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Strage via D’Amelio: “Solo la communitas sconfigge i clan”

"Paolo Borsellino, e come lui Giovanni Falcone - afferma il presidente della Repubblica Mattarella -, sapevano bene che la lotta alla mafia richiede una forte collaborazione tra Istituzioni e società. Hanno intrapreso strade nuove, più efficaci, nelle indagini e nei processi. Hanno testimoniato, da uomini dello Stato, come le mafie possono essere sconfitte, hanno dimostrato che la loro organizzazione, i loro piani possono essere svelati e che i loro capi e i loro sicari possono essere assicurati alla giustizia. Per questo sono stati uccisi"

Lo ha affermato oggi l’arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice, celebrando una messa per il 29° anniversario dell’agguato

La strage di via D'Amelio, avvenuta il 19 luglio 1992 - Foto Ansa/Sir
Sergio Mattarella, presidente della Repubblica

Nell’odierno 29° anniversario della Strage di via D’Amelio a Palermo, si susseguono i messaggi di ricordo e cordoglio a partire da quello del presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «L’attentato di via D’Amelio, ventinove anni or sono – afferma -, venne concepito e messo in atto con brutale disumanità. Paolo Borsellino pagò con la vita la propria rettitudine e la coerenza di uomo delle Istituzioni. Con lui morirono gli agenti della scorta, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina. La memoria di quella strage, che ha segnato così profondamente la storia repubblicana, suscita tuttora una immutata commozione, e insieme rinnova la consapevolezza della necessità dell’impegno comune per sradicare le mafie, per contrastare l’illegalità, per spezzare connivenze e complicità che favoriscono la presenza criminale. Paolo Borsellino, e come lui Giovanni Falcone, sapevano bene che la lotta alla mafia richiede una forte collaborazione tra Istituzioni e società».

Un’immagine raffigurante Paolo Borsellino e i nomi dei suoi agenti di scorta

Per questo motivo, secondo il Capo della Stato, si sono spesi con ogni energia: «Da magistrati – ricorda Mattarella – hanno espresso altissime qualità professionali. Hanno intrapreso strade nuove, più efficaci, nelle indagini e nei processi. Hanno testimoniato, da uomini dello Stato, come le mafie possono essere sconfitte, hanno dimostrato che la loro organizzazione, i loro piani possono essere svelati e che i loro capi e i loro sicari possono essere assicurati alla giustizia. Per questo sono stati uccisi. Non si sono mai rassegnati e si sono battuti per la dignità della nostra vita civile. Sono stati e saranno sempre un esempio per i cittadini e per i giovani. Tanti importanti risultati nella lotta alle mafie si sono ottenuti negli anni grazie al lavoro di Borsellino e Falcone».

Infine il messaggio rivolto ai familiari delle vittime: «La Repubblica – conclude il Presidente della Repubblica – è vicina ai familiari di Borsellino e ai familiari dei servitori dello Stato, la cui vita è stata crudelmente spezzata per colpire le libertà di tutti. Onorare quei sacrifici, promuovendo la legalità e la civiltà, è un dovere morale che avvertiamo nelle nostre coscienze».

Mons. Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo

E stamani, nella Cattedrale di Palermo, l’arcivescovo locale monsignor Corrado Lorefice ha celebrato una messa in ricordo delle vittime della Strage di via D’Amelio: «Solo la communitas sconfigge il clan – afferma il presule nell’omelia -. Fare memoria di Paolo Borsellino è soprattutto fare memoria della ‘tranquillità’ di chi crede fino a disporre della propria vita, perché si percorrano insieme vie di umanizzazione e la città degli uomini conosca la qualità di una convivenza segnata dalla giustizia, dalla legalità, dalla libertà, dalla pace, dalla solidarietà. Quella auspicata è una città dove si respirano i valori più belli e alti della nostra Carta costituzionale. Una città capace di far festa, esperta di cammini di riscatto e di liberazione. Una città generativa e accogliente, capace di proporre un futuro di vita e di speranza alle nuove generazioni».

Per l’arcivescovo di Palermo è poi fondamentale il ruolo della fede: «Che postula la consapevolezza – sottolinea monsingnor Lorefice – della comune appartenenza e responsabilità della città che ti ha visto nascere, accolto e incluso nel libro della vita. Nel profeta-testimone (martire) prevale l’amore per il proprio popolo, per la propria gente, per la propria città, a maggior ragione perché sostenuto dalla fede». Infine, l’importanza della memoria: «Il racconto e la memoria viva di questo evento – conclude il presule – dovrà servire come sostegno, forza per ungere i cuori e mettere insieme le forze, come invito a tutti, lungo lo scorrere degli anni, per non disperare, non arrendersi, non consegnarsi alla paura, , tanto meno, cedere alle lusinghe dei nuovi faraoni. Ci è stato lasciato il segno dei martiri. Di questo segno facciamo memoria».

About Davide De Amicis (3871 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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