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Carcere e pandemia, De Robèrt: “Riattivare percorsi di inclusione”

Daniela De Robèrt, membro del collegio del garante nazionale delle persone private della libertà personale: «Chiediamo di riprendere alcune attività che rappresentano un ponte con l'esterno. Si sente forte l'esigenza di far ripartire tutte quelle attività che fanno capo all'inserimento, soprattutto quelle scolastiche»

Un estratto dell’intervista a Daniela De Robèrt, membro del collegio del garante nazionale delle persone private della libertà personale, ospite del programma Binario 1 a cura della Caritas diocesana di Pescara-Penne su Radio Speranza.

“Extra moenia” è il titolo della puntata del programma “Binario 1” dedicata alla difficile condizione delle persone private della libertà personale, soprattutto in questo tempo di pandemia, andata in onda questa mattina, giovedì 4 marzo, dalle frequenze di Radio Speranza (in replica sempre oggi alle 18:30 e sabato alle 21:30).

A parlare di questo delicato argomento rispondendo alle domande dei conduttori in studio è stata Daniela De Robèrt, membro del collegio del garante nazionale delle persone private della libertà personale.

Tale autorità di garanzia è stata istituita con un Decreto Legge del 2013, operativo dal 2016 e si occupa della tutela di diversi ambiti in cui sussiste la privazione della libertà personale: «La nostra azione – spiega Daniela De Robèrt – è rivolta al circuito penale, sia per adulti che per minori, ma anche alle strutture di sicurezza in ambito psichiatrico, comunità, detenzione amministrativa, hotspot per migranti, camere di sicurezza delle forze di polizia e contesti relativi alla salute come situazioni di T.S.O. (trattamento sanitario obbligatorio n.d.r.), residenze sanitarie e, in particolare in questo periodo, strutture di quarantena. Tutti contesti accomunati dalla privazione della libertà personale – continua De Robèrt – ma sostanzialmente differenziati per tipologie di persone e condizioni generali».

Covid-19 e detenzione, quale è la situazione ad oggi? «Nel settore penitenziario ad oggi possiamo dire che l’impatto della pandemia è stato abbastanza contenuto. Continuando a tenere altissima l’attenzione possiamo dire che al momento la popolazione carceraria contagiata è solo una piccola percentuale del totale, soprattutto quella sintomatica».

Un passaggio poi sulle rivolte che esattamente un anno fa, nel marzo del 2020, si sono verificate, subito dopo il primo dpcm che annunciava il lockdown, in 40 istituti penitenziari del Paese: «Abbiamo assistito a disordini molto violenti che hanno provocato 13 morti, un evento che non possiamo archiviare come normale sviluppo di un disagio diffuso».

Quali le cause di tali rivolte? «Cattiva informazione e comunicazioni poco mediate crearono un drammatico clima di ansia e paura scomposte; la mancanza di un intervento tempestivo, le disposizioni che prevedevano uso di mascherine e distanziamento in ambienti notoriamente sovraffolati, poi, hanno scatenato panico e rivolte, alcune più violente, altre subito arginate. Anche, da come sta emergendo dagli atti giudiziari, infiltrazioni esterne della criminalità organizzata si aggiunsero a tali situazioni».

C’è il rischio che la pandemia disperda tutto il lavoro del terzo settore in favore della riabilitazione e dell’inclusione dei detenuti? «Il rischio c’è ed è alto. Chiediamo di riprendere alcune attività che rappresentano un ponte con l’esterno. Si sente forte l’esigenza di far ripartire tutte quelle attività che fanno capo all’inserimento, soprattutto quelle scolastiche».

Infine un quadro sulla situazione delle madri in carcere con i figli minori ricordando un tragico evento nel carcere di Rebibbia nel settembre del 2018 (leggi qui l’articolo): «Esiste una bellissima legge, la n.62/2011, mai attuata, per fornire accoglienza in case famiglia protette ad opera dei comuni ma ad oggi ne sono state create solo 2, una a Roma e una a Milano per 12 posti totali, inoltre gli Istituti di custodia attenuata per madri (I.C.A.M.) sono pochi. La legge c’è e va applicata e magistratura e società civile devono tenere alta l’attenzione su questo problema».

About Giannicola D'Angelo (95 Articles)
Giornalista e laureato in Sociologia presso l'Università degli Studi "G. D'Annunzio" di Chieti, si occupa dell'Ufficio comunicazione della Caritas diocesana di Pescara-Penne, studi sociali e Osservatorio diocesano povertà e risorse. Oltre alla collaborazione con il notiziario "La Porzione.it" è autore e conduttore del programma radiofonico "Binario 1" in onda su Radio Speranza.