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“Giornalisti, fatevi portatori di una rivoluzione d’amore e di verità”

"Tenete una comunicazione libera - invita l'arcivescovo Valentinetti - , bella, che esprime ciò che è la bontà, ciò che è la bellezza, non solo le brutture, non solo le brutte notizie, non solo le cattiverie degli uomini, non solo le guerre, ma anche la pace, la fraternità, l’amore per i fratelli, l’amore per gli ultimi e gli esclusi"

Lo ha affermato ieri l’arcivescovo Valentinetti, presiedendo la messa dell’Ascensione e del Giubileo dei giornalisti al Santuario di San Gabriele

Mons. Tommaso Valentinetti, arcivescovo di Pescara-Penne e delegato Ceam alle Comunicazioni sociali, pronuncia l'omelia - Foto Davide De Amicis

«Fatevi portatori di una rivoluzione d’amore, fatevi soprattutto portatori della verità. Non dimenticate mai che Gesù ha detto “Io sono la verità”». È stata questa l’esortazione rivolta ieri dall’arcivescovo di Pescara-Penne, nonché delegato alle Comunicazioni sociali della Conferenza episcopale abruzzese e molisana (Ceam), monsignor Tommaso Valentinetti nell’omelia della santa messa presieduta davanti agli operatori della comunicazione (rappresentati dal presidente dell’Ordine dei giornalisti d’Abruzzo Stefano Pallotta e del consigliere dell’Ordine dei giornalisti Molise Giuseppe Cavuoti) presenti nel Santuario di San Gabriele dell’Addolorata di Isola del Gran Sasso (Teramo), i quali hanno partecipato alla santa messa in occasione del Giubileo dei giornalisti che si è svolto nell’ambito delle celebrazioni del centenario delle canonizzazione del santo patrono dei giovani e dell’Abruzzo. Tutto questo nel giorno in cui la Chiesa ha celebrato la solennità dell’Ascensione, ma anche la 55ª Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali dal tema “«Vieni e vedi» (Gv 1,46). Comunicare incontrando le persone dove e come sono”.

L’arcivescovo Valentinetti avvia la celebrazione con il vescovo Leuzzi, a sinistra, e Padre Dario Di Giosia

Una liturgia eucaristica concelebrata con il vescovo di Teramo-Atri monsignor Lorenzo Leuzzi – che ha accolto i presenti-, il rettore del Santuario di San Gabriele dell’Addolorata Padre Dario Di Giosia e il direttore dell’Ufficio Comunicazioni sociali della Ceam don Claudio Tracanna: «“Vieni e vedi” – afferma Di Giosia nel suo saluto inziale, citando il tema della giornata -. Esserci è il primo passo di ogni successiva comunicazione. Oggi voi siete qui, noi siamo qui e vogliamo vivere, vogliamo vedere, vogliamo comunicare. San Gabriele ci raduna intorno a sé nel centenario della dichiarazione della sua santità, della sua canonizzazione nella Chiesa cattolica. San Gabriele è stato un comunicatore efficace, lo è stato soprattutto attraverso le sue lettere. 36 sono quelle scritte ai suoi familiari e agli amici. Cominceremo a leggerle e a commentarle, qui nel santuario, a partire da domenica 30 maggio alle ore 12 nella cripta accanto alla sua urna. Saranno momenti solenni di spiritualità e anche di cultura intorno al nostro San Gabriele. Sono infatti lettere in cui traspare la bellezza della sua esperienza, la bellezza del rapporto che aveva con i suoi familiari, con suo padre e  con gli amici. Sono lettere di un giovane che ha saputo vivere pienamente l’invito di Gesù “Viene e vedi”La notizia di Dio, infatti, così come ogni altri avvenimento deve essere vissuto per poter essere raccontato. Gabriele lo ha fatto, lo ha raccontato e oggi siamo qui a testimoniarlo. Scrive all’amico Filippo Giovannitti: “Pippo mio, io oggi non ti chiedo altro, non voglio se non che non disprezzi la lettera di un amico che ti parla con il cuore sulle labbra. Se di tutti io bramo la salute, della tua in modo speciale sono sollecito. E se mi tieni davvero a sincero amico, ascolto di buon cuore ciò che con tutta l’affezione ti dico. Hai ragione di dire che il mondo è pieno di inciampi e di pericoli e che è cosa ben difficile di poter salvare l’unica anima nostra, ma non per questo – se il Signore veramente ti chiama al mondo – ti devi perder di coraggio? No, perché anche al secolo uno può salvarsi”. Questo incoraggiamento, dato all’amico Filippo, riguardo agli inciampi che ci sono nel mondo per il cammino di santità, valga oggi anche per questo Giubileo dei giornalisti. Il mondo è ancora pieno di pericoli, ma coraggio! Come ha fatto San Gabriele, ancora oggi si può essere comunicatori di pace, di amicizia, nella possibilità di una vita vissuta con gioia, in Dio, con Gesù e Maria».

