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Cammino cristiano: “Non è rincorsa al successo, inizia con un passo indietro”

"È difficile – ammette il Santo Padre all'incontro ecumenico di Bratislava - esigere un’Europa più fecondata dal Vangelo, senza preoccuparsi del fatto che non siamo ancora pienamente uniti tra noi nel continente e senza avere cura gli uni degli altri. Calcoli di convenienza, ragioni storiche e legami politici non possono essere ostacoli irremovibili sul nostro cammino"

Lo ha affermato ieri Papa Francesco, chiudendo il 52° Congresso eucaristico internazionale di Budapest

Papa Francesco e il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo (Foto Vatican Media/SIR)

Ieri a Budapest, in piazza degli Eroi, Papa Francesco è stato il secondo pontefice nella storia a presiedere la messa finale del 52° Congresso eucaristico internazionale che nel 1938 vide nella stessa capitale ungherese la presenza di Eugenio Pacelli come legato pontificio. Un appuntamento finale, quello di ieri, partecipato da 100 mila ungheresi accorsi a salutare il Santo Padre che transitava a bordo di una papamobile scoperta. All’inizio della celebrazione, tra l’altro, il Papa ha abbracciato il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo, presente alla liturgia: «L’Eucaristia – afferma Francesco nell’omelia – sta davanti a noi per ricordarci chi è Dio. Non lo fa a parole, ma concretamente, mostrandoci Dio come Pane spezzato, come amore crocifisso e donato. Possiamo aggiungere tanta cerimonia, ma il Signore rimane lì, nella semplicità di un Pane che si lascia spezzare, distribuire e mangiare. Per salvarci, si fa servo; per darci vita, muore. Anche noi vorremmo un messia potente anziché un servo crocifisso. Ci fa bene lasciarci sconvolgere dall’annuncio di Gesù».

Quindi Papa Bergoglio ha fatto riferimento al dialogo evangelico tra Pietro e Gesù nel quale: «Gesù – ricorda – impone il silenzio sulla sua identità messianica, non però sulla croce che lo attende. Anzi, Gesù comincia ad insegnare apertamente che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Di fronte a questo annuncio di Gesù, annuncio sconvolgente, possiamo rimanere anche noi esterrefatti». Proseguendo l’omelia, Papa Francesco ha quindi riflettuto sulla croce: «Non è mai di moda – constata -, oggi come in passato. Ma guarisce dentro. Quando si profila la croce, la prospettiva del dolore, l’uomo si ribella. E Pietro, dopo aver confessato la messianicità di Gesù, si scandalizza delle parole del Maestro e tenta di dissuaderlo dal procedere sulla sua via. È davanti al Crocifisso che sperimentiamo una benefica lotta interiore, l’aspro conflitto tra il “pensare secondo Dio” e il “pensare secondo gli uomini”».

Dunque si contrappongono due scuole di pensiero: «Da un lato – osserva il Papa -, c’è la logica di Dio, che è quella dell’amore umile. La via di Dio rifugge da ogni imposizione, ostentazione e trionfalismo, è sempre protesa al bene altrui, fino al sacrificio di sé. Dall’altro lato c’è il “pensare secondo gli uomini”. È la logica del mondo, della mondanità, attaccata all’onore e ai privilegi, rivolta al prestigio e al successo. Qui contano la rilevanza e la forza, ciò che attira l’attenzione dei più e sa farsi valere di fronte agli altri». Una logica, quest’ultima, alla quale nessuno di noi è estraneo: «Può capitare anche a noi – ammette il Pontefice – di mettere il Signore in disparte, di metterlo in un angolo del cuore, continuando a ritenerci religiosi e per bene e ad andare avanti per la nostra strada senza lasciarci conquistare dalla logica di Gesù. Egli però ci accompagna in questa lotta interiore perché desidera che, come gli apostoli, scegliamo la sua parte».

