Fame: “Ne soffrono 295 milioni di persone, metà a causa della guerra”
Grave carestia a Gaza: "Senza accesso umanitario immediato e continuativo – aggiunge Stefano Piziali, direttore generale di Cesvi – il rischio è lasciare una popolazione stremata a un destino segnato. Serve un impegno globale per una pace sostenibile e la ricostruzione"
La fame e la sete che, in Kenya, colpiscono il 27% della popolazione
Oltre 295 milioni di persone, nel mondo, soffrono di fame acuta, di cui quasi la metà a causa di conflitti armati. È questo un dato che supera il doppio della popolazione italiana, con la fame che viene sempre più usata come arma di guerra. Lo ha denunciato l’Indice Globale della Fame 2025 (Global Hunger Index – Ghi), uno dei principali rapporti internazionali sulla misurazione della fame nel mondo, elaborato da Cesvi per l’edizione italiana e redatto da Welthungerhilfe (Whh), Concern Worldwide e Institute for International Law of Peace and Armed Conflict (Ifhv).
Gaza è l’esempio più attuale e drammatico. Negli ultimi due anni, sono stati censiti 461 decessi legati alla malnutrizione, con oltre 270 solo nel 2025, di cui 157 bambini. Oltre 320 mila minori, al di sotto dei 5 anni, sono a rischio di malnutrizione acuta e almeno 20 mila persone sono morte o rimaste ferite mentre cercavano di procurarsi cibo o tentavano di accedere agli aiuti umanitari. Dal rapporto è emerso che in 7 Paesi la fame ha raggiunto livelli “allarmanti”, e in altri 35 è considerata “grave”. Guardando all’evoluzione del fenomeno, dal 2016 a oggi i progressi globali nella lotta alla fame sono stati minimi: «Con i ritmi attuali – ammonisce Gigi Riva, editorialista di Domani e scrittore, nella prefazione -, l’obiettivo “fame zero” sarà raggiunto solo nel 2137».
Nel frattempo, a Gaza si registra una vera e propria carestia, con circa 641 mila persone attese in condizioni di catastrofe e 1,14 milioni in emergenza. I prezzi alimentari sono aumentati del 3.400%, la produzione agricola è quasi eliminata e oltre il 98% dei terreni coltivabili è inaccessibile. Cesvi, attiva nei Territori Palestinesi dal 1994, ha assicurato il proprio intervento anche durante il conflitto, consentendo di avere acqua potabile, igiene e sostegno nutrizionale a migliaia di sfollati: «Senza accesso umanitario immediato e continuativo – aggiunge Stefano Piziali, direttore generale di Cesvi – il rischio è lasciare una popolazione stremata a un destino segnato. Serve un impegno globale per una pace sostenibile e la ricostruzione». Il rapporto ha inoltre denunciato una tendenza globale: quasi il 50% dei casi di fame acuta nel 2024 è stato causato da conflitti, spesso aggravati dalla distruzione intenzionale di infrastrutture e dall’uso della fame come strategia bellica. In Somalia, Sudan, Yemen, Haiti e Madagascar la situazione è drammatica.
Cesvi, a tal proposito, lancia un appello urgente: «Garantire il diritto al cibo come diritto umano – rilancia l’organizzazione umanitaria – e mettere fine all’impunità per chi trasforma la fame in arma». Parlando poi dell’Africa, la regione a sud del Sahara ha ancora il triste primato mondiale di mortalità infantile sotto i 5 anni: in Chad, Niger, Nigeria e Somalia il livello resta molto allarmante. In Sudan e Sud Sudan la guerra in atto dal 2023 ha frammentato i sistemi alimentari, ostacolato la distribuzione degli aiuti e provocato lo sfollamento di milioni di persone. Inoltre, metà del 2024 è stata confermata la carestia in alcune aree del Darfur, con circa 760 mila persone in condizioni di insicurezza alimentare a livello catastrofe.
In Asia meridionale, invece, la denutrizione colpisce ancora quasi 1 persona su 8, e in questa regione si trova quasi il 40% della popolazione denutrita a livello globale. I livelli di denutrizione sono in aumento rispetto al 2016 e Afghanistan, Pakistan e Sri Lanka rilevano livelli di fame in aumento. In Asia Occidentale e in Nord Africa la violenza armata in Paesi come Siria, Yemen, Territori Palestinesi occupati ha gravemente compromesso la produzione agricola e i sistemi alimentari, portando milioni di persone a diventare milioni gli sfollati e riducendo le possibilità di accesso al cibo.
Nella regione dell’Asia orientale e Sud Est Asiatico, infine, tra i Paesi che affrontano le difficoltà peggiori c’è il Myanmar, con un punteggio pari a 15,3 (fame moderata). L’inasprirsi della violenza e il terremoto del marzo 2025 hanno provocato circa 3 milioni di sfollati e messo oltre 14 milioni di persone, corrispondenti al 25% della popolazione, in condizioni di insicurezza alimentare critiche. Ma al di là di queste criticità, dal 2016 alcuni Paesi hanno registrato progressi significativi: Bangladesh, Nepal, Togo, India, Etiopia, Angola e Sierra Leone.