“Rivediamo le nostre priorità, Cristo ci chiede di tornare a lui!”
"Questo annuale appuntamento - sottolinea don Michele Cocomazzi - che caratterizza il nostro stare insieme, e insieme al Signore, anche quest'anno ha visto la numerosissima partecipazione di fedeli e pellegrini. Sin dalle prime ore dell'alba, migliaia di fedeli hanno raggiunto a piedi – percorrendo anche decine di chilometri - questo luogo che noi tutti consideriamo una seconda casa. Un luogo privilegiato per l'incontro col Signore, un luogo che trasuda spiritualità, devozione autentica, un luogo nel quale tantissime persone sono state condivise, un luogo nel quale tante volte il cuore è tornato sereno"
Don Michele Cocomazzi, parroco e vicario foraneo di Castiglione Messer Raimondo, presiede la liturgia eucaristica della festa di San Donato Martire

Una grande partecipazione di fedeli, come ogni anno, anche ieri ha fatto da bella cornice alla festa di San Donato Martire nell’omonimo santuario di Castiglione Messer Raimondo di cui è patrono, unitamente alla zona teramana dell’Arcidiocesi di Pescara-Penne. Alle 19 è stato il parroco, rettore del Santuario e vicario foraneo di Castiglione Messer Raimondo don Michele Cocomazzi a presiedere la santa messa, concelebrata dal vicario generale dell’Arcidiocesi di Pescara-Penne don Amadeo José Rossi (che ha portato i saluti dell’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti), dal direttore dell’Istituto superiore di Scienze religiose “Giuseppe Toniolo” di Pescara don Alessio De Fabritiis e dai parroci della forania di Castiglione Messer Raimondo, alla presenza presidente della Provincia di Teramo Camillo D’Angelo, del sindaco di Castiglione Messer Raimondo Vincenzo D’Ercole, ai quali si sono aggiunti i sindaci della vallata del Fino e del Medio Vomano, nonché i primi cittadini di Penne Gilberto Petrucci e di Isola del Gran Sasso (Teramo) Andrea Ianni.
LA GRANDE DEVOZIONE VERSO SAN DONATO MARTIRE
D’altra parte, la devozione verso la figura di San Donato Martire è forte e, non a caso, il 14 dicembre 2019 la Penitenzieria apostolica vaticana – su richiesta dell’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti – ha concesso l’indulgenza plenaria «a tutti i fedeli in Cristo – si legge nel documento ufficiale della Penitenzieria apostolica -, i quali potranno applicarla a mo’ di suffragio anche alle anime dei fedeli che si trovano in purgatorio. Tutto questo purché i fedeli siano sinceramente penitenti, confessati e, accostati alla comunione eucaristica, visiteranno devotamente il Santuario di San Donato Martire a Castiglione Messer Raimondo il giorno 7 di ogni mese (negli anniversari della memoria liturgica del Santo) o il giorno 15 dicembre di ogni anno (data di anniversario della consacrazione del Santuario di San Donato Martire), partecipandone ai solenni riti o almeno, per un congruo spazio di tempo, si applicheranno in pie riflessioni, concludendo con la recita del Padre Nostro, del Credo e rivolgendo suppliche alla Beata Vergine Maria e a San Donato Martire».
L’OMELIA DI DON MICHELE COCOMAZZI

E infatti ogni mese si susseguono i pellegrinaggi dei fedeli che si recano nel Santuario di Castiglione Messer Raimondo, che conserva le spoglie mortali del santo. Pellegrinaggi che giovedì, in particolare, sono giunti nella località teramana fin dalle prime ore del mattino, i cui partecipanti sono stati accolti da nove liturgie eucaristiche celebrate nel corso della giornata: «Amati fratelli e sorelle in Cristo Signore – esordisce il parroco don Michele Cocomazzi, pronunciando l’omelia -, cari devoti di San Donato, è con gioia grande che a ciascuno di voi rivolgo una parola di benvenuto in questo luogo santo che Donato martire ha voluto abitare in mezzo alle nostre case. Questo annuale appuntamento che caratterizza il nostro stare insieme, e insieme al Signore, anche quest’anno ha visto la numerosissima partecipazione di fedeli e pellegrini. Sin dalle prime ore dell’alba, migliaia di fedeli hanno raggiunto a piedi – percorrendo anche decine di chilometri – questo luogo che noi tutti consideriamo una seconda casa. Un luogo privilegiato per l’incontro col Signore, un luogo che trasuda spiritualità, devozione autentica, un luogo nel quale tantissime persone sono state condivise, un luogo nel quale tante volte il cuore è tornato sereno. Tante volte le nostre lacrime sono scese per impetrare al cielo, per intercessione di San Donato, quelle grazie di cui più abbisogniamo. Un luogo in cui tante volte ci siamo rallegrati e abbiamo esultato, come la Vergine Maria, nel godere e nel constatare la presenza di questo “amico del cielo”, Donato, che ci ha accompagnato nelle traversie della vita, nelle inquietudini e nei turbamenti, e ci ha ricondotto alla serenità. Questo sempre per volontà e per mandato di nostro Signore, meta ultima di ogni nostro pellegrinaggio, luogo spirituale e personale di pace, di gioia, di risurrezione».
