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È nato l’ufficio di «scollocamento»

C’è la crisi? Basta a lagnarsi! È ora di cambiare.

Oggi non si fa che parlare di crisi, di articolo diciotto – di disoccupazione – di posto fisso, e poi di accise, di banche che non concedono mutui e finanziamenti, che le merci rincarano, e le imprese chiudono. Il Sistema scricchiola in maniera irreversibile: sta cambiando, ci sta cambiando.

Due, allora, le possibilità che sembrano profilarsi: ci lasciamo cambiare dal Sistema o possiamo fare qualcosa per cambiarlo?

A porsi questa domanda sono Simone Perotti e Paolo Ermani in «Ufficio di scollocamento», un libro appena pubblicato dall’editrice Chiarelettere.

La crisi. Perchè? Gli Autori sostengono che la crisi in atto non sia contingente, ma radicale e definitiva: è crollato quel sistema che – dal boom economico del dopoguerra in poi – sosteneva di poter mantenere la «promessa del benessere ad oltranza».

Fino a poco tempo fa – scrivono gli Autori ­– essere povero in Italia non era un problema grave: «se ti mettevi d’impegno, se facevi una vita oculata, se avevi qualche amico, prima o poi avresti potuto comprare qualunque cosa – la Vespa, la Spider, o perfino la casa al mare». Oggi si scopre che quella promessa non vale più, il Sistema non riesce a sostenerla: era organizzato per resistere in determinate condizioni politiche ed economiche, nazionali ed internazionali, che sono mutate. Dopo trent’anni di egemonia del pensiero neoliberista, il panorama che ci si apre di fronte – in Italia, come in tutto il mondo occidentale ­– è un campo di macerie: i popoli dovrebbero capire che sono stati battuti ovvero che il Sistema ha smesso di funzionare.

L’auspicata rinascita deve ripartire, innanzitutto, da una consapevole autocritica, perché una delle bugie di cui il Sistema si è nutrito, e ci ha nutrito, è stata proprio il credere che la colpa è sempre di un altro. Gli Autori si rivolgono tanto ai politici, alla classe dirigente, ai sindacati, alle associazioni degli imprenditori­ – a tutti i «sacerdoti del Sistema», quanto ai privati cittadini, per dire una cosa semplice: «chi oggi difende il sistema così come è organizzato, o si affanna per prenderne parte, è spacciato; ma lo è anche chi tenta di riformarlo, se non ammette gli errori che hanno creato questa situazione, se non sa chiarire i nuovi principi su cui fondarlo, e come dovrebbe funzionare». L’unica soluzione che lascia speranze – sostengono gli Autori – è abbandonare il Sistema attuale nei suoi principi fondamentali: lavorare e basta, produrre e basta, crescere e basta, a qualunque costo. La vera grande promessa del sistema economico-politico degli ultimi cinquant’anni era la certezza della busta paga a fine mese, con la tredicesima e le ferie pagate, che apriva la porta principale a matrimonio, figli, casa, rispettabilità. «Il lavoro era un mezzo. Il fine era il benessere». La crisi attuale, invece, ha rimescolato le carte: la corsa al posto fisso, anzi, al posto in questa società, non ha più molto senso, perché questo sistema, oggi, scricchiola, e tra poco collasserà. Che senso ha voler salire su una nave che sta per affondare? Bisogna, invece, urgentemente cambiare rotta: smettere di cercare una collocazione nel Sistema e immaginare per sé, come individui, una nuova posizione: «lo scollocamento non è uno slogan ma una proposta concreta di cambiamento».

«Ufficio di scollocamento». Cos’è? – L’ufficio di scollocamento è un’iniziativa pensata proprio per spezzare la catena che ci lega al Sistema, per «disoccuparsi dalla posizione esistenziale, sociale, economica e lavorativa nella quale siamo collocati, ormai, in modo coatto e alienato». Tutto questo è fattibile, o e pura utopia da spiriti un po’ naïf ?

Quello che sappiamo, di sicuro, è che il primo «Ufficio di scollocamento» è già nato, all’inizio del 2012, e sta svolgendo il suo lavoro in Lombardia, Lazio e Umbria; ha un sito web (http://scollamento.ilcambiamento.it), offre servizi, incontri, programmi di formazione, e già ospita una bacheca di domanda/offerta di lavoro per «scollocandi». Chiunque voglia organizzare o gestire un «Ufficio di scollocamento» sul proprio territorio può farlo senza bisogno di alcun permesso o alcuna autorizzazione da parte degli ideatori (gli Autori di questo libro). Ogni ufficio di scollocamento – che dovrà essere declinato in base alle caratteristiche locali e alle diverse esigenze dei propri utenti – non sarà un soggetto a cui rivolgersi solo per trovare un lavoro nuovo, quanto un luogo di controinformazione e formazione su come elaborare modelli alternativi per vivere. Attraverso un programma d’incontri, «i corsi di scollocamento hanno l’obiettivo di consentire alle persone di analizzare e rivedere in modo olistico la propria vita, cogliendo prima il senso, poi le metodiche e infine le possibili soluzioni di una rifondazione esistenziale complessiva, del tutto o in parte al di fuori dell’attuale sistema». Il fine dell’ufficio di scollocamento è promuovere una vera e nuova paideia alla vita, e, per fare questo, saranno coinvolti psicologi, antropologi, filosofi, letterati e artisti, artigiani e agricoltori – «per ricominciare ad imparare il verbo “fare”», e persino teologi – «per affrontare la nostra spiritualità». I professionisti dell’ufficio di scollocamento, ciascuno nel proprio ambito, saranno dei veri life coach: «esperti di quel sapere applicato al cambiamento che va dal coaching al counseling».

