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Livatino beato: “Un eroe della legalità, ma soprattutto martire di Cristo”

"Livatino - ricorda il cardinale Semeraro - è stato testimone e testimone credibile. La sua morte non è solo il sacrificio di un rappresentante delle istituzioni ed è stata anche più della uccisione di un magistrato cattolico. Egli è testimone della giustizia del Regno di Dio, che affronta il male per salvare vittime e carnefici"

Lo ha affermato il cardinale Marcello Semeraro, presiedendo la cerimonia di beatificazione del magistrato siciliano

L'icona con l'immagine di Rosario Livatino nella Cattedrale di Agrigento - Foto Siciliani-Gennari/SIR

Verrà celebrata ogni 29 ottobre la memoria liturgica del magistrato Rosario Livatino, proclamato beato stamani all’interno di una solenne celebrazione eucaristica presieduta dal prefetto della Congregazione delle cause dei santi, il cardinale Marcello Semeraro, in una Cattedrale di Agrigento adornata da palme. Essa custodiva anche il reliquario all’interno del quale è conservata la camicia azzurra macchiata di sangue in quel 21 settembre 1990 quando, sulle strade della sua Canicattì, venne freddato dai colpi d’arma da fuoco esplosi dai killer della Stidda, l’organizzazione a delinquere di stampo mafioso operativa nell’agrigentino. Nella sua omelia il cardinale Semeraro ha approfondito le due parole chiave che hanno caratterizzato la vita di Livatino, giustizia e fede: «Una giustizia – osserva il porporato – sostenuta dalla credibilità di chi per la giustizia si spende fino a dare la vita».

Card. Marcello Semerato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi

Quindi il cardinale ha ricordato l’acronimo “Stb”, Sub tutela Dei, che il neo beato scriveva su di alcune pagine: «E qualche volta – aggiunge il cardinale Marcello Semeraro – ha scritto sovrastato dal segno della Croce. Livatino è morto perdonando, come Gesù, i suoi uccisori. È il valore autentico delle sue ultime parole “Che vi ho fatto”, pronunciate davanti ai suoi sicari, dove risentiamo l’eco del lamento di Dio “Popolo mio, che cosa ti ho fatto”. Non un rimprovero, né una sentenza di condanna, ma un invito sofferto a riflettere sulle proprie azioni, a ripensare la propria vita, cioè a convertirsi». E negli anni la testimonianza del Beato Rosario Livatino ha convertito molti cuori, anche di coloro i quali ne hanno provocato la morte: «Un eroe della legalità – sottolinea il prefetto della Congregazione delle cause dei santi -, ma soprattutto martire di Cristo».

Quindi la citazione di Papa Paolo VI “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, e se ascolta i maestri è perché sono testimoni”: «Ecco – precisa il cardinale Semeraro -, Livatino è stato testimone e testimone credibile. La sua morte non è solo il sacrificio di un rappresentante delle istituzioni ed è stata anche più della uccisione di un magistrato cattolico. Egli è testimone della giustizia del Regno di Dio, che affronta il male per salvare vittime e carnefici».

Mons. Vincenzo Bertolone, postulatore della causa di canonizzazione

BERTOLONE, POSTULATORE: “Suo martirio è testimonianza dell’inconciliabilità tra Vangelo e mafia”

All’inizio della liturgia eucaristica ha introdotto il rito il postulatore della causa di canonizzazione l’arcivescovo di Catanzaro-Squillace monsignor Vincenzo Bertolone: «Il suo martirio – ricorda – è stato ed è tuttora testimonianza della insanabile inconciliabilità tra Vangelo e mafia. Il “silenzio” che gli fu imposto oggi è un canto di lode e onora la magistratura».

MONTENEGRO, ARCIVESCOVO DI AGRIGENTO: “IL PRIMO GIUDICE PROCLAMATO MARTIRE PER LA SUA FEDE”

Card. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento

Prima della conclusione è intervenuto anche l’arcivescovo di Agrigento, il cardinale Francesco Montenegro: «È il primo giudice proclamato martire a motivo della fede professata e testimoniata fino all’effusione del sangue – ricorda l’arcivescovo -. Quanto abbiamo vissuto ci responsabilizza a testimoniare con coraggio il Vangelo con una vita di fede semplice e credibile come quella del giudice Livatino. Che questa nostra terra di Sicilia, che purtroppo ancora soffre a motivo della mentalità mafiosa, faccia tesoro di questa lezione».

PAPA FRANCESCO: “Si è sforzato di giudicare non per condannare, ma per redimere”

Papa Francesco al termine del Regina Caeli

E durante il Regina Coeli, anche Papa Francesco ha celebrato la beatificazione di Rosario Livatino: «Nel suo servizio alla collettività come giudice integerrimo – riconosce il Pontefice -, che non si è lasciato mai corrompere, si è sforzato di giudicare non per condannare, ma per redimere. Il suo lavoro lo poneva sempre sotto la tutela di Dio, per questo è diventato testimone del Vangelo fino alla morte eroica. Il suo esempio sia per tutti, specialmente per i magistrati, stimolo ad essere leali difensori della legalità e della libertà. Un applauso al nuovo beato!».

DE RAHO, PROCURATORE NAZIONALE ANTIMAFIA: “LA BEATIFICAZIONE DI LIVATINO UN PASSO AVANTI DELLA CHIESA NELLA LOTTA ALLE MAFIE”

Federico Cafiero De Raho, procuratore nazionale antimafia

E alla cerimonia di beatificazione ha partecipato anche Federico Cafiero De Raho, procuratore nazionale antimafia e compagno di studi di Rosario Livatino: «La beatificazione del giudice – commenta De Raho – sarà per me un grande momento di partecipazione emotiva. Livatino è stato mio compagno di corso, entrammo insieme in magistratura e avemmo diverse occasioni per prepararci insieme a esercitare la funzione di magistrato. Era un magistrato umile e riservato, due qualità che avrebbero contraddistinto la sua azione nella lotta alla mafia e nell’onore con cui ha condotto tutta la sua esistenza terrena». Il procuratore nazionale antimafia ha poi ricordato come «Livatino coniugasse sempre i valori del cristianesimo attraverso l’esercizio della sua funzione. Equilibrio e carità in lui andavano di pari passo, doti che gli permettevano di comprendere il contesto operativo senza rigidità. La sua beatificazione – conclude Federico Cafiero De Raho – non è solo un atto simbolico, ma un grande passo avanti della Chiesa nella lotta alle mafie, che di una retorica più pagana che cristiana e di legami territoriali si sono nutrite per decenni».

About Davide De Amicis (4357 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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