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“Interpretiamo questo tempo come anno di grazia e di purificazione”

"Sì - aggiunge l'arcivescovo Valentinetti -, purificati nel nostro ministero riguardo all’evangelizzazione e alla catechesi. Sì, purificati nel nostro ministero riguardo alle nostre liturgie, purificati nel nostro ministero riguardo alla carità, all’attenzione ai poveri, ma soprattutto a una grande testimonianza di condivisione con tutti gli ultimi e tutti i disprezzati della terra e con tutti quelli che, in questo momento, stanno vivendo un tempo difficile"

Lo ha affermato ieri l’arcivescovo Valentinetti, rivolgendosi al Clero diocesano nella messa crismale

L'arcivescovo Valentinetti consacra gli olii sacri

Fissare i nostri occhi sul Crocifisso. Con questo obiettivo, ieri sera nella Cattedrale di San Cetteo, l’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti ha proclamato l’omelia della messa crismale con la quale, alla presenza della maggior parte dei sacerdoti diocesani, ha consacrato gli olii sacri (l’olio per l’unzione degli infermi, l’olio per ungere i catecumeni che stanno per ricevere il battesimo e infine il sacro crisma usato nei sacramenti del battesimo, della confermazione e dell’ordine sacro l’ampolla di colore bianco, ottenuto mescolando olii e profumi) alitando sulle ampolle che li contenevano. Una celebrazione solenne e suggestiva che però, nel rispetto delle norme anti-Covid, si è svolta a porte chiuse dovendo fare a meno della presenza dei fedeli.

Così il presule ha avviato la sua riflessione, citando innanzitutto i versi della seconda lettura tratta dal Libro dell’Apocalisse “Ecco, viene con le nubi e ogni occhio lo vedrà, anche quelli che lo trafissero. E per Lui tutte le tribù della terra si batteranno il petto. Amen”: «In questo versetto – spiega – si sintetizza molto bene il mistero di passione e gloria che Cristo ha vissuto con noi e per noi. Perché se da una parte si delinea il ritorno di Cristo nella gloria – la conclusione è chiarissima “Io sono l’alfa e l’omega , Colui che era, che è e che viene, l’Onnipotente” -, dall’altra parte il riferimento è chiaro al mistero della crocifissione “Lo vedranno quelli che lo trafissero”. E forse, mai come in questo tempo siamo chiamati anche noi a fissare i nostri occhi sul crocifisso, sul trafitto. Trafitto dai chiodi sulla croce, trafitto da una lancia che gli squarciò il petto, da cui uscì sangue e acqua. Fissare il crocifisso nella storia che stiamo vivendo, nel tempo che passa inesorabile e ci fa quasi sembrare di essere entrati in un tempo sospeso. Anzi, ci fa sembrare di essere stati sospesi, facendo memoria appena di quello che eravamo e non riuscendo nemmeno ancora ad immaginare quello che saremo. Ma nello stesso tempo più di una volta siamo costretti, ma lo abbiamo fatto volentieri in Quaresima nel pio esercizio della via Crucis, a fissare lo sguardo sul trafitto. Ma lo stiamo fissando nel dolore degli ammalati, nei tanti morti che dobbiamo accompagnare al cimitero, i quali si sono moltiplicati in questo tempo. Lo stiamo contemplando trafitto e crocifisso nelle tante situazioni di povertà e di contraddizione del cuore, dell’anima, della mente. Lo stiamo contemplando crocifisso nei tanti ragazzi che sono sbandati, vuoi perché senza scuola, vuoi perché compressi tra le mura domestiche, vuoi perché molti purtroppo non riescono a sopportare un tempo così difficile».

Mons. Tommaso Valentinetti pronuncia l’omelia

Ed è in questo contesto così complesso che il sacerdote viene chiamato ad agire: «Il nostro ministero, la nostra realtà di Chiesa – osserva l’arcivescovo Valentinetti -, forse, più che mai che in altre circostanze diventa vera la parola di Isaia “Sono stato consacrato con l’unzione per portare il lieto annuncio ai miseri, per fasciare le piaghe dei cuori spezzati”. Quante lacrime versate in questo tempo! Quanti volti oscurati per proclamare la libertà degli schiavi. Sì, chi è schiavo della propria malattia o – più che mai in questo tempo – chi è schiavo dei propri vizi e del proprio arrovellarsi su se stesso, sui propri problemi e sulle proprie incapacità. Eppure, nella contemplazione di questo crocifisso e nel ministero della consolazione a cui noi siamo chiamati, in ogni momento, a consolare gli afflitti, a dare corona invece che la cenere, olio di letizia invece dell’abito di lutto. Veste di lode al posto di uno spirito mesto, ma è possibile? Dobbiamo interpretare questo tempo come l’anno di grazia del Signore? Ce l’ha ripetuto Isaia, ce l’ha ripetuto il testo del Vangelo “Venuto a proclamare l’anno di grazia del Signore”. , nonostante tutto è l’anno di grazia, perché tutto è grazia. Dobbiamo riuscire a scorgere dentro le pieghe di questa storia una grande grazia, ma non perché voluta da Dio, ma perché Dio – nonostante le difficoltà della vita – non fa mai mancare la sua grazia. E interpretare questo tempo della storia come vero anno di grazia, o se volete l’ho detto più volte e non ho paura di ripeterlo, un tempo di purificazione. Sì, purificati nel nostro ministero riguardo all’evangelizzazione e alla catechesi. Sì, purificati nel nostro ministero riguardo alle nostre liturgie, purificati nel nostro ministero riguardo alla carità, all’attenzione ai poveri, ma soprattutto a una grande testimonianza di condivisione con tutti gli ultimi e tutti i disprezzati della terra e con tutti quelli che, in questo momento, stanno vivendo un tempo difficile».

È il caso di tanti sacerdoti che soffrono: «Avremmo potuto chiedere di avere dei privilegi anche riguardo alla vaccinazione – denota l’arcivescovo di Pescara-Penne -, siamo in mezzo alla gente continuamente. Avremmo potuto chiedere di avere qualche privilegio, specialmente quelli che non sono anziani – e approfitto per ricordare tutti gli anziani presbiteri che non sono qui presenti o perché malati o perché, giustamente e prudentemente, si sono astenuti dal partecipare. Ma non vogliamo privilegi, vogliamo condividere la vita di tutti. Vogliamo condividere, molte volte, anche le ingiustizie che molto spesso anche in questo campo si stanno perpetrando. Non abbiamo paura, non abbiamo timore, siamo pronti a vivere in mezzo al nostro popolo, consacrati per il popolo fino in fondo. Come semi caduti per terra, che cadendo devono dare quel frutto di testimonianza e d’amore. Un amore senza limiti, un amore che interpreta questo anno di grazia non con il linguaggio della guerra. Molto spesso, in questi giorni, è riecheggiata l’idea che siamo in guerra. Sì, il virus è un nemico, ma non siamo in guerra. Come ha ripetuto giustamente oggi (ieri per chi legge) il presidente di Pax Christi “Siamo nel tempo della cura, non nel tempo della guerra”. Vogliamo vivere la cura, vogliamo farci compagni di strada, compagni di attenzione a tutti, perché testimoniamo l’amore del Signore. E il nostro sguardo, sì, sempre rivolto a Lui, il Crocifisso che dall’alto ci guarda e ci dice “Venite a me, voi tutti affamati e assetati. Voi tutti oppressi venite a me e io sarò capace di ristorarvi, io sarò capace di ridarvi speranza, io sarò capace di portarvi oltre le fatiche e le difficoltà della vita. Perché io sono l’alfa e l’omega, il principio e la fine, Colui che era, che è e che viene, l’Onnipotente”».

I sacerdoti presenti nella Cattedrale di San Cetteo

Da qui l’auspicio finale espresso da monsignor Tommaso Valentinetti: «Che questo nostro fare sintesi sempre più tra fede e vita – esorta -, che questo nostro creare unità interiore intorno ai doni più belli che abbiamo ricevuto – i doni sacramentali che questa sera ancora rinnoviamo con la benedizione degli olii e la consacrazione del crisma -, che questo nostro fare unità intorno all’eucaristia domani sera (nella memoria di quella Coena Domini), sia realmente la nostra forza nel rendimento di grazie e nel lodare, benedire e ringraziare sempre il Signore nostro che ci ha chiamati al sacerdozio, che ci ha chiamati al servizio santo per il popolo di Dio. Che ha chiamato noi, quelli più anziani, quelli meno anziani, fino ai giovani, fino all’ultimo ordinato che abbiamo avuto la grazia di ordinare il 25 marzo. Che il Signore sia realmente lodato, benedetto e ringraziato, perché continua a seminare questi semi di amore e questi semi di speranza. Per noi si compie ancora una volta la scrittura che è stata proclamata».

Al termine della liturgia eucaristica, l’arcivescovo Valentinetti ha ricordato ai presbiteri che, in base alle disposizioni anti-Covid, nel Venerdì santo non dovranno essere effettuate processioni di alcun tipo nelle parrocchie, così come in occasione della liturgia pasquale essi dovranno prestare particolarmente attenzione affinché non si creino assembramenti all’ingresso o all’uscita dalle chiese. Un’attenzione alla quale saranno a maggior ragione chiamati a prestare attenzione tutti i fedeli che, in questi giorni, parteciperanno ai riti pasquali in presenza. Quindi ai vicari foranei sono stati consegnati gli olii sacri, che verranno poi consegnati a tutti i parroci i quali oggi li presenteranno nell’ambito delle rispettive messe in Coena Domini. Non è mancato anche un pensiero pasquale, donato dal presule ai presbiteri: una raccolta di commenti liturgici scritti da Benedetto XVI.

About Davide De Amicis (3928 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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