Lo scollocamento. Come è? ­– Lo scollocamento, torniamo a dirlo, non prevede di cambiare o trovare (solo) lavoro, ma vita: abbandonare «abitudini, automatismi, consumi, relazioni, occupazioni e convinzioni» che, basati sulla ripetività del ciclo lavoro-guadagno-consumo-spreco, inchiodano la vita di tutti al principio di produzione e distruzione di denaro e oggetti, in gran parte inessenziali e dannosi. Ciò si ottiene diminuendo le spese, e cercando di autoprodurre il più possibile, a cominciare dal cibo e dall’energia; creando un sistema di vita comunitario ­– eco-vicinato e cohousing­ – nel quale più famiglie, o gruppi di persone, vivano insieme praticando acquisti collettivi di alimenti, energia o beni strumentali: condividere un orto da coltivare, fare largo uso del carsharing, condividere elettrodomestici, alternarsi nell’assistenza dei bambini e anziani della comunità – senza dover ricorrere a baby sitter o badanti – diminuisce le spese, abbassa la soglia dello stress, aumenta il tempo libero. Gli Autori precisano di non voler riproporre vecchie comunità di “figli dei fiori” né nuove comunità “Amish” chiuse all’autarchia; piuttosto, lo scollocamento, vuole essere una reazione nuova e propositiva a quella lagna fastidiosa che, dai bar ai social network, reclama la salvezza da una crisi che, a ben guardare, dipende da noi. Lo scollocamento non annoia, e non si annoia, perché pensa che si possa fare molto di più con molto di meno: lo scollocamento pensa che ci siano mille cose da autoprodurre, o scambiarsi e condividere, e che sia molto divertente farlo, così come ci siano molte risorse da non sprecare, e che sia molto giusto farlo.

Testimonianze di “scollati” – I lavoratori sono tutti uguali, va aiutato tanto l’8 per cento di disoccupati, quanto quel 92 per cento che un posto ce l’ha ma fa vita pessima ed infelice. Combattere il consumismo ed il lavoro così come pensato oggi non vuol dire non lavorare, smettere di cercare o di consumare, ma farlo in modo sensato.

Esempi pratici? P. – esemplificano gli Autori – lavorava in pubblicità, guadagnava bene ma era soggetto ad attacchi di panico, soffriva di ansie e prendeva farmaci. Un giorno ha lasciato il lavoro, è andato in campagna, ha comprato un rudere da ristrutturare, e ha cominciato a dedicarsi all’agriturismo. Da allora, lavora solo quattro mesi all’anno, ha abbassato i consumi, non spende in cose inutili, non assume farmaci, ha smesso di intasare il traffico, ha liberato un posto di lavoro, e ha avviato una nuova attività economica.

Ancora più eloquente è la testimonianza, in prima persona, degli Autori del libro. Simone Perotti (www.simoneperotti.com), a 42 anni, dopo venti spesi nella carriera manageriale nel settore della comunicazione, nel 2008 si «scolloca», lascia tutto e va a vivere vicino La Spezia per far lavori manuali, scrivere e guidare barche. Palo Ermani (www.pensarecomelemontagne.it), è presidente della Paea (Progetti alternativi per l’energia e l’ambiente), e da oltre due decenni lavora sui temi energetici, ambientali e degli stili di vita.

Possiamo cambiare, prima di essere cambiati?

L’“Ufficio di scollocamento” non promette una via sicura, è una possibilità, a secondo di quanto la si desideri, o la si tema percorrere. L’“Ufficio di collocamento” promette una via sicura, ma non offre più possibilità.

Forse è ora di cambiare. È ora, appunto.

 

 

1 Comment on È nato l’ufficio di «scollocamento»

  1. In Abruzzo, spesso, sottovalutiamo le nostre potenzialità, o siamo disinformati su quanto il nostro territorio sia in grado, già, di offrirci. Per quanti fossero interessanti ad approfondire – e, soprattutto, a sperimentare – il “counseling” e il “coaching”, suggerisco di visitare il sito http://www.counselingpescara.it/: una realtà presente sul territorio di Pescara con competenza e professionalità. Grazie.

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