Il palco che ha ospitato la santa messa

Dunque, a detta del Santo Padre, c’è la parte di Dio e c’è la parte del mondo: «La differenza – precisa – non è tra chi è religioso e chi no. La differenza cruciale è tra il vero Dio e il dio del nostro io. Quanto è distante Colui che regna in silenzio sulla croce dal falso dio che vorremmo regnasse con la forza e riducesse al silenzio i nostri nemici! Quanto è diverso Cristo, che si propone solo con amore, dai messia potenti e vincenti adulati dal mondo! Gesù ci scuote, non si accontenta delle dichiarazioni di fede, ci chiede di purificare la nostra religiosità davanti alla sua croce, davanti all’Eucaristia». Partendo da questo presupposto, Papa Bergoglio ha quindi rivolto un invito ai credenti: «Ci fa bene – suggerisce – stare in adorazione davanti all’Eucaristia per contemplare la fragilità di Dio. Dedichiamo tempo all’adorazione, un modo di pregare che si dimentica troppo. Lasciamo che Gesù Pane vivo risani le nostre chiusure e ci apra alla condivisione, ci guarisca dalle rigidità e dal ripiegamento su noi stessi; ci liberi dalla schiavitù paralizzante del difendere la nostra immagine, ci ispiri a seguirlo dove lui vuole condurci».

Quindi la conclusione dell’omelia: «Il cammino cristiano – riassume Papa Francesco – non è una rincorsa al successo, ma comincia con un passo indietro, con un decentramento liberatorio, con il togliersi dal centro della vita. Camminare dietro a Gesù è andare avanti nella vita con la sua stessa fiducia, quella di essere figli amati di Dio. È percorrere la stessa via del Maestro, venuto per servire e non per essere servito. È muovere ogni giorno i nostri passi incontro al fratello. Lì ci spinge l’Eucaristia, a sentirci un solo corpo, a spezzarci per gli altri. Lasciamo che l’incontro con Gesù nell’Eucaristia ci trasformi, come ha trasformato i santi grandi e coraggiosi che onorate, penso a Santo Stefano e Santa Elisabetta. Come loro, non accontentiamoci di poco; non rassegniamoci a una fede che vive di riti e di ripetizioni, apriamoci alla novità scandalosa del Dio crocifisso e risorto, Pane spezzato per dare vita al mondo. Saremo nella gioia; e porteremo gioia. Questo Congresso eucaristico internazionale è un punto di arrivo di un percorso, ma sia soprattutto un punto di partenza».

L’ANGELUS. “CHE LA CROCE SIA IL VOSTRO PONTE TRA PASSATO E FUTURO”

Nell’Angelus successivo alla messa, il Papa ha poi ringraziato i cristiani ungheresi: «Grazie alla grande famiglia cristiana ungherese – afferma -, che desidero abbracciare nei suoi riti, nella sua storia, nelle sorelle e nei fratelli cattolici e di altre Confessioni, tutti in cammino verso la piena unità. A questo proposito saluto di cuore il Patriarca Bartolomeo, Fratello che ci onora con la sua presenza. Grazie, in particolare, ai miei amati fratelli vescovi, ai sacerdoti, ai consacrati e alle consacrate, e a tutti voi, cari fedeli!» Poi il ringraziamento a tutto il popolo ungherese, esprimendo un auspicio: «Che la croce – si augura Francesco – sia il vostro ponte tra il passato e il futuro. Il sentimento religioso è la linfa di questa nazione, tanto attaccata alle sue radici. Ma la croce, piantata nel terreno, oltre a invitarci a radicarci bene, innalza ed estende le sue braccia verso tutti. Esorta a mantenere salde le radici, ma senza arroccamenti; ad attingere alle sorgenti, aprendoci agli assetati del nostro tempo. Il mio augurio è che siate così: fondati e aperti, radicati e rispettosi».

