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“Il 70% dei giovani italiani non crede ad una futura crescita del Paese”

"I giovani vedono le proprie capacità e intraprendenze indissolubilmente frenate dai limiti del sistema Paese e dalle carenze della politica, finora incapace di rimettere le nuove generazioni al centro della crescita"

E’ emerso dal Rapporto giovani 2014, promosso dall’Istituto Giuseppe Toniolo in collaborazione con l’Università Cattolica e con il sostegno di Fondazione Cariplo e di Intesa Sanpaolo

«I giovani italiani sono sempre più disillusi rispetto alla possibilità di trovare lavoro in Italia e sempre più disponibili a guardare fuori confine. Oltre l’85% degli intervistati, in età compresa tra i 19 ed i 32 anni, è convinto, infatti, che in Italia siano scarse o limitate le opportunità lavorative legate alle proprie competenze professionali». È questo il pensiero dell’universo giovanile fatto emergere dal Rapporto Giovani 2014. È nelle librerie, proprio in questi giorni, il volume “La condizione giovanile in Italia – Rapporto Giovani 2014”, edito da Il Mulino.

È questo il secondo rapporto annuale basato sui dati di un’ampia indagine nazionale promossa dall’Istituto Giuseppe Toniolo, in collaborazione con l’Università Cattolica e con il sostegno di Fondazione Cariplo e di Intesa Sanpaolo: «Il perdurare della crisi economica – si appura dall’indagine – e la carenza di efficacia delle politiche passate, inoltre, ha generato una forte sfiducia nel futuro: oltre il 70% ritiene, infatti, di avere poca o per nulla fiducia che l’Italia nei prossimi anni riuscirà a tornare a crescere sul livello degli altri Paesi sviluppati».

Alessandro Rosina, coordinatore della ricerca

Alessandro Rosina, coordinatore della ricerca

E ancora, si legge: «I giovani vedono le proprie capacità e intraprendenze indissolubilmente frenate dai limiti del sistema Paese e dalle carenze della politica, finora incapace di rimettere le nuove generazioni al centro della crescita». La ricerca è stata elaborata a partire da un campione di 5 mila persone, tra i 19 e i 32 anni, rappresentativo a livello nazionale. La principale causa della disoccupazione, tornando ai dati, è attribuita dal 37,3% dei giovani ai limiti dell’offerta del mercato del lavoro, considerata ridotta sia come quantità sia come qualità, a cui va aggiunta una mancanza d’investimenti in ricerca e sviluppo.

Il 20,9% ritiene che si debbano migliorare meccanismi di reclutamento, legati a regole troppo rigide e lontani dalla meritocrazia. Solo il 19,2%, invece, attribuisce ogni causa alla crisi economica, mentre il 17,4% è autocritico: a loro avviso i giovani non trovano lavoro per via della poca esperienza (15,3%), di una scarsa formazione e dalla difficoltà ad accettare alcuni tipi di lavori. Nel contesto attuale, poi, il 70% dei giovani vede il domani pieno di rischi ed incognite: «Inoltre – sottolinea lo studio – disoccupazione e impieghi precari spingono sempre di più i giovani a essere concreti e pragmatici».

È così che il 75,7 % (l’80% dei giovani al Sud ed il 71,4% al Nord) rinuncia a programmare il proprio futuro per affrontare le difficoltà del presente: «Se nel 2012 – rileva ancora il rapporto – il lavoro era ancora considerato più un luogo di autorealizzazione che un mezzo per procurarsi reddito, ora, la situazione è completamente capovolta. L’obiettivo primario è trovare un’occupazione retribuita rinviando nel medio-lungo periodo la propria realizzazione personale».

Il 70% del campione, quindi, pensa sarebbe più giusto arrivare a percepire a 35 anni tra i 1.000 e i 2.000 euro mensili, ma oltre la metà teme che non riuscirà ad andar oltre i 1.500: «Le difficoltà a trovare un lavoro – avverte l’indagine – hanno intaccato nei giovani non solo la fiducia nelle istituzioni, ma hanno anche ridotto il senso di appartenenza sociale, portandoli a rifugiarsi nella rete parentale più ristretta, al punto che solo il 35% circa ritiene che la maggior parte delle persone sia degna di fiducia».

Un alto grado di fiducia, di contro, viene riposto unicamente nei familiari e negli amici, con l’80% dei giovani che si ritiene soddisfatto dei propri rapporti: «I dati del Rapporto Giovani – commenta Alessandro Rosina, tra i curatori dell’indagine – rivelano come nelle nuove generazioni rimanga complessivamente alta la volontà di non rassegnarsi, ma come crescente sia anche la frustrazione per il sottoutilizzo delle proprie potenzialità. Sempre più complicato è trovare la propria strada. Una condizione che rende il percorso di transizione alla vita adulta simile a un labirinto nel quale alto è il rischio di girare a vuoto nonostante gli sforzi. In particolare i Neet sono la categoria più a rischio di perdere ogni speranza di miglioramento, in carenza di politiche concrete ed efficaci in grado di aiutare i giovani a mettere basi solide, concedendo al proprio futuro attraverso un’adeguata collocazione nel mondo del lavoro».

About Davide De Amicis (3928 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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1 Comment on “Il 70% dei giovani italiani non crede ad una futura crescita del Paese”

  1. Giovanni Antonio Nigro // 16 Dicembre 2014 a 13:01 //

    Le pastoie del sistema Italia sono la corruzione e i rapporti organici fra criminalità organizzata e politica, la tassazione eccessiva e la burocrazia asfissiante. Finché non verranno rimosse queste cause, i vincoli dell’eurocrazia massonica (Fiscal Compact, Trattato di Lisbona, Trattato di Maastricht) e non ci saremo riappropriati della nostra sovranità finanziaria, con una Banca d’Italia nazionalizzata, il Paese non potrà mai tornare a crescere e ad essere competitivo.

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