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“La misericordia scandalizza perché è un amore che non si deve meritare”

"La misericordia - spiega Enzo Bianchi, priore della Comunità monastica di Bose - si fa, non è un’idea intellettuale questo attributo di Dio, non è un sentimento. È qualcosa che deve diventare azione, prassi"

Lo ha affermato ieri Enzo Bianchi, priore della Comunità monastica di Bose, nella sua meditazione quaresimale alla Pontifica Università Lateranense di Roma

Enzo Bianchi, fondatore della Comunità monastica di Bose

«La misericordia scandalizza perché è un amore che non si deve meritare. E chi afferma che bisogna meritare l’amore di Dio cancella la verità centrale della salvezza cristiana». Lo ha affermato ieri Enzo Bianchi, fondatore e priore della Comunità monastica di Bose, nella sua meditazione quaresimale alla comunità accademica della Pontifica Università Lateranense (Pul) di Roma.

Parlando del tema “Annunciate a tutti la Misericordia di Dio”, il priore di Bose ha sottolineato che la misericordia di Dio sta nella rivelazione del suo nome: «Il nostro Dio – spiega Bianchi – ha un nome: è compassionevole e misericordioso. Ma nel cammino di umanizzazione di fronte al delitto c’è il castigo, di fronte al peccato c’è la pena. Ma questo non è nel cristianesimo, non è nella rivelazione del nostro Dio. La santità di Dio quando si mette in moto è misericordia».

Ecco perché, a suo dire, Gesù ha trasformato il comandamento dell’antico testamento “siate santi come Dio è santo” in “siate misericordiosi come il Padre è misericordioso”: «In Dio – ricorda il monaco -, la giustizia quando si muove diventa misericordia. Conoscere Dio significa fare esperienza della sua misericordia. A volte, come diceva Giovanni Paolo II, le persone solo se arrivano a commettere grandi peccati hanno l’occasione di conoscere la misericordia di Dio».

Una misericordia che è sanante: «La misericordia di Dio – aggiunge il fondatore della Comunità monastica di Bose – brucia il peccato, raggiunge il peccatore, è un amore viscerale, perché il Signore ha viscere di misericordia».

Il priore di Bose ha inoltre sottolineato come il primo atto pubblico che Gesù fa, è mettersi in una fila di peccatori e va a ricevere il battesimo per la remissione dei peccati: «Si fa solidale con i peccatori – osserva -, sta dalla loro parte. Noi cambiamo vita, ci convertiamo, per due ragioni: se il peccato che facciamo ci provoca cattiva salute o vergogna perché gli altri lo sanno. Se non provoca questi due effetti, lo continuiamo a coltivare fino a che ne abbiamo le forze e la voglia di convertirci non ce l’abbiamo».

Richiamando le parabole della zizzania e del grano, del padre misericordioso e dei vignaioli, Bianchi ha poi affermato che Gesù scandalizzava e ha dovuto giustificarsi: «Ci apprestiamo alla settimana santa, che purtroppo – denota Enzo Bianchi – molti vivono senza mai chiedersi perché è morto Gesù. Usano la frase più semplice “per i nostri peccati”. In realtà, l’ha portato alla morte il suo atteggiamento di misericordia: perdona i peccatori, non li condanna, li frequenta. Faceva scandalo la sua misericordia che viveva e predicava. Questa è la verità del Vangelo, che turba anche noi».

Perché la misericordia è concreta: «Si fa – ribadisce il monaco di Bose -, non è un’idea intellettuale questo attributo di Dio, non è un sentimento. È qualcosa che deve diventare azione, prassi».

Secondo il priore di Bose, perché ciò accada occorre vedere, con discernimento, non guardare: «Si tratta di un esercizio che dobbiamo fare – ammonisce -, senza avvicinarci all’altro con pregiudizi e precomprensioni, senza pensare prima al bisogno che ha. Per superare l’attuale vizio terribilmente cattolico dell’organizzazione della carità bisogna muoversi verso l’altro, uomo o donna, senza definirlo prima, perché soltanto ascoltandolo sentirò il bisogno che ha».

Inoltre, per Bianchi bisogna anche ascoltare con il cuore: «Noi uomini – riflette – non siamo cattivi, ma pecchiamo di omissione. La maggior parte di noi non vede, passa vicino a chi soffre e va oltre. Per questo oltre a discernere e ad ascoltare, si tratta di fare il passo della prossimità. I cristiani hanno una carità presbite, si esercitano ad amare quelli che stanno lontano. Papa Francesco ci dice di toccare la carne dei poveri, che è la carne di Cristo».

Insomma, tutti possiamo fare misericordia: «Ce lo insegna il Signore – conclude il priore di Bose -. La conoscenza della misericordia che il Signore ci chiede dal profeta Osea in poi – “Voglio misericordia, non sacrificio” – sia una conoscenza che assumiamo in questo Giubileo e ci renda di più discepoli del Signore».

About Davide De Amicis (4183 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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2 Comments on “La misericordia scandalizza perché è un amore che non si deve meritare”

  1. ….è una libera interpretazione delle Scritture……dimenticando la linea guida delle stesse: “non aggiungere e non togliere…”

  2. Ester // 4 Aprile 2016 a 02:52 //

    Il signor Enzo Bianchi è un eretico e camuffa le sue eresie alternandole con le verità, il suo è un modo diabolico di parlare, perché il linguaggio cristiano è lineare ed esplicito.

    Il fatto che da un po’ di tempo gente di Chiesa lo inviti a tenere le sue conferenzucce non deve trarre in inganno e non va ascoltato.

    L’affermazione infatti che non esistono il castigo e la pena ma solo la misericordia contraddice tutto il Vangelo e la dottrina cristiana, che ben chiara nei Novissimi: morte, castigo, Inferno e Paradiso.

    Lasciatelo perdere e non citatelo, abbiamo tanti di quei Dottori della Chiesa e di Santi che di lui possiamo fare a meno.

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