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“È finita la cristianità come ordine di potere, ma non il cristianesimo”

"Ora si apre una fase nuova - afferma il cardinale Zuppi -, che interpella in particolare noi pastori nell’esercizio della collegialità e in quel presiedere la comunione così decisivo, perché la sinodalità diventi forma, stile, prassi per una missione più efficace nel mondo"

Lo ha affermato oggi pomeriggio il cardinale presidente della Cei Matteo Zuppi, aprendo i lavori dell’81ª Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana in corso fino al 20 novembre

Il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei - Ph: Cristian Gennari/Siciliani

Si è aperta oggi pomeriggio alla Domus Pacis di Assisi l’81ª Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana, che avrà luogo fino a giovedì 20 novembre con l’obiettivo di riflettere ed elaborare linee di indirizzo e decisioni in seguito alla recente approvazione del Documento di sintesi del Cammino sinodale delle Chiese in Italia, avvenuta nella terza Assemblea sinodale di sabato 25 ottobre scorso. A questo punto, infatti, l’Assemblea generale dei vescovi italiani dovrà confrontarsi su priorità, delibere e note elaborate a partire dal testo votato. Dai risultati che emergeranno, verranno indicate le prospettive pastorali per i prossimi anni, le quali verranno discusse e nella prossima Assemblea generale di maggio 2026.

I lavori sono stati aperti dal discorso introduttivo del cardinale arcivescovo di Bologna e presidente della Cei Matteo Zuppi: «C’è uno spirito di ricerca – esordisce il porporato -, tante volte soffocata in vite che non sono semplici, su cui pesa sempre più la solitudine, l’assenza di un sostegno familiare, le difficoltà economiche e della vita. Talvolta, quasi senza motivo, si consolida l’abitudine a vivere lontani dalla Chiesa, concentrati su di sé e sui propri problemi. Noi siamo la Chiesa di tutti e vorremmo esserlo di più, certo rispettosamente, anche per costoro. Il programma è quello delineato da Paolo VI durante il Concilio: “uno stato d’animo amico, missionario, capace di ascolto, di fedeltà nel tempo, di attesa e di accoglienza. Non uno stato d’animo rassegnato, perché la storia è piena di sorprese e tanti segni d’interesse mi sembrano affiorare”. A questo punto, il cardinale Zuppi ha condotto una riflessione provocatoria: «La fine della cristianità non segna affatto la scomparsa della fede – sostiene l’alto prelato -, ma il passaggio a un tempo in cui la fede non è più data per scontata dal contesto sociale, bensì è adesione personale e consapevole al Vangelo».

Con queste parole, il cardinale ha ripreso il concetto di “cambiamento d’epoca”, denunciato da Papa Francesco facendone uno dei fili conduttori del suo pontificato: «La cristianità è finita – constata Zuppi -, cioè la società non è naturalmente più cristiana, ma questo non deve spaventarci». A tal proposito, il cardinale ha portato l’esempio della società di Antiochia – al tempo della Chiesa nascente -, quando «i credenti – ricorda il porporato – si sono impegnati di persona a portare e comunicare la loro esperienza di fede. Se quindi la cristianità è finita, non lo è affatto il cristianesimo. Ciò che tramonta è un ordine di potere e di cultura, non la forza viva del Vangelo. Per questo non dobbiamo avere paura, ma rinnovare il nostro impegno a essere testimoni gioiosi del Risorto. Non dobbiamo diventare mediocri, spaventati, paurosi nella paternità e nell’assumerci responsabilità, ma più evangelici e cristiani! Non temiamo, dunque, questo tempo, che sembra sottrarre spazio alla fede: forse è il contrario».

Questa l’esortazione del presidente dei vescovi italiani, che ha ripreso le parole di Paolo VI: “Il credente di oggi non è più il custode di un mondo cristiano, ma il pellegrino di una speranza che continua a farsi strada nei cuori”. Quindi il porporato ha approfondito ulteriormente il concetto: «La fine della cristianità non è una sconfitta – incoraggia Zuppi -, ma un kairos. L’occasione di tornare all’essenziale, alla libertà degli inizi, a quel “sì” pronunciato per amore, senza paura e senza garanzie. Il Vangelo non ha bisogno di un mondo che lo protegga, ma di cuori che lo incarnino. È in questa situazione di “vulnerabilità” che la Chiesa riscopre la sua forza. Non quella del potere, peraltro spesso presunto come le ricostruzioni