I giornalisti partecipanti

Tornando all’omelia, l’arcivescovo di Pescara-Penne ha quindi rivolto un ulteriore invito ai giornalisti presenti: «Uscite – afferma ancora il presule – dalla beghe che, in qualche modo, tengono imbrigliata la comunicazione che risponde – in molte circostanze – più a interessi di parte o di potere. Tenete una comunicazione libera, bella, che esprime ciò che è la bontà, ciò che è la bellezza, non solo le brutture, non solo le brutte notizie, non solo le cattiverie degli uomini, non solo le guerre, ma anche la pace, la fraternità, l’amore per i fratelli, l’amore per gli ultimi e gli esclusi». Una comunicazione che, a detta dell’arcivescovo Valentinetti, deve permearsi di Vangelo: «Non perché essa sia strumento di evangelizzazione – precisa il delegato Ceam alle Comunicazioni sociali -, lo è per gli addetti all’evangelizzazione e della comunicazione del mondo cattolico -, ma perché incarni la cultura del Vangelo. Una cultura di vita, di bellezza, di passione per l’umanità che deve risorgere anche da questa pandemia in cui siamo caduti, precipitati inevitabilmente. “Andate, fate discepoli tutti i popoli”, dice il Signore. “Ecco, io sono con voi fino alla fine del mondo”. Ne siamo certi, il Signore ci sostiene, è con noi e ci conferma».

L’arcivescovo Valentinetti attraversa la porta santa

In riferimento al Vangelo di ieri, monsignor Valentinetti ne ha sottolineato la particolarità: «Stiamo celebrando il giorno dell’Ascensione – ricorda il presule – e abbiamo proclamato il testo con cui si conclude il Vangelo di San Marco, che ci sta accompagnando in tutto quest’anno liturgico. Ma questo testo, secondo gli studiosi di Sacre scritture, non è stato concepito immediatamente come finale del Vangelo stesso, ma è stato aggiunto un po’ dopo. Tanto è vero che alcuni antichi manoscritti non lo riportano e alcuni padri della Chiesa non lo conoscono. Perché? Perché la prima parte di questo capitolo 16 di San Marco narra cose un po’ critiche. I discepoli non volevano credere alla resurrezione. Erano dubbiosi, titubanti, timorosi, non avevano ascoltato le donne e i discepoli di Emmaus ed erano ancora titubanti. Ma la Chiesa, dopo i primi decenni di fatica, di difficoltà, riusciva ad uscir fuori, a comunicare veramente ciò per cui il Signore l’aveva concepita. Partivano, predicavano dappertutto e il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che l’accompagnavano. Allora la Chiesa primitiva sentì il bisogno di raccontare anche questo finale della vita di Gesù. Non dimentichiamo che questo è stato il primo Vangelo ad essere stato scritto, quindi è una rappresentazione figurativa molto aderente alla realtà. E narrando questi eventi, dire che il Signore aveva comandato di portarsi in tutto il mondo per annunciare il Vangelo, per comunicarlo».

La preghiera conclusiva nella cripta di San Gabriele

Da qui l’importanza della Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali: «In quanto – puntualizza monsignor Valentinetti – il Vangelo va comunicato, va ridetto in ogni epoca, in ogni circostanza, in ogni latitudine, in ogni cultura. Il Vangelo deve inculturarsi dentro la storia delle culture, delle nazioni. Deve passare, molte volte, anche attraverso il crogiolo dell’insignificanza e dell’incomprensione, ma sapendo che – ancora una volta – “il chicco di grano che cade per terra muore e produce molto frutto”. E finalmente i discepoli riescono a portare questo annuncio, riescono a portare – oserei dire – una rivoluzione culturale. Si confrontarono con la cultura greca, si confrontarono con la cultura romana, ancora oggi il Vangelo si confronta con le culture orientali, dell’America latina e dell’Africa. Ma il Vangelo resta sempre lo stesso, l’amore del Signore resta sempre quello. La proclamazione che Gesù Cristo è il Signore risorto dai morti, è veramente l’annuncio fondamentale che sta a cuore alla Chiesa. E se oggi celebriamo il Giubileo dei giornalisti, che cosa affidare nello loro mani? Che cosa affidare a chi ha i potenti mezzi della comunicazione tra le mani, i giornali, la televisione, la radio, i social? Affidiamo questa parola d’amore, affidiamo questa rivoluzione culturale». Al termine della liturgia eucaristica, l’arcivescovo di Valentinetti, i concelebranti e i giornalisti hanno attraversato la porta santa nel vecchio santuario, per poi recarsi nella cripta e pregare silenziosamente davanti l’urna con le spoglie di San Gabriele.

Stefano Pallotta, presidente dell’Ordine dei giornalisti d’Abruzzo

Soddisfatti i giornalisti presenti, che stanno assolvendo al loro difficile compito anche in questo tempo segnato dal Covid-19: «Abbiamo assolto il nostro ruolo di contatto e informazione dell’opinione pubblica – sottolinea Stefano Pallotta, presidente dell’Ordine dei giornalisti d’Abruzzo – e l’abbiamo fatto anche con grande oggettività ed obiettività, rispettando il dettato che Papa Francesco ha voluto affidarci, ovvero di tornare tra la gente comprendendo le esigenze vere delle persone. In questo momento grave di pandemia noi siamo stati vicini alle persone, mettendo in rilievo le loro esigenze e rispettando la regola dell’attenzione. Siamo tornati tra la gente in questo brutto periodo e questo ci fa onore».

Foto: Padre Vincenzo Fabri, ufficio stampa Santuario di San Gabriele

About Davide De Amicis (3928 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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