comunità diocesana di Pescara-Penne. O Signore – la preghiera – fa che il tuo sguardo d’amore accompagni i tuoi figli, aiutali e sostienili nel loro impegno assiduo di carità e amore verso il prossimo. Sii guida forte e solida quando sono assaliti da preoccupazioni, abitudini e schemi mentali. Sii luce nel loro cammino di sostegno e vicinanza nei confronti di chi soffre. Per Cristo Nostro Signore».

Sul finire della cerimonia eucaristica è stato quindi il neo direttore della Caritas diocesana di Pescara-Penne a presentarsi, per la prima volta, alla comunità diocesana e agli operatori Caritas presenti nella Cattedrale di San Cetteo: «Carissimi – saluta Corrado De Dominicis -, è stato e continua un tempo impegnativo per tutti. Un tempo che ci ha chiesto e continua a chiederci di guardarci dentro, di tornare all’essenziale e, forse, di tornare a quella scintilla che ci ha fatto mettere in cammino nel servizio della carità e dell’amore. Mi piace pensare a questo tempo, che forse sentiamo come faticoso, come l’occasione per rinnovare davvero la nostra vita, “coltivare la speranza audace di sognare in grande” – così ci ha detto il Papa nell’udienza di mercoledì. Rigenerarsi e rendere il domani diverso, valorizzando le piccole cose e le relazioni che tanto ci sono mancate senza guardarci indietro con nostalgia e lasciando indietro il passato, nel quale affondano le nostre radici che devono spingerci ad andare oltre. Ad ottobre di quest’anno, saranno 10 anni che ho iniziato il servizio nella Caritas diocesana. In questo tempo ho avuto la fortuna di potermi sperimentare in diverse attività. In ognuna di queste tappe devo riconoscere un dono di Dio, perché ho scoperto – sotto punti di vista diversi – la ricchezza e la bellezza che abbiamo la grazia di vivere ogni giorno nel servizio che siamo chiamati a svolgere».

Corrado De Dominicis, direttore della Caritas diocesana di Pescara-Penne

A questo punto, all’inizio del nuovo anno pastorale e del suo servizio direttivo, De Dominicis ha voluto dire cinque grazie: «Il primo – precisa – va a Sua Eccellenza. Con lo spirito di servizio con il quale ho sempre cercato di vivere tutto quello che mi è stato affidato, mi appresto ad affrontare l’impegno che mi ha proposto. Voglio ringraziarla per la fiducia, la stima e la vicinanza che mi ha sempre dimostrato e che, in questa occasione particolare, ho avuto ancora una volta modo di sperimentare da vicino. Sappiamo di poter contare sulla sua presenza e sulla sua amicizia. Spero di ricambiare con il mio servizio la fiducia concessa. Poi voglio ringraziare don Marco (il suo predecessore) per l’impegno profuso e il cammino fatto insieme in questi anni. Gli auguriamo il meglio per il servizio in Caritas italiana. Vi saluta tutti. Mi ha chiamato stamattina (sabato mattina), pregandomi di salutarvi e di scusarsi perché, purtroppo, oggi non poteva essere presente. Il terzo grazie, che scaturisce con gioia nel mio cuore, va a tutti i parroci e a voi operatori e volontari della Caritas diocesana, delle numerose Caritas parrocchiali e dei gruppi di servizio alla mensa. Senza l’accoglienza e l’attenzione dei vostri pastori, che accompagnano il vostro prezioso servizio, le vostre professionalità, la vostra passione e la forza del cammino di fede personale, che confluisce nel cammino della nostra Chiesa locale, non potremmo essere testimoni di quella carità che è il volto stesso del buon Dio. Dio è nella carità, chi rimane nella carità rimane in Dio e Dio in lui. Rimaniamo nella carità e continuiamo insieme questa storia che il Signore ha iniziato con noi e con l’umanità intera. In questo momento, voglio spendere una parola di gratitudine al mio papà, alla mia mamma, a mia sorella, alla mia bimba e a chi condivide, più da vicino, con me la mia vita. Sono per me un esempio, una guida, un sostegno e il porto sicuro dove sostare per sentirmi amato nel profondo. L’ultimo grazie, il più importante, quello più sentito, va a Dio, Padre buono, che sa operare anche attraverso strumenti insufficienti e al quale affido il mio, il nostro servizio ai poveri. L’augurio è di mettere i poveri sempre di più al centro del nostro pensare, del nostro agire perché solo così saremo davvero testimoni dell’amore di Dio. L’altro giorno mi hanno consigliato di ascoltare una meditazione di fratel Enzo Bianchi, in occasione di un incontro ad Assisi nell’ambito del Cortile di Francesco, era una lectio sull’oltre. Mi ha colpito la freschezza e la verità di un’affermazione che per noi cristiani rischia di restare un po’ sepolta sotto la polvere del “si è sempre fatto così”. Gesù è andato sempre oltre, fin da quando è andato oltre le sue prerogative, il suo privilegio di essere Dio. Una vera rivoluzione, Dio fatto uomo. A volte lo diciamo con un pizzico di “leggerezza”. Quanto è dirompente l’andare oltre di Gesù? Quanto squarcia la consuetudine della vita di tutto noi, ieri quanto oggi. Quanto ci chiama, in prima persona, ad andare oltre? Bene, allora, verso questo oltre mettiamoci in cammino ancora una volta, con coraggio! Buon servizio a tutti e a ciascuno, nell’attesa di incontrarci più da vicino, scambiare uno sguardo, tornare ad abbracciarci, e conoscerci meglio!».

Infine, gli operatori Caritas hanno consegnato a tutti i presenti una mascherina personalizzata, con i loghi della Caritas diocesana: «Un simbolo che ci accompagna da alcuni mesi – conclude De Dominicis -. Vi abbiamo inciso la frase del Papa, pronunciata in occasione della preghiera per la liberazione dalla pandemia del 27 marzo scorso “Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla”. È il tempo di reimpostare la rotta della vita. Riprendiamo la nostra azione, reimpostando la nostra rotta, per non perdere questa grande occasione».

About Davide De Amicis (4222 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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