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Cei: “Sta nascendo un’era in cui saremo imprenditori del nostro tempo”

"L’insostenibilità dei ritmi di lavoro – sottolinea la Cei -, l’inconciliabilità della vita professionale ed economica con quella personale, affettiva e famigliare, i costi psicologici e spirituali di una competizione che si basa sull’unico principio della performance, vanno contrastati nella prospettiva della generatività sociale"

Lo ha affermato la Conferenza episcopale italiana nel suo messaggio in occasione del primo maggio

Il lavoro in campagna

«La terribile prova della pandemia ha messo a nudo i limiti del nostro sistema socio-economico». Lo ha constatato la Conferenza episcopale italiana nel suo messaggio in occasione dell’odierno Festa del primo maggio: «Nel mondo del lavoro – denunciano i vescovi italiani – si sono aggravate le diseguaglianze esistenti e create nuove povertà. Già prima di essa il Paese appariva diviso in tre grandi categorie. Una composta da lavoratori di alta qualifica o comunque tutelati e privilegiati, che non hanno visto la loro posizione a rischio. Essi hanno potuto continuare a svolgere il loro lavoro a distanza e hanno perfino realizzato dei risparmi, avendo ridotto gli spostamenti durante il periodo di restrizioni alla mobilità».

Poi la Chiesa italiana ha individuato una seconda categoria: «Composta – approfondisce la Cei – di lavoratori in settori o attività a forte rischio o comunque con possibilità di azione ridotta è entrata in crisi: commercio, spettacoli, ristorazione, artigiani, servizi vari. L’intervento pubblico sul fronte della cassa integrazione, delle agevolazioni al prestito, dei ristori e della sospensione di pagamenti di rate e obblighi fiscali ha alleviato in parte, ma non del tutto, i problemi di questa categoria».

Infine c’è un terzo gruppo: «Rappresentato – denotano i presuli – dai disoccupati, dagli inattivi o dai lavoratori irregolari e coinvolti nel lavoro nero che accentua una condizione disumana di sfruttamento. Sono gli ultimi ad aver vissuto la situazione più difficile, perché fuori dalle reti di protezione ufficiali del welfare. Va anche considerato il fatto che il Governo ha bloccato i licenziamenti, ma quando il blocco verrà tolto la situazione diventerà realmente drammatica».

Ma la bella stagione è ora alle porte e ciò, anche a detta della Conferenza episcopale italiana, potrebbe migliorare le cose: «Un piccolo segno di speranza – conferma la Chiesa italiana – è la forte ripresa delle attività sociali ed economiche nell’estate 2020. Appena il giogo della pandemia si allenterà, la voglia di ripartire dovrebbe generare una forte ripresa e vitalità della nostra società contribuendo ad alleviare i gravi problemi vissuti durante l’emergenza. È fondamentale che tutte le reti di protezione siano attivate». Inoltre, per la Cei, esiste un vaccino sociale contro la pandemia oltre a quello clinico: «È rappresentato – ricordano i vescovi – dalla rete di legami di solidarietà, dalla forza delle iniziative della società civile e degli enti intermedi che realizzano nel concreto il principio di sussidiarietà anche in momenti così difficili».

Ma c’è anche dell’altro: «Un aspetto fondamentale di questo tempo, per i credenti – aggiungono i vescovi italiani nel loro messaggio -, è la gratitudine di aver incontrato il Vangelo della vita, l’annuncio del Salvatore. La pandemia, infatti, ci ha permesso di sperimentare quanto siamo tutti legati ed interdipendenti. Siamo chiamati ad impegnarci per il bene comune. Esso è indissolubilmente legato con la salvezza, cioè il nostro stesso destino personale». Ma la Cei ha segnalato anche altri segnali positivi: «Alcuni sentieri inediti nelle politiche economiche – indicano i vescovi -, a cominciare da una maggiore integrazione tra Paesi europei grazie alla solidarietà tra stati nazionali e all’adozione di strategie di finanziamento comuni, più orientate all’importanza della spesa pubblica in materia di istruzione e sanità».

Da qui l’appello dell’episcopato italiano a rimuovere le criticità rimanenti: «L’insostenibilità dei ritmi di lavoro – elencano i presuli -, l’inconciliabilità della vita professionale ed economica con quella personale, affettiva e famigliare, i costi psicologici e spirituali di una competizione che si basa sull’unico principio della performance, vanno contrastati nella prospettiva della generatività sociale. L’esercitazione forzata di lavoro a distanza a cui siamo stati costretti, ci ha fatto esplorare possibilità di conciliazione tra tempo del lavoro e tempo delle relazioni e degli affetti che prima non conoscevamo. Da questa terribile prova sta nascendo una nuova era nella quale impareremo a diventare “imprenditori del nostro tempo” e più capaci di ripartirlo in modo armonico tra esigenze di lavoro, di formazione, di cura delle relazioni e della vita spirituale e di tempo libero. Se le relazioni faccia a faccia in presenza restano quelle più ricche e privilegiate, abbiamo compreso che in molte circostanze nei rapporti di lavoro è possibile risparmiare tempi di spostamento mantenendo o persino aumentando la nostra operosità e combinandola con la cura di relazioni e affetti». Quindi, per la Chiesa italiana, sono due le «bussole da seguire nel cammino pastorale e nel servizio al mondo del lavoro»: l’enciclica di Papa Francesco Fratelli tutti e il cammino verso la Settimana Sociale di Taranto (21-24 ottobre 2021) sul tema del rapporto tra l’ambiente e il lavoro.

About Davide De Amicis (3864 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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