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Onu favorevole ad una soluzione politica in Libia. L’Egitto non ci sta.

Le reazioni alla decisione dell'Onu sulla crisi libica. A Washington vertice contro l'estremismo islamico, a cui partecipano oltre 60 Paesi.

Ricapitoliamo gli eventi degli ultimi giorni. Dopo i raid aerei di lunedì e martedì, in risposta all’uccisione dei copti, le forze egiziane hanno compiuto anche un’incursione via terra, fino a Derna, e secondo alcune fonti hanno ucciso 155 combattenti dell’Isis e ne hanno catturati altri 55. Dopo questi raid, diretti contro le postazioni dell’autoproclamato Stato Islamico, cominciano a profilarsi divisioni all’interno della Lega araba: il Qatar ha deciso di richiamare il suo ambasciatore in Egitto, in segno di protesta contro alcune affermazioni del delegato del Cairo. Secondo la televisione satellitare al-Jazeera il rappresentante egiziano avrebbe accusato il Qatar di sostenere il terrorismo.

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, riunito da ieri, ha dedicato una riunione fiume alla Libia, dopo che dal Cairo era giunta la richiesta di autorizzare un intervento nazionale in Libia.. L’orientamento del Palazzo di Vetro, al momento, è di proseguire nel tentativo di una soluzione politica, per evitare l’intervento militare. La prospettiva più concreta sembra quella che prevede di concedere altro tempo al mediatore dell’Onu Bernardino Leon, che si dice convinto che un’intesa possa essere raggiunta “presto”. Le divergenze tra le parti, ha detto, «non sono insormontabili».

Il governo egiziano, tramite il ministro degli esteri Mohammad al Dairi, invece, insiste e chiede all’Onu che venga quantomeno revocato l’embargo sulle armi per il governo libico riconosciuto dalla comunità internazionale, cioè quello costretto ad operare da Tobruk poiché a Tripoli c’è un governo ‘parallelo’ formato dalle milizie islamiche. L’orientamento del Palazzo di Vetro sembra però diverso, perché si ritiene che anche la fornitura di altre armi ad una sola delle parti in conflitto allontanerebbe la possibilità di una soluzione “politica”.

Da sottolineare è che l’Italia si dice pronta ad assumere un ruolo guida nella cornice dell’iniziativa Onu, come ha dichiarato ieri al Consiglio di Sicurezza il Rappresentante Permanente italiano Sebastiano Cardi: «Siamo pronti a contribuire al monitoraggio di un cessate il fuoco e al mantenimento della pace, pronti a lavorare all’addestramento delle forze armate in una cornice di integrazione delle milizie in un esercito regolare, e per la riabilitazione delle infrastrutture». La conferma arriva anche dal ministro degli interni Angelino Alfano che a Washington ha sottolineato come «noi siamo parte di una comunita internazionale e siamo pronti a fare la nostra parte. Ma ogni ragionamento che individui un’azione specifica e’ prematuro, e in questo momento fuori luogo». Alfano ha anche parlato della minaccia di infiltrazioni con i barconi di immigrati: «Non c’e’ traccia reale di un nesso tra immigrazione e terrorismo. Ma non si puo’ escludere nulla». Sul rischio che «barconi pieni di terroristi» arrivino sulle coste italiane, ha avvertito anche l’ambasciatore egiziano a Londra, Nasser Kamel. Anche una figura di spicco dell’Isis in Libia, Abu Arhim al-Libim, afferma che l’Isis vuole infiltrarsi sui barconi di immigrati nel Mediterraneo e attaccare le «compagnie marittime e le navi dei Crociati». Il Ministro degli Esteri, Gentiloni, ha mostrato una certa preoccupazione e una minore soddisfazione, dicendo chiaramente che «il tempo non è infinito, e rischia di scadere presto, pregiudicando i fragili risultati raggiunti dalla mediazione Onu sostenuta dall’Italia».

Alfano si trova a Washington per un vertice internazionale contro l’estremismo islamico, a cui partecipano oltre 60 Paesi. La crisi Libica non e’ esplicitamente al centro dell’evento, ma di certo ne fa parte. Si parla della sfida lanciata dall’Isis e dal al Qaida, che, ha detto Obama, «e’ una sfida per il mondo intero, non solo per l’America». La forza militare non e’ pero’ sufficiente, ha affermato il presidente americano. E’ necessario sconfiggere anche la propaganda, contrastare i terroristi che online «fanno il lavaggio del cervello» ai giovani musulmani. E il mondo islamico si deve mobilitare: «Schieratevi nella lotta contro gli estremisti», ha detto il presidente Obama rivolgendosi ai leaders musulmani. Difficile capire se si tratti di propaganda o strategia. Di certo, ha affermato Obama, è necessario «aiutare il mondo musulmano a sviluppare dei social media che contrastino la propaganda degli estremisti su Internet, dove gruppi come al Qaida e l’Isis propagandano una visione della religione respinta dalla stragrande maggioranza dei musulmani».

La mappa interattiva del Site sulla rete Isis nel mondo

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 Mosca, dopo la riunione straordinaria di ieri sera del Consiglio di sicurezza Onu sull’emergenza libica, non esclude di partecipare alla coalizione anti-Isis. Il rappresentante permanente russo all’Onu, Vitali Ciurkin, non ha escluso la partecipazione di Mosca a un eventuale coalizione internazionale contro lo Stato islamico in Libia, in particolare garantendo un blocco navale per impedire l’arrivo di forniture di armi ai terroristi.

Su tutti, comunque, incombe l’ombra di Hamas. Il dirigente di Hamas ha espresso parole di condanna sulla decapitazione dei copti egiziani, precisando che il suo movimento si oppone all’uccisione di persone sulla base della loro affiliazione religiosa, politica o intellettuale. Tuttavia, Hamas respinge eventuali ingerenze italiane in Libia con il pretesto di «combattere il terrorismo», perché sarebbe «una nuova Crociata contro Paesi arabi e musulmani».