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1.200 afghani in Italia, Cei: “Buona notizia. Che coinvolga di più l’Europa”

"Giusto che si salvino queste persone, è ingiusto che sia solo l’Italia - sottolinea Luciana Lamorgese, ministra dell'interno -. Ingiusto enormemente, perché non può essere un carico che deve avere un solo Paese solo perché è di primo approdo. Serve un’Europa più solidale, più responsabile, più partecipativa a quelli che sono i problemi che non possono ricadere soltanto su alcuni Stati"

Lo ha affermato il segretario generale della Cei monsignor Stefano Russo, firmando l’adesione al corridoio umanitario

Il segretario generale della Cei monsignor Stefano Russo, con il capo dipartimento Libertà civili del Ministero dell'interno Michele Di Bari

È stato firmato ieri presso il Ministero dell’Interno a Roma un protocollo che permetterà – grazie ad un accordo con il Ministero dell’Interno e il Ministero degli Esteri – l’arrivo di un contingente di 1.200 profughi afghani, rifugiati nei Paesi limitrofi, a causa della crisi che si è prodotta dallo scorso agosto con il ritorno dei talebani alla guida del Paese. Si faranno carico dell’accoglienza la Caritas Italiana per un totale di 300 migranti, la Comunità di Sant’Egidio (200 migranti), la Tavola Valdese e la Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (200 migranti) e l’Arci (100 migranti), mentre 400 migranti saranno a carico del Ministero dell’Interno il quale gestirà anche il trasporto aereo: «Si tratta quindi di un grande sforzo umanitario» afferma il prefetto Michele Di Bari, capo del Dipartimento Libertà civili e Immigrazione del Ministero dell’Interno, auspicando che il progetto possa presto “allargarsi” e permettere l’arrivo fino a 2 mila rifugiati.

La conferenza per la firma del protocollo di accoglienza

Ha poi preso la parola il segretario generale della Conferenza episcopale italiana, monsignor Stefano Russo: «Quando è scoppiata la crisi afghana – sottolinea il presule, prendendo la parola alla cerimonia della firma del protocollo –, abbiamo pensato subito e condiviso il fatto che uno dei modi più importanti per farsi prossimi a questa popolazione era quello dei corridoi umanitari che abbiamo sperimentato anche in altre occasioni. Da parte nostra c’è l’impegno costante, non da adesso ma da sempre, di un coinvolgimento e di una partecipazione al progetto di tutte le comunità cristiane. Dietro a queste firme, dietro a questo atto così semplice, lo sappiamo bene, c’è un lavoro che ha preceduto e che inizia e coinvolge tanti. Speriamo che questo progetto possa diventare sempre più una buona notizia che si diffonde e possa coinvolgere sempre più Paesi europei».

Ha espresso la propria soddisfazione anche il presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo: «L’Italia è un Paese che ha una chiara vocazione umanitaria – ricorda -. Questo corridoio nasce da un grande sentimento emerso nel popolo italiano durante il mese di agosto, quando abbiamo visto le immagini tragiche dell’evacuazioni dei cittadini afghani da Kabul. Abbiamo voluto dare una risposta a questo grande movimento per non dimenticare nessuno, quelli rimasti sul terreno e quelli che sono riusciti ad andare in Paesi limitrofi». Il sistema dei corridoi umanitari, secondo Impagliazzo, si dimostra essere sempre più un  mezzo «importante e innovativo perché permette nella via della legalità un percorso di accoglienza e integrazione».

Ha quindi preso la parola anche Daniele Garrone, neo-presidente della Fcei, sottolineando il valore della sinergia tra Stato e Chiese nel promuovere e sostenere il progetto dei corridoi umanitari, auspicando che diventi «una buona pratica anche per tutta l’Europa», nella consapevolezza che le migrazioni non sono «una emergenza temporanea», ma un «fenomeno del cambiamento epocale».

A sinistra la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese

È stata quindi la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese a fare il punto della situazione sul soccorso italiano ai migranti: «Sono in atto interventi in Libia di salvataggio – ricorda -. Abbiamo delle navi di ong che stanno portando tanti migranti a bordo. Io vorrei dire… Giusto che si salvino queste persone, è ingiusto che sia solo l’Italia. Ingiusto enormemente, perché non può essere un carico che deve avere un solo Paese solo perché è di primo approdo. Serve un’Europa più solidale, più responsabile, più partecipativa a quelli che sono i problemi che non possono ricadere soltanto su alcuni Stati».

Soprattutto in questo tempo di pandemia: «È ingiusto – aggiunge – anche perché siamo in un momento di pandemia. Abbiamo effettivamente delle difficoltà operative ed organizzative. Di questo ne ho sempre parlato alla commissaria europea. Lo farò anche in questi giorni, perché ci sia una maggiore partecipazione anche da parte degli altri Paesi per quanto riguarda una giusta ridistribuzione. Una ridistribuzione non soltanto di uomini, ma ridistribuzione di responsabilità secondo un principio di solidarietà che dovrebbe essere principio cardine su cui l’Europa si è formata. Se non ci sono questi ideali comuni, è un male per l’Europa stessa».

About Davide De Amicis (3698 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Oltre ad essere redattore del portale La Porzione.it è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa metropolitana di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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