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La politica che fa paura

Disordine, disaffezione, anarchia hanno rubato il posto all’arte del bene comune

Politica, “arte del governare”. Ci voleva il dizionario a ricordare l’etimologia greca di questo termine tanto “corrotto” dalle beghe di partito, dagli interessi di parte. Ci voleva un calepino per riaccendere un desiderio morto ormai da anni.

Arte e politica sembrano essere un binomio impossibile perché l’arte si coniuga con passione, fantasia, idea, creatività ricerca e vede il cuore e l’estro, senza compromessi, prevalere sulla tecnica seppur indispensabile; politica, ahimè, è diventata sinonimo di confusione, ricchezza, accomodamento, superficialità, lite e corruzione; è un termine delegato a pochi “raccomandati”.

«Sono apolitico», «mi interessa la politica ma non sopporto i partiti», «non credo nella politica, non mi importa», «è peccato occuparsene», «magnaccioni», «boh» – si potrebbe continuare all’infinito – sono le risposte facilmente ritrovabili in bocca agli italiani. È il mondo nel quale non sporcarsi, è la realtà che fa paura, il passo da non compiere, l’interesse da evitare, la tentazione a cui non cedere, lo spettacolo a cui non assistere dove quel cittadino interessato alla Polis, ha ceduto il posto prima al “fratello” spettatore e poi al “cugino” disinteressato e dove la relazione tra gli attori dello spazio pubblico, dei Media e degli elettori si è ridotto ad un gioco tra le prime due parti! Disordine, genera oggi quella politica che accarezza le poltrone, sorride alle telecamere e si dimentica di chi è aldilà del grande schermo. Caos, producono i politici che affermano con le statistiche sotto il braccio e rispondono all’avversario, in una lotta infinita e senza lasciar comprendere la verità, con i numeri alla mano. Scompiglio, la cattiva informazione che confonde gli elettori, li disaffeziona e li allontana dall’interesse per il bene comune. Anarchia la politica ridotta a barzelletta – non riesco a definire il tutto con “satira” – che fa ridere, sì, ma di un sorriso amaro, accentua le distanze e genera, il giorno dopo, nausea!

L’editoriale rischia di cadere nello stesso meccanismo progressivo di rifiuto, nel tranello del “che me ne importa”, ma lancia una speranza, propone un impegno personale e possibile, chiede un dovere per se stessi e per gli altri, vuole sognare, è attratto dall’idea che la politica sia una responsabilità di tutti, un servizio che chiede di rimboccarsi le maniche “oggi, sempre e dovunque” e ruba le parole a Mahatma Gandhi: «Dobbiamo diventare il cambiamento che vogliamo vedere».

About Simone Chiappetta (526 Articles)
Direttore responsabile del notiziario online "Laporzione.it" e responsabile dell'Ufficio per le Comunicazioni Sociali dell'Arcidiocesi di Pescara-Penne. Laureato in Scienze della Comunicazione sociale e specializzato in Giornalismo ed Editoria continua la ricerca nell'ambito delle comunicazioni sociali. E' Regista e autore di
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2 Comments on La politica che fa paura

  1. Giuseppe // 13 Novembre 2010 a 19:20 //

    L’espressione di Gandhi ” Dobbiamo diventare il cambiamento che vogliamo ” apre certamente un dibattito troppo succulento in special modo diretto contro quel qualunquismo ” di moda ” che orami impereggia nel pensiero comune di tanti : ” la polica è una cosa sporca ” . La politica , invece, è stata fatta diventare sporca da taluni soggetti che hanno fatto della politca e dei partiti il luogo dei propri affari , dei propri interessi , a volte in conflitto con la legalità . Un sociologo francese – di cui non ricordo il nome – un decennio e più fa definì i partiti , riferendosi al contesto generale , ” vere e proprie associazioni criminali …” . Non fu mai così sbagliata questa affermazione se la riportiamo ai giorni nostri , a ciò che lo scenario politico ogni giorno ci propina nelle svariate sfaccettature del Bunga Bunga e delle cricche di governo , consorterie e ruberie varie. E’ chiaro allora che quel ” qualunquismo ” di cui si accennava prende inevitabilmente piede ma in termini negativi perchè c’è al contempo un arretramento delle coscienze civili che si rifiutano ad impostare un dibattitto culturale nella nostra società al fine di rimuovere quegli ostacoli che le consorterie politico- mafaiose hanno tessuto nella nostra società , in special modo all’ interno proprio di taluni partiti che oggi ” guidano ” le sorti del nostro Paese. Un mio insegnate ci diceva sempre a noi studenti : ” la politica o la fai o la subisci ” ! Era uno sprono a noi ,allora adolescenti, ad occuparci della politica nella sua concezione più nobile del termine…ad occuparci delle questioni della nostra società dove noi tutti viviamo, ci confrontiamo . Il suo disinteressamento produce solo il subire le scelte che altri pretendono di fare anche a nome nostro. Bhè, che dire : è stato un bell’ invito di quell’ insegnante che tutti dovremmo riscoprire in special modo le giovani generazioni .

  2. brunella di giovanni // 13 Novembre 2010 a 18:59 //

    se è vero ,come è vero,che la politica ci spaventa, dobbiamo anche ammettere che tutto il vivere quotidiano, dove, appunto, la politica si insinua inevitabilmente e maleficamente, ci spaventa.E’ così ,però, soltanto per chi la subisce e non per chi la gestisce.Anzi ! Da qui la necessità,per noi ,cittadini succubi,di uscire allo scoperto, di riconoscerci negli ideali che ci accomunano,e <>

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