Infine ancora un riferimento al Congresso eucaristico internazionale: «La Croce della missione è il simbolo di questo Congresso – ricorda il Papa -. Vi porti ad annunciare con la vita il Vangelo liberante della tenerezza sconfinata di Dio per ciascuno. Nella carestia di amore di oggi, è il nutrimento che l’uomo attende». La chiusura finale dedicata a due nuovi importanti beati: «Oggi, non lontano da qua – conclude il Papa -, a Varsavia, vengono proclamati Beati due testimoni del Vangelo (il cardinale Stefan Wyszyński ed Elisabetta Czacka, fondatrice delle Suore Francescane Serve della Croce). Due figure che conobbero da vicino la croce. Il Primate di Polonia, arrestato e segregato, fu sempre pastore coraggioso secondo il cuore di Cristo, araldo della libertà e della dignità dell’uomo; Suor Elisabetta, che giovanissima perse la vista, dedicò tutta la vita ad aiutare i ciechi. L’esempio dei nuovi Beati ci stimoli a trasformare le tenebre in luce con la forza dell’amore».

L’INCONTRO ECUMENICO IN SLOVACCHIA: “SERVE PIENA COMUNIONE PER UN’EUROPA CHE RITROVI LE RADICI CRISTIANE”

Nella seconda e ultima tappa del suo viaggio apostolico Papa Francesco si è trasferito in Slovacchia, presso la Nunziatura apostolica di Bratislava, per partecipare ad un incontro ecumenico: «Come possiamo auspicare un’Europa che ritrovi le proprie radici cristiane – s’interroga il Papa – se siamo noi per primi sradicati dalla piena comunione? Come possiamo sognare un’Europa libera da ideologie, se non abbiamo il coraggio di anteporre la libertà di Gesù alle necessità dei singoli gruppi dei credenti?». In seguito ai presenti, tra i quali spiccava l’arcivescovo greco-cattolico di Prešov Ratislav definito “fratello”, il Pontefice ha proposto di fare “mea culpa”: «È difficile – ammette il Santo Padre – esigere un’Europa più fecondata dal Vangelo, senza preoccuparsi del fatto che non siamo ancora pienamente uniti tra noi nel continente e senza avere cura gli uni degli altri. Calcoli di convenienza, ragioni storiche e legami politici non possono essere ostacoli irremovibili sul nostro cammino».

Quindi la provocazione di Papa Bergoglio: «Qui – rilancia -, dal cuore dell’Europa, viene da chiedersi, noi cristiani abbiamo un po’ smarrito l’ardore dell’annuncio e la profezia della testimonianza? È la verità del Vangelo a farci liberi, oppure ci sentiamo liberi quando ricaviamo comfort zone che ci permettono di gestirci e di andare avanti tranquilli senza particolari contraccolpi? E ancora, accontentandoci di pane e sicurezze, abbiamo forse perso lo slancio nella ricerca dell’unità implorata da Gesù, unità che certamente richiede la libertà matura di scelte forti, rinunce e sacrifici, ma è la premessa perché il mondo creda?».

Da qui l’invito: «Non interessiamoci solo di quanto può giovare alle nostre singole comunità – si appella Papa Francesco -. La libertà del fratello e della sorella è anche la nostra libertà, perché la nostra libertà non è piena senza di lui e di lei. Qui l’evangelizzazione è sorta in modo fraterno, portando impresso il sigillo dei santi fratelli di Tessalonica Cirillo e Metodio. Essi, testimoni di una cristianità ancora unita e infuocata dall’ardore dell’annuncio, ci aiutino a proseguire nel cammino coltivando la comunione fraterna tra di noi nel nome di Gesù. Ci aiutino i Santi Cirillo e Metodio, precursori dell’ecumenismo, a prodigarci per una riconciliazione delle diversità nello Spirito Santo; per un’unità che, senza essere uniformità, sia segno e testimonianza della libertà di Cristo, il Signore che scioglie i lacci del passato e ci guarisce da paure e timidezze».

About Davide De Amicis (4378 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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