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L’Inquisizione che funziona

Un film di animazione sull’opera “illuministica” svolta dalla cristianità medievale nel nordeuropa. Peccato che non arrivi nelle nostre sale.

Era stata proprio l’Irlanda del 2009 (l’occhio del ciclone dei recenti scandali ecclesiastici), insieme con Belgio e Francia, a osare produrre un film d’animazione il cui eroe è un giovanissimo monaco irlandese (cui è dato il nome di Brendan, un santo molto popolare sull’Isola), e la cui vicenda è l’illuminatura del celeberrimo Evangeliario di Kells. Il libro, conservato con comprensibile orgoglio nazionale al Trinity College di Dublino, è un magnifico esemplare dell’arte della miniatura nel IX secolo, non più però di quanto sia lo splendido attestato della felice fusione del cristianesimo e della civiltà gaelica.

La storia raccontata dal lungometraggio, in effetti, compendia in un’unica trama (la cui “occasione” è, appunto, l’illuminatura dell’Evangeliario) il romanzo di formazione del giovane Brendan, la drammatica situazione determinata dalle migrazioni vichinghe e l’incontro tra cultura precristiana e il cristianesimo monastico – evidentemente qualcuno, lassù, ricorda che l’Irlanda deve a san Patrizio e alla sua opera di evangelizzazione (V secolo) perfino il proprio alfabeto.

Qualcuno ricorda, sì; qualcuno non ricorda; qualcun altro, poi, vorrebbe forse dimenticare. Sì, perché si dà il caso che il lungometraggio, candidato agli Academy Awards 2010 nella categoria Best Animated Feature Film”, sia stato – almeno al momento – ostracizzato dall’industria italiana del doppiaggio. Chissà, forse se “Up” non lo avesse sopravanzato nello sprint finale anche i botteghini di casa nostra si sarebbero fatti un dovere di racimolare con esso qualche milione di euro… ma così non si fa la storia. La storia vuole che The Secret of Kells (questo il titolo del film d’animazione) sia stato proiettato in Italia soltanto due volte, in occasione del “Sottodiciotto film festival”, e che, nonostante le svariate menzioni che occhî attenti al panorama internazionale ne hanno fatto (perfino L’Osservatore Romano ne ha parlato, in data 24 marzo 2010), e nonostante Alessandra Sorrentino (una delle animatrici) ne abbia già preparato, insieme con Alfredo Cassano, i testi italiani, nessuna rete di distribuzione si sia mostrata interessata al prodotto.

Curioso, considerando l’oggettiva qualità artistica del lungometraggio, che riesce a proporre un suggestivo mix di matite e animazione digitale, 2D e fantastici effetti speciali. Ma chi ha visto il film (essendoselo fatto spedire da Oltremanica) riconosce proprio in questo la cifra del progetto: uno sguardo grato e fiducioso al passato, che osa reinterpretare con rinnovata fecondità. Il giovane Brendan è monaco per qualcosa in più di un caso e qualcosa in meno di una scelta: è monaco per necessità, visto che è il nipote dell’abate – e si capisce che lo zio cerca di prepararlo a succedergli al servizio di una disparata comunità (bisognosa di elementi di coesione). La sua crescita, tuttavia, non avviene finché egli non incontra la misteriosa Aisling (un’evanescente ma incisiva personificazione dell’Irlanda e della Natura), la quale lo guida alla scoperta del mondo fuori dall’abbazia. Pur prestandosi bene al consueto cliché del buon selvaggio che continua a vivere nonostante la presenza dell’“invasore cristiano”, il personaggio di Aisling è stato volto dagli scrittori a un ruolo più sfumato e più intelligente: nel mondo “extra mœnia” c’è un mistero tenebroso intrinseco alla natura (non i Vichinghi, che anche i monaci conoscevano e temevano!), la cui soluzione è per Brendan la condizione necessaria per poter accingersi – con una visione illuminante – a completare l’Evangeliario. Aisling confessa di non poter salvare Brendan e di non poter guidarlo fino in fondo al viaggio, ma – come il Virgilio dantesco – solo fino alla soglia (che le costa in qualche modo la vita). Sorpresa grande, per Brendan e per lo spettatore, vedere che Aisling sarà in qualche modo sopravvissuta alla propria morte, e che il nuovo occhio di Brendan – quello che gli servirà per vedere la luce del Libro da illuminare – gli ottiene pure di continuare a vedere lei. Un cristianesimo ospitale, che non lesina di dire la sua anche quando questo significa andare oltre le culture indigene, e che in questo non fa altro che conservare di esse il meglio, rischiarato alla luce del Vangelo – “The Book that turns darkness into Light“.

Un vero e letterale illuminismo nel cuore dell’“oscuro” medioevo! Questo, effettivamente, è troppo da proporre ai bambini: anche nell’edizione inglese si avverte dell’opportunità che i bambini vedano il film solo in compagnia dei genitori (sic!). Perché? Grottesca contraddizione della nostra epoca, che i volgarissimi cinepanettoni natalizî vengano considerati “film per famiglie” e che pellicole che interpretano audacemente l’avventura della vita – coi suoi inevitabili rischî e col suo profondissimo fascino – vengano marchiati col bollino giallo, se non direttamente censurati.

Ma questo illuminismo non piace a quello “ufficiale”, a quello “politicamente corretto”; e c’è ancora – lo vediamo – un’inquisizione che funziona, pur nell’epoca del villaggio e del mercato globale. È un’inquisizione, questa, che non ha però l’onestà di palesarsi apertamente secondo la fondazione, gli intenti e i decreti – è l’Inquisizione dell’oscurantismo illuministico.

About Giovanni Marcotullio (156 Articles)
Nato a Pescara il 28 settembre 1984, ha conseguito la maturità classica presso il Liceo Ginnasio "G. D'Annunzio" in Pescara. Ha studiato Filosofia e Teologia a Milano, Chieti e Roma, conseguendo il titolo di Baccelliere in Sacra Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana. Prosegue i suoi studi specializzandosi in Teologia e Scienze Patristiche presso l'Institutum Patristicum "Augustinianum" in Roma. Ha svolto attività di articolista e di saggista su testate locali e nazionali (come "Il Centro" e "Avvenire"), nonché sulle pagine della rivista internazionale di filosofia personalista "Prospettiva Persona", per la quale collabora anche in Redazione.
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