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Nichi Vendola e il “vuoto pieno” della legge

«La piena cognizione di se stesso e delle proprie origini» è un diritto, o no? Contraddizioni del diritto nazionale e internazionale.

Vuoto legislativo, vuoto di buon senso, “vuoto pieno”. Nel marasma delle Rete, circola una notizia che si muove in direzione opposta e contraria a quell’altra che informa sulla nascita del figlio di Nichi Vendola e del compagno avvenuta attraverso la maternità surrogata. Ci sovrasta una vera schizzofrenia legislativa ed etica, per non parlare di quella delle singole coscienze. Solo un’azione politica e civile coordinata e ben integrata, forse, potrebbe sanare tante contraddizioni.

Entrando nel merito, la notizia in “direzione opposta e contraria” ci informa che il Comitato nazionale per il diritto alla conoscenza delle origini biologiche ha rilanciato l’ennesima petizione – indirizzata al presidente Mattarella e ai Presidenti delle Camere, del Governo ed altre autorità – in cui si richiede di consentire alle migliaia di figli adottivi non riconosciuti alla nascita il diritto di accesso alle informazioni sulle proprie origini, applicando quanto stabilito da una sentenza del 2013 della Corte Costituzionale. Secondo quanto previsto dalla Legge vigente, infatti, l’adottato o altre persone in situazione di interesse qualificato alla conoscenza possono accedere ai dati identificativi dei propri genitori biologici, senza necessità di alcuna autorizzazione giudiziale, solo dopo cento anni dalla nascita (!) e quindi “mai”. A parte il valore condivisibile della petizione, leggendo il testo si acquisiscono dati importanti che alludono alla schizzofrenia legislativa di cui ci interessa parlare. Apprendiamo, in sintesi, che: 1) «molti cittadini» fanno ricorso al Tribunale dei minori per chiedere l’accesso ai dati identificativi dei propri genitori biologici; 2) non avendo altro modo per conoscere i propri genitori biologici, molte persone ricorrono al mezzo televisivo «diventando frequentemente oggetto di talk show» (pensiamo alla quantità di persone che si rivolgono ai vari “c’è posta per te”, spinti dall’evidente desiderio naturale di conoscere i propri genitori biologici); 4) «la piena cognizione di se stesso e delle proprie origini, quale imprescindibile diritto della persona umana» è riconosciuto nella maggioranza degli Stati, da numerose Direttive Europee e Convenzioni Internazionali; 5) l’accesso ai dati identificativi dei propri genitori biologici risponde anche alla necessità di veder garantita a ciascuno «la conoscenza delle proprie radici, nonché di informazioni fondamentali circa gli aspetti sanitari che potrebbero risultare determinanti nella prevenzione e nella cura di eventuali patologie»; 6) la petizione in Italia è stata sottoscritta da rappresentanti trasversali ad ogni appartenenza politica, sociale e culturale; cultori del Diritto, Magistrati, Bioetici e Studiosi di scienze umane, autorevoli esponenti della Chiesa Cattolica e del Movimento per la Vita, alcune Associazioni di famiglie adottive, e di molti Politici tra i quali On. Luisa Bossa (PD), On Michela Marzano (PD), On. Carlo Sarro (FI), On. Antimo Cesaro (Scelta Civica), On.Vittoria Michela Brambilla.

Dai dati esposti appare chiara quale sia la schizzofrenia etica, politica, legislativa che  – a nostro giudizio – informa il diritto nazionale e internazionale per non parlare di quella delle singole coscienze. Se «la piena cognizione di se stesso e delle proprie origini, quale imprescindibile diritto della persona umana» è riconosciuto dalla maggioranza degli Stati, da numerose Direttive Europee e Convenzioni Internazionali, com’è possibile allora che la pratica dell’utero in affitto, la maternità surrogata e, aggiungiamo, l’abuso delle pratiche di fecondazione eterologa – agile espediente per aggirare il divieto dell’utero in affitto – sono invece ammessi in molti Stati europei e non? Da una parte si riconosce l’evidenza, perché è un’evidenza, di moltissime persone adottate che, nonostante abbiano un forte e significativo legame con i genitori adottivi, cercano comunque i propri genitori biologici; dall’altro si consente surrettiziamente e a priori che alcuni bambini nascano volutamente nella condizione di non conoscere i propri genitori biologici. Permettere per legge che alcuni bambini nascano a priori senza conoscere i genitori biologici, o là dove è permesso debbano ricorrere all’iter logorante dell’accesso ai dati identificativi, mentre ai figli adottivi non riconosciuti alla nascita si vuole garantire il diritto di accesso alle informazioni sulle proprie origini, non equivale a tutti gli effetti a violare l’uguaglianza civile dei cittadini nonché la loro piena dignità?

La notizia su Nichi Vendola ci dice che sul suolo italiano arriverà un bambino fatto nascere volutamente nella condizione di non conoscere i propri genitori biologici o in quella di dover ricostruire il puzzle della propria nascita, mentre una sentenza della Corte Costituzionale del 2013 riconosce l’imprescindibile diritto dei figli adottivi a conoscere i propri genitori biologici. Schizzofrenia pura. Vuoto legislativo, vuoto di buon senso, “vuoto pieno”. Buona vita, comunque, al bambino che riempirà della sua pienezza il vuoto di tanti altri.