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In chi si può avere fiducia oggigiorno?

La pandemia ci ha gettato nell'incertezza che genera solitudine. E il coro di voci che ci bombarda da più parti fa spesso da eco a questa solitudine. Senza speranza, quale genere di futuro saremo in grado di riconfigurare? La speranza cristiana è una potente risorsa sociale a servizio dello sviluppo umano «di tutto l’uomo e di tutti gli uomini».

Siamo gettati in una pandemia; e su questo è già stato detto molto. Siamo silenziati da un coro di voci. Forse non riusciamo a trovare la via di uscita non perché non abbiamo idee, ma perché non riusciamo a districarci in una marea di idee. Che spesso si negano le une con le altre. E poi c’è la fiducia: noi navighiamo disperatamente intorno a noi stessi cercando la fiducia. La grossa questione oggi non è tanto cosa fare, ma chi lo debba fare.

Stiamo vivendo quello che è il periodo dell’interregno: «Interregno significa che le vecchie leggi, le vecchie regole, le vecchie istituzioni non funzionano più, ma quelle nuove non sono ancora state inventate. Dunque ci troviamo tra due fuochi, per così dire, in un processo di cambiamento: non sappiamo più dove siamo e non sappiamo dove stiamo andando». A pronunciare queste parole fu Zygmunt Bauman, nel corso del Festival biblico di un lontano 2012. Interregno è una parola di Antonio Gramsci, che a sua volta l’aveva presa in prestito da Tito Livio. E allora è assai antica la sensazione nuova che stiamo provando: è la sensazione che abbiamo quando ci troviamo di fronte a eventi inattesi, nuovi, in continuo mutamento.

Non sappiamo da dove vengano queste cose che ci capitano e cosa significhino; e il risultato di tutto questo è la solitudine. Una solitudine estrema, perché oscillante tra due poli opposti: “noi contro di loro” e “ciascuno da solo”. È la paura; è l’incertezza. Questi sentimenti ci fanno tentennare tra la mancanza di fiducia in noi stessi e quella negli altri. In chi si può avere fiducia oggigiorno? Non ci si fida più della politica; non si può avere fiducia nella scuola, nella tecnologia, nelle banche, nella scienza, perché, tutti, non hanno riguardo per i veri bisogni della gente. Siamo “noi contro di loro”, oppure, “ ciascuno è solo”. “Ciascuno è solo”, dunque, siamo “noi contro di loro”.

E il coro di voci che ci bombarda da più parti fa spesso da eco a questa solitudine. Parlano, in tanti, ma ripetono tutti: “ciascuno è solo”, oppure, “noi contro di loro”. E questa è la vera pandemia da cui siamo risucchiati; anzi, come scrive Francesco: «il “si salvi chi può” si tradurrà rapidamente nel “tutti contro tutti”, e questo sarà peggio di una pandemia» [Fratelli tutti, n.36].

Ci sta consumando una crisi di speranza e una sostanza di solitudine. E le voci che ci mandano in crisi sono sempre quelle mute di speranza, perché logorroiche di solitudine. Bisognerebbe, invece, mantenere alta la speranza in tutti. Perché siamo tutti sulla stessa barca e il modo in cui condurremo questa barca deciderà il nostro futuro. Come si legge nella Spe salvi [n.23]: «la speranza incoraggia la ragione e le dà la forza di orientare la volontà». Senza speranza, quale genere di futuro saremo in grado di riconfigurare?

Dunque, chi si dica cristiano è chiamato a una duplice responsabilità: avere e dare la speranza, sempre e solo rendendo «ragione della Speranza» che è in lui stesso. La speranza cristiana è una potente risorsa sociale a servizio dello sviluppo umano «di tutto l’uomo e di tutti gli uomini».

È ancora troppo presto per scrivere sul viaggio che papa Francesco sta compiendo in Iraq proprio in questi giorni. Eppure, dall’incontro interreligioso a Ur dei Caldei, il luogo da cui partì il viaggio di Abramo, il 6 marzo sono giunte parole che educano alla speranza. Sono le parole contenute nella neonata «Preghiera dei figli di Abramo» dalla quale estraiamo un breve passaggio: «Ti chiediamo, Dio del nostro padre Abramo e Dio nostro, di concederci una fede forte, operosa nel bene, una fede che apra i nostri cuori a Te e a tutti i nostri fratelli e sorelle; e una speranza insopprimibile, capace di scorgere ovunque la fedeltà alle tue promesse».