Ultime notizie

L’Angelo del Signore portò l’annuncio …

… e la Chiesa lo rispedì al mittente
Perchè la Chiesa è così cauta di fronte alle apparizioni e rivelazioni private?

Alcuni giorni fa è rimbalzata tra blog e testate giornalistiche un’intervista a Radio Vaticana in cui papa Francesco, traendo lo spunto dalle letture del giorno (14 novembre: Sap 7,22-8,1; Ps 118; Lc 17,20-25), ironizzava sui cristiani curiosi e sensazionalisti che corrono dietro ad apparizioni, miracoli e sedicenti profeti (link):

 

«La curiosità ci fa dire: “Ma io conosco un veggente, una veggente, che riceve lettere della Madonna, messaggi dalla Madonna” … Ma la Madonna non è un capoufficio della Posta, per inviare messaggi tutti i giorni. Queste novità allontanano dal Vangelo, allontanano dallo Spirito Santo, allontanano dalla pace e dalla sapienza, dalla gloria di Dio, dalla bellezza di Dio. Gesù dice che il Regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione: viene nella saggezza».

 

Questo brevissimo intervento riassume con chiarezza il messaggio contenuto nella liturgia del giorno: il Regno di Dio non si manifesta in maniera sensazionale («in modo tale da attirare l’attenzione», Lc 17,21), né esistono luoghi privilegiati per cui è necessario mettersi in viaggio per raggiungerli («e nessuno dirà “eccolo qui”, oppure “eccolo là”. Perché, ecco, il Regno di Dio è in mezzo a voi», ivi), né bisogna lasciarsi attirare dalla promessa di vedere qualcuno o qualcosa di straordinario («vi diranno “eccolo là”, oppure “eccolo qui”, ivi): Gesù stesso mette in guardia da questi rischi («non andateci, non seguiteli», ivi).

Il pensiero va inevitabilmente al fenomeno delle apparizioni, dei miracoli e delle rivelazioni private, capaci di attirare frotte di pellegrini da ogni parte del mondo, che si muovono spinti dal desiderio di vedere, di toccare con mano, di assistere e prender parte a qualcosa di stra-ordinario, di nuovo, di insolito, a un’esperienza intensa, coinvolgente e travolgente, che sappia al tempo stesso alimentare e quasi giustificare una fede forse troppo debole e insicura, o più semplicemente soddisfare una curiosità, oserei dire, “naturale” nei confronti di ciò che è “sovra-naturale” (del fenomeno del pellegrinaggio si è già occupata la nostra rubrica). In modo particolare, il papa si riferisce ad apparizioni ripetute, periodiche, persino quotidiane («la Madonna non è un capoufficio della Posta, per inviare messaggi tutti i giorni»), che sembrano voler portare delle novità nella fede, novità che rischiano di allontanare dalla verità del Vangelo, dalla pace, dalla sapienza, da Dio. In modo particolare, non pochi hanno letto tra le righe di questo brevissimo intervento una critica nei confronti di Medjugorje e dei veggenti del piccolo villaggio dell’Erzegovina, che da decenni asseriscono di avere visioni e di ricevere rivelazioni private dalla Madonna. Il sospetto che il Santo Padre si riferisca proprio a questo caso spinosissimo è rafforzato dal fatto che le sue affermazioni giungono a breve distanza dalla lettera con cui, il 21 ottobre 2013, il cardinal prefetto Gerhard Müller, attraverso i vescovi americani, vietava formalmente ai fedeli di partecipare a «riunioni, conferenze o pubbliche celebrazioni» in cui fosse data per certa e acclarata la credibilità delle apparizioni della Madonna balcanica:

 

