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Il processo Mills: l’immagine dell’Italia

La sentenza con prescrizione nel processo Mills, con la sua storia e tutte le conseguenze politiche, è lo specchio della crisi della nostra società

Ieri, probabilmente, si è detta la parola “fine” su tutta la serie di processi che ha riguardato l’ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in relazione alle sue attività di imprenditore e le sue aziende.

Sarà probabilmente la storia, allorquando i tempi saranno maturi, a dirci se, “ai punti” (come nella box), aveva più ragione chi sosteneva le tesi dell’accusa e chi, invece, quelle della difesa. Certamente, dopo decine di processi, quest’ultimo evidenzia per l’ennesima volta come i bizantinismi della nostra burocrazia (intesa in senso ampio) siano lo specchio di un Paese malato.

Non volendo entrare nel merito (la pubblicistica è ampia ed esauriente), schematicamente potrete visionare quanto riportato dal sito del Corriere della Sera (http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/12_febbraio_25/scheda-mills-processo-tappe-1903436101590.shtml) per la cronistoria di questo processo.

I fatti processuali sono abbastanza chiari: l’avvocato inglese David Mills è stato condannato in primo grado ed in appello. Ricorso in Cassazione, questa ha constatato l’intervenuta prescrizione risultando però verificata «la sussistenza degli estremi di reato di corruzione in atti giudiziari». Berlusconi, la cui posizione era stata stralciata, è stato prosciolto per prescrizione (saranno le motivazioni della sentenza a chiarire meglio se il collegio giudicante avrà riconosciuto o meno, anche in questo caso, gli estremi del reato di corruzione).

La Presidenza del Consiglio dei Ministri, parte civile in entrambi i procedimenti, ha ottenuto dall’avvocato Mills un risarcimento di 250.000 Euro per danno di immagine.

Il reato di cui si parla, corruzione in atti giudiziari, è previsto dall’articolo 319 e seguenti del Codice Penale italiano. Esso consiste nell’omettere, ritardare o compiere atti contrari ai propri doveri, in proprio favore o in favore di terzi, per ottenere denaro o altri vantaggi, per favorire o danneggiare una parte in un procedimento giudiziario.

La prescrizione, invece, riguarda i tempi entro i quali i processi devono essere portati a conclusione. La legge stabilisce dei termini oltre i quali i reati (e le pene) non sono più perseguibili. Questo concetto di civiltà garantisce che, in base alla gravità (mai per l’ergastolo), il sistema giudiziario non si accanisca dopo molto tempo dal compimento del reato contro l’imputato e garantisce a quest’ultimo l’effettività del diritto di difesa che, altrimenti, tornando troppo indietro nel tempo non sarebbe sostenibile. Oltre a questo, ovviamente, questo istituto giuridico risponde a un principio di economicità della gestione della giustizia, dato che lo Stato rinuncia oltre certi termini a perseguire reati passati.

In tutta questa vicenda, quindi, ci sono alcune certezze:

  • Mills è stato corrotto, ma non si sa da chi. È rilevante il fatto che i legali di Berlusconi, nel processo stralcio per l’ex premier, insistessero nel sostenere che i soldi ricevuti da Mills fossero stati pagati da una terza persona, che ha negato, e non per corrompere l’avvocato inglese (cosa invece accertata dalla Cassazione);
  • la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha subito un danno di immagine dal corrotto, che è stato condannato a pagare un risarcimento. Lo stesso importo è stato chiesto anche al presunto corruttore che, però, è stato prosciolto per prescrizione. Non si capisce, a questo punto, il motivo per cui un corrotto senza corruttore debba pagare un risarcimento. Si spera che la sentenza del tribunale di Milano sciolga questo grosso dubbio;
  • la prescrizione è sempre espressamente rinunciabile dall’imputato (come previsto dall’art. 157 del Codice Penale) che può decidere di vedere riconosciuta la propria innocenza. Per un uomo politico che punta alla piena trasparenza e che diceva di volere riformare integralmente la giustizia italiana, sarebbe un buon segno da lanciare alla collettività;
  • lo Stato, come descritto, tutela il presunto reo e si autotutela contro la durata eccessiva dei processi. Peccato che proprio questo processo sia andato prescritto per l’intervento di una legge, la cosiddetta “ex Cirielli”, che proprio per questa tipologia di reati ha ridotto i tempi della prescrizione;
  • è quanto mai anomalo che i due difensori dell’imputato Berlusconi, indipendentemente dalle questioni di merito, siano stati contemporaneamente parti attive nel procedimento a tutela del loro cliente e, nello stesso tempo, “fini” legislatori sugli scranni parlamentari della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica;
  • un reato di corruzione prevede l’accordo tra due parti, a danno della collettività o di un terzo in un processo. Generalmente il corrotto e il corruttore sono solidali nel non rendere pubblico l’oggetto del loro accordo volto a modificare l’esito di un processo. Pertanto è normale che passi diverso tempo tra il momento in cui si “consuma” la corruzione e quello della sua scoperta. È quindi anomalo che in Italia il tempo della prescrizione parta da quando c’è stata l’accordo corruttivo e non dal momento in cui esso viene scoperto!
  • L’Italia è la patria dei processi che finiscono in prescrizione. Ogni anno oltre 150.000 procedimenti, in media, finiscono in questo modo (fonte: http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_14.wp?facetNode_1=0_10&selectedNode=0_10_11)

Al di là degli aspetti di merito e dei risvolti politici, da queste vicende si può cercare di capire l’origine della crisi italiana. Essa, infatti, non ha una unica matrice, ma trae spunto da tutte le anomalie che caratterizzano il nostro Paese, da diversi decenni a questa parte.

La mancanza di giustizia certa, penale e soprattutto civile, la possibilità che si possano approvare leggi che modifichino anche retroattivamente o in corso di procedimento le “regole del gioco”, la scarsità di chiarezza nelle procedure, tempi lunghissimi per tutti i rapporto con le Pubbliche Amministrazioni, l’insufficiente relazione tra accertamento delle colpe e relative conseguenze sono alla base di un sistema-Paese in decadenza.

In un mondo che corre l’incertezza, la lentezza e la farraginosità sono sintomo di crisi – morale e spirituale in primis, ma anche politica ed economica – sono causa di ingiustizia sociale e disuguaglianza di fatto tra i cittadini, sono disincentivo per gli stranieri nell’investire risorse (umane, finanziarie e materiali) nell’Italia del XXI secolo.

Davide Di Fulvio

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Davide Di Fulvio, laureato con lode in Economia Aziendale e specializzato con stessa valutazione in Amministrazione di impresa, ha operato e tuttora collabora con importanti realtà nazionali e multinazionali nell'ambito consulenziale, dell'industria, dei servizi e del mass market.
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