Quindi il presbitero ha approfondimento della Parola del giorno, partire dall’episodio narrato dal Libro dei Numeri (Nm 20,1-13), in cui avviene il miracolo dell’acqua che sgorga dalla roccia: «Abbiamo visto come questo popolo – osserva don Michele -, proiettato alla libertà, si ribella continuamente all’ottica provvidente di Dio che lo guida nel deserto. Arrivano al punto di maledire il giorno in cui sono usciti dalla schiavitù dell’Egitto, dove si trovavano a mangiare e a bere, dimenticando l’esser stati privati della dignità di uomini. “Perché ci hai portato in questo deserto a morire?” È una grande mancanza di fiducia la fiducia che hanno verso Dio e verso la loro guida, Mosè, che come potete ben immaginare si trova spesso tra l’incudine e il martello. Da una parte vuole aver fiducia di Dio, che lo ha condotto ad essere guida di questo popolo, mentre dall’altra parte si sente pressare dalla sua gente che vuole, che pretende. Sono le stesse logiche che spesso albergano anche nel nostro cuore, cari fratelli e sorelle, quando dubitiamo della provvidenza di Dio e innalziamo al cielo il nostro grido in maniera quasi altezzosa, inopportuna, manchevole di quella fiducia propria che, in quanto figli di Dio, dobbiamo necessariamente nutrire verso il cielo. Oggi il Signore, in questo avvenimento dell’acqua che sgorga dalla roccia a Meriba, ricorda a ciascuno di noi che il Signore sa quello che deve fare nella nostra vita e come lo deve fare e quando lo deve fare. A noi un’adesione totale a quello che è il suo progetto su ciascuno, perché è un progetto di salvezza, è un progetto di bene. Oggi siamo invitati a guardare a San Donato, che nella sua esistenza ha disprezzato le lusinghe, i fasti del mondo e perfino la sua incolumità fisica, per darsi totalmente ad una testimonianza tanto eloquente, che è sfociata nel versare il sangue e nell’offerta suprema del bene più prezioso, quello della vita, che per quanto prezioso possa essere, in realtà nessuno di noi appartiene davvero, perché da Dio viene, per Dio è vissuta e a Dio ritorna».

Da qui un primo insegnamento che, dalla Parola di Dio, possiamo estrapolare per la nostra esistenza attuale: «Oggi il Signore vuole dire a ciascuno di noi – precisa il rettore del Santuario di San Donato Martire – che è importante ricalibrare quelle che sono le nostre logiche di precedenza, quelle che sono le nostre priorità. Rimettere in discussione un po’ tutte quelle dinamiche che fanno parte della nostra quotidianità e che ci approcciano a Dio in maniera a volte molto egocentrica, autoreferenziale e personalistica. Oggi il Signore dice a noi, qui riuniti a festeggiare San Donato, che è necessario un ritorno reale a Lui. Un cammino di conversione autentica, perché è nel dialogo e nel rapporto con il Signore che scaturisce per ciascuno di noi la certezza che Egli è Figlio di Dio. Una professione che Pietro fa nel Vangelo e che noi tutti siamo chiamati a fare nostra, a reincarnare, a riprofessare con lo stesso sgancio apostolico. Ma a Pietro questi pensieri, non ispirati da sapienza umana ma dallo Spirito di Dio, come lo stesso nostro Signore dice, arrivano dopo un discorso assai largo che introduce Gesù, che davvero in quanto Maestro vuole educare i suoi più intimi ad un cammino di sequela radicale e autentica e, prima di annunziare a loro il dramma sconvolgente della Passione, ha bisogno di sapere con chi ha a che fare. Anche a noi questo spesso capita. Nei momenti più salienti della nostra vita, ci guardiamo attorno e vogliamo fare un po’ di verità per capire di chi davvero ci possiamo, o meno, fidare, per comprendere se chi ci sta vicino ha acquisito e ha fatto sue quelle che sono le nostre stesse logiche. E Gesù parte da lontano. Parlando con i suoi discepoli, dice “Chi dice la gente che io sia?” La gente… Questo termine collettivo che significa “tutti e nessuno”. Questo termine che, anche nei nostri paesi, mette tanta inquietudine nel cuore e che spesso toglie perfino il sonno a quegli uomini e a quelle donne che vivono nell’insicurezza costante e nel desiderio e nella brama di vedersi continuamente confermati dagli altri, lungi dal compiere ciò che è giusto a prescindere. La gente… La gente dice… E chi è la gente? Quando non c’è un volto, quando non c’è un nome, le persone che rivendicano la dignità dei figli di Dio non temono, perché la gente è niente. La gente è vento che passa, è come pula che si disperde. E infatti, siccome si parla del niente, tutti i discepoli parlano… “Alcuni dicono che tu sei Elia, altri Geremia, qualcuno dei profeti, Giovanni Battista”. E chi più ne ha più ne metta perché, sapete, sono passati duemila anni, ma le cose non sono mutate tanto. Quando bisogna riportare quello che dicono gli altri, tutti si sentono titolati a prendere la parola. La cosa si fa seria quando il Maestro interroga loro… Della serie, la gente dica quel che vuole, ma voi (che state con me), chi dite che io sia? Cala il silenzio nel collegio apostolo, perché certamente diventa difficile metterci la faccia. Diventa impegnativo coinvolgersi assumendo delle responsabilità. E nessuno parla, se non Pietro ispirato da Dio che lo ha prescelto e dal Signore che lo ha confermato a capo del collegio apostolico».
A questo punto, il parroco del Santuario di San Donato Martire ha ricordato l’importanza del primato papale, sul quale l’intera Chiesa trova il suo fondamento: «Ecco perché – puntualizza il sacerdote – noi per fede, quella stessa apostolica fede, crediamo che nella figura del successore di Pietro c’è questa roccia consolidata dalla provvidenza di Dio, mediante la quale la Chiesa ancora viene condotta, guidata tra le pieghe della storia e tra le tempeste. Il Papa verso il quale noi tutti, a prescindere dal suo nome, dalla sua provenienza, dalla sua formazione, desideriamo sempre essere uniti da un vincolo profondo di comunione e di adesione al suo magistero e alle sue parole, perché è lui che ci conduce. Questo Pietro che il Signore ha scelto nella consapevolezza dei suoi limiti, questo Pietro che di lì a poco, dopo essere stato costituito punto di riferimento del gruppo, si permette perfino di rimproverare Gesù, che sta annunziando la sua Passione. Sono delle parole dure, i discepoli non le vogliono ascoltare. E Pietro, adesso forse un po’ più autorizzato di prima nel prendere la parola, dice “Questo non accadrà mai!”. Come ci fa paura la sofferenza! Come vogliamo fuggire dai progetti di Dio che ci vanno stretti e che noi non condividiamo, non facciamo nostri, come spesso anche noi vogliamo insegnare a Dio come fare Dio. E qui Gesù interviene, “Vai dietro a me, Satana”. Colui che aveva appena chiamato “pietra” sulla quale avrebbe edificato la sua Chiesa, adesso viene apostrofato Satana, divisore, colui che mette zizzania, colui che reca inquietudine, colui che “nemico dell’umana natura“ – come lo chiamava Sant’Ignazio di Loyola – crea disagio ai progetti di Dio presso gli uomini. “Vai dietro a me, ritorna a fare il discepolo, metti i passi dove io li metto, impara che ciò che tu dovrai incarnare e vivere, è ciò che io ti ho insegnato. Non ciò che tu desideri, non ciò che tu pensi, non ciò che tu credi, ma ciò che io ti ho detto di insegnare, ciò che io ti ho detto di credere, ciò che io ti ho proposto, ciò che io ti ho indicato e verso il quale ti sto indirizzando con pazienza, con misericordia e al contempo con fermezza”. E di lì inizierà l’ascesa a Gerusalemme, dove questi fatti terribili e gloriosi accadranno, dove le lacrime della passione, crocifissione e morte di nostro Signore, si mescoleranno a quelle gioiose dei primi testimoni della risurrezione. E in questa cornice i primi credenti, come il nostro patrono Donato, che tanto hanno incarnato e tanto hanno vissuto questi insegnamenti, da offrire il sacrificio supremo del proprio essere tra gli uomini proiettati a Dio, verso il gaudio eterno».
Quindi l’invocazione finale di don Michele Cocomazzi: «Allora, fratelli miei – conclude il vicario foraneo di Castiglione Messer Raimondo -, chiediamo anche noi oggi al Signore, e lo vogliamo ancora una volta chiedere per intercessione di San Donato e di tutti i nostri fratelli di fede che abbiamo come avvocati presso il cielo, di essere testimoni – oltre che devoti – di queste gloriosi virtù, di questi uomini e di queste donne che oggi, agli onori degli altari, si fanno intercessori presso Dio. Sia lodato Gesù Cristo».
IL SALUTO DELL’ARCIVESCOVO VALENTINETTI PORTATO DA DON AMADEO JOSÈ ROSSI

Al termine, è stato il vicario generale dell’Arcidiocesi di Pescara-Penne a portare il ringraziamento e i saluti dell’arcivescovo: «In nome di Sua Eccellenza, Monsignor Tommaso Valentinetti – afferma don Amadeo José Rossi, un saluto di fraternità e sinodalità a tutta la parrocchia di San Donato in Castiglione Messer Raimondo, così come questo saluto vuole arrivare a tutte le altre comunità che sono servite dai sacerdoti di questa cara parrocchia. Un saluto fraterno ai confratelli sacerdoti qui presenti nella concelebrazione e a coloro, come diceva bene il nostro caro reverendissimo don Michele, che si sono avvicinati questa mattina, recati in questo santuario dalle 5 del mattino con le parrocchie, con i pellegrini, per celebrare l’Eucaristia. Un saluto anche al diacono transeunte (Riccardo Di Ciano, che verrà ordinato sacerdote il prossimo 6 settembre nella Cattedrale di San Cetteo) e al diacono permanente. Un saluto alle autorità civili e militari che ci accompagnano, in modo particolare ai sindaci qui presenti. In questa capella alla mia destra, ci sono tutti i simboli che ricordano a questi comuni della sponda del Teramano dell’Arcidiocesi di Pescara Penne. Questa bella chiesa quando, nel 2019, è stata riaperta – unitamente alla Congrega – è stata dichiarata dall’arcivescovo santuario diocesano per la sponda del Teramano. Un saluto anche agli accoliti, ai ministranti, ai chierichetti che servono all’altare e in modo particolare anche, non ultimo, al reverendissimo sacerdote don Michele (canonico) Cocomazzi, che tutti noi apprezziamo, io in modo particolare. Carissimo don Michele, ci uniscono sentimenti di amicizia sincera, di fraternità, di sinodalità, ma soprattutto di comunione in Cristo Gesù. Per me è anche una gioia grande, non solo un onore, essere qui, accompagnandoti insieme alla comunità e a tutti i pellegrini che sono venuti da altre parti, anche dal Teramano e da altre province abruzzesi. Che San Donato martire ci benedica, ci custodisca, e una preghiera particolare per i malati, per i sofferenti di questa comunità, per gli ultimi. Che possiamo veramente camminare insieme nel Signore, perché possiamo vivere quello che il Signore ci chiede. E a tutte le autorità che stanno fuori dalla chiesa, compiendo un servizio insieme al Comitato, insieme al Comune di Castiglione, che il Signore benedica tutti e li accompagni sempre e che Maria Santissima, nostra Madre, ci protegga, e che possiamo vivere questo giorno e questa processione, che tra poco faremo insieme, come un cammino nel Signore. Che Dio benedica tutti».
LA PROCESSIONE DELL’URNA DI SAN DONATO MARTIRE
Ed è stata proprio la processione dell’urna di San Donato Martire, sulle strade del centro storico di Castiglione Messer Raimondo, a concludere la solenne liturgia eucaristica: «L’urna del santo – puntualizza don Michele Cocomazzi – è stata fatta uscire in processione in via straordinaria, essendo questo l’anno giubilare. Dopo questa occasione, l’urna tornerà ad uscire – con il suo sacro deposito del corpo di San Donato – nel 2030. Negli anni mezzani verrà portata in processione la statua».