«Sua Eccellenza desidera informare i vescovi che uno dei cosiddetti veggenti di Medjugorje, il signor Ivan Dragicevic, ha programmato di compiere visite in alcune parrocchie in giro per la nazione, durante le quali presenterà il fenomeno Medjugorje. È stato anticipato, inoltre, che il signor Dragicevic riceverà apparizioni durante queste visite programmate … La Congregazione per la Dottrina della Fede ha in atto un processo di investigazione circa gli aspetti dottrinali e disciplinari del fenomeno Medjugorje. Per questa ragione, la Congregazione ha affermato che, a riguardo della credibilità delle “apparizioni” in questione, tutti dovrebbero accettare la dichiarazione, datata 10 Aprile 1991, dai Vescovi della ex Repubblica di Jugoslavia, che asserisce: “Sulla base delle ricerche compiute, non è possibile affermare che si tratti di apparizioni o rivelazioni sovrannaturali”. Ne segue, pertanto, che il clero e i fedeli non hanno il permesso di partecipare ad incontri, conferenze o pubbliche celebrazioni nelle quali la credibilità di tali “apparizioni” venisse considerata come garantita. Con l’intento, pertanto, di evitare scandalo e confusione, l’Arcivescovo Muller chiede che i Vescovi siano informati sull’argomento il prima possibile» (testo completo in lingua originale).

L’atteggiamento di cautela che la Chiesa adotta ed esprime nei confronti del fenomeno Medjugorje (e non solo) potrebbe deludere e scandalizzare qualche fedele che segue invece questi eventi con entusiasmo e gioia. Per curiosità, ho iniziato a girare sui blog e a leggere i commenti dei lettori circa questi fatti. Come mi aspettavo, ho trovato una frattura netta tra quanti difendono l’autenticità delle apparizioni di Medjugorje e quanti la negano a spada tratta: i primi in genere si appellano ai buoni frutti che apparizioni e messaggi produrebbero nei fedeli (miracoli, conversioni, ecc.); gli altri pongono l’accento sui luoghi d’ombra, le contraddizioni nei racconti dei veggenti, le incongruenze tra il contenuto di alcuni messaggi e il Vangelo, le posizioni antiecclesiastiche e insubordinazionistiche (se non addirittura scismatiche) di alcuni laici e religiosi che sarebbero stati spinti dalla Madonna a disobbedire alle autorità. Ma ciò che maggiormente ha attirato la mia attenzione sono state le critiche rivolte da molti al Santo Padre e alla Chiesa in generale per il loro atteggiamento sospettoso e persino scettico nei confronti di questi fenomeni.

Non intendo entrare nel merito del caso Medjugorje, ma una domanda sorge spontanea. Nella Bibbia come nella vita di molti santi, apparizioni e rivelazioni (pubbliche e private) rivestono spesso un’importanza fondamentale: essi ci sono proposti dalla Chiesa come modello di fiducia immediata e abbandono incondizionato nelle mani di Dio. Cosa sarebbe accaduto se, prima di credere a Gabriele, Maria avesse preteso di esaminare in maniera accurata le sue parole e intenzioni, di valutare la correttezza dottrinale e teologica del suo messaggio e la sua coerenza con i dettami della religione ebraica, o di consultarsi con gli scribi e i farisei per accertarsi che quanto egli le stava proponendo e promettendo di fare fosse in linea con le loro convinzioni e le loro leggi? Il paradosso si potrebbe applicare a moltissime altre colonne della nostra fede, che subito, senza indugi né ricerche durate decenni, né esami approfonditi (talora forse persino eccessivi), né Commissioni, né divieti, hanno semplicemente creduto che «nulla fosse impossibile a Dio» (Lc 1,37). Di fronte al loro esempio, l’atteggiamento ufficiale della Chiesa nei confronti delle apparizioni e rivelazioni private – estremamente cauto, se non addirittura diffidente e ostile – potrebbe suonare alquanto “stonato”. Eppure esso si mostra assolutamente indispensabile per una serie di ragioni che cercheremo sinteticamente di esaminare.

La prima di queste ragioni è il timore che le rivelazioni private possano avere un’origine non sovra-naturale. Studi scientifici hanno talora ricondotto le apparizioni a cause neurologiche o psico-patologiche (come allucinazioni o illusioni ottiche) o a influenze sociali (in altre parole, la cultura in cui una persona è immersa potrebbe predisporla a certe esperienze sovra-naturali, però puramente illosorie). Per questo motivo, le indagini su presunte apparizioni o rivelazioni partono in genere da studi clinici finalizzati ad accertare se i presunti veggenti soffrono di qualche disturbo di questo tipo. Questi studi, talora molto insistenti e invadenti, possono apparire persino offensivi nei confronti della persona che li subisce (e della divinità, per chi crede si tratti di fenomeni sovranaturali), ma sono assolutamente necessari: cosa accadrebbe se la Chiesa accettasse come divinamente ispirate le allucinazioni di un delirante? Quale ricaduta avrebbe tutto ciò sulle anime che le sono affidate?

La seconda ragione di tanta cautela è il presupposto che la Rivelazione si sia conclusa con il Nuovo Testamento: nulla che vada oltre quanto si trovi scritto in questa sede può essere accolto. Ne deriva che se il contenuto di una rivelazione privata non è perfettamente in linea con la Dottrina Ufficiale della Chiesa, né l’uno né l’altra possono essere in alcun modo accettati. Per questa ragione, il papa e i vescovi invitano a «prendere il Vangelo» piuttosto che andare dietro allo «spettacolo della rivelazione» o ai «cosiddetti veggenti»: perché se i messaggi di cui essi si fanno portavoce vengono da Dio, i loro contenuti sono esattamente gli stessi che già si trovano nella Scrittura; se invece annunciano cose altre dalla Scrittura, tali messaggi non possono in alcun modo venire da Dio.

Dalla seconda ragione deriva la terza: prima di accettare come vera una rivelazione, la Chiesa deve avere la certezza (o almeno una elevatissima probabilità) che essa venga proprio da Dio; perché, se venisse dal nemico, quali nefaste ricadute potrebbe avere sulle anime? Purtoppo, come convenientemente osserva San Paolo, «anche Satana si traveste da angelo di luce» (2Cor 11,14), per mettere in confusione le anime. Per questa ragione la Chiesa non può in alcun modo ratificare un’apparizione o rivelazione prima che essa sia definitivamente conclusa, perché c’è sempre il rischio che da un momento all’altro il demonio si sveli come autore, arrechi scandalo e confusione, e compia la sua missione di dia-bolos, ‘separando’ le anime fedeli da Dio.

Considerati i rischi, di fronte ai casi di veggenti la Chiesa si trova, per così dire, «tra l’incudine e il martello»: non può riconoscere come autentiche le rivelazioni private se prima non ha la certezza che esse vengano da Dio, perché i rischi per le anime sarebbero troppo elevati. Da buona Madre, essa preferisce pertanto assumere un atteggiamento che a volte lascia stupiti – se non addirittura, scandalizzati – ma che, alla fine dei conti, è lo stesso che ogni genitore assumerebbe per proteggere il proprio amato bimbo da un pericolo più grave, a costo di perdere un po’ della sua simpatia apparendo forse troppo severo e poco amabile ai suoi occhi.

About Sabrina Antonella Robbe (68 Articles)
Laureata in Filologia e Letterature del Mondo Antico, è Dottore di Ricerca in Studi Filologico-Letterari Classici (Università di Chieti). I suoi interessi spaziano dal mondo classico a quello cristiano medievale, con particolare attenzione alla storia e letteratura del cristianesimo tardo-antico e all’agiografia.
Contact: Website

7 Comments on L’Angelo del Signore portò l’annuncio …

  1. Grazie Sabrina della delicatezza. Penso che, rimanendo nello schema biblico Dio (yhwh) abbia sempre fatto conoscere i suoi pensieri a quello che Lui ha considerato “il suo popolo” (Israele prima, gli apostoli poi……………) “Io sono lo stesso, non sono cambiato”(Malachia 3:6)

  2. Non sono d’accordo con Mauro. Paolo scrivendo a Timoteo dice che “la Scrittura è ispirata da Dio”. E’ vero che si presta a svariate interpretazioni, ma solo quando non si tiene conto del contesto del capitolo e il contesto generale biblico. Pacelli non era ispirato come Paolo. Ha ragione Sabrina quando scrive “la Rivelazione si è conclusa con il Nuovo Testamento”..

  3. Mauro Valente // 1 Dicembre 2013 a 15:43 //

    Concludo il mio commento: Se non mi sbaglio, persino papa Pacelli (“Divino afflante spiritu”, 30 settembre 1943) riconosceva la liceità dell’analisi filologico – linguistica delle Sacre Scritture e dunque la loro disponibilità a letture differenti.

    • Tutto vero, ma perché “persino”? Pacelli fu un grande pioniere non solo su quel fronte (che dire della Humani generis?): che sarebbe stato il Vaticano II senza il battistrada di Pacelli?

      • Innanzitutto, desidero ringraziare tutti per i vostri interventi, davvero molto interessanti, ai quali desidero rispondere con poche parole.
        La Congregazione per la Dottrina della Fede ha fissato alcune norme “per procedere al discernimento di presunte apparizioni e rivelazioni” ed ha individuato dei criteri per giudicare il loro carattere “almeno con una certa probabilità” (link: http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19780225_norme-apparizioni_it.html). In altre parole, i criteri sono passibili di errore (almeno così io interpreto questa espressione), perché intervengono in questi casi complicate e inevitabili interazioni tra ambiti molto delicati dell’umano e del divino.
        Rispondo per prima cosa a Piero in merito al fatto che “la Rivelazione si è conclusa con il Nuovo Testamento”. Questa è certamente la posizione della Chiesa, alla quale aderisco. Ma, in tutta onestà, da umile fedele, riconosco (parafrasando il profeta Isaia) che “i pensieri di Dio non sono i nostri pensieri”; per cui non escludo che dopotutto Egli possa avere qualcosa da dirci anche al di fuori di ciò che è stato messo per iscritto … Ma, dicendo questo, sia chiaro, non prendo (né io né la Rubrica) alcuna posizione in merito alle apparizioni.
        Quanto alla questione Pacelli, è vero che la Parola di Dio talora non si lascia interpretare in maniera del tutto univoca, ma proprio l’analisi filologico-linguistica, almeno a mio parere, garantisce in merito ai risultati dell’esegesi biblica, perché impedisce di interpretare il testo in maniera “soggettiva” e “approssimativa”. Insomma, proprio grazie ai criteri dell’analisi filologico-linguistica, si evita che ognuno interpreti il testo “facendogli dire ciò che vuole” (con gli evidenti rischi che ciò comporta); e ciò era chiaro fin dall’età tardo-antica.
        Grazie! Continuate a leggere la nostra Rubrica e ad esprimere impressioni e suggerimenti!

        • Non si ripeterà mai troppo che Origene, l’allegorista per eccellenza, era anche l’autore dell’Hexapla: la Scrittura – ecco la grande lezione dell’Alessandrino – ha un senso spirituale potenzialmente infinito, perché la sua ispirazione la porta a partecipare in qualche modo dello stesso Verbo di Dio, ma nessuno dei suoi sensi spirituali può contrastare il senso letterale, che le scienze filologiche aiutano a stabilire al di là di ogni ragionevole dubbio.

  4. Mauro Valente // 1 Dicembre 2013 a 15:40 //

    Sono d’accordo con le equilibrate riflessioni di Sabrina. Qualche perplessità mi sorge solo riguardo alla non congruità di alcune rivelazioni private rispetto a quanto scritto sui testi sacri come prova della non veridicità della rivelazione stessa. Sarebbe così se il testo sacro contenesse un messaggio univoco e chiaro. Al contrario è noto che le Sacre Scritture sono il frutto di ricostruzioni spesso ipotetiche e offrono, da secoli, più che certezze, lo spunto a interpretazioni talvolta opposte. Se non mi sbaglio, persino papa Pacelli (“Divino afflante spiritu”, 30 settembre 1943) riconosceva la liceità dell’analisi…

I commenti sono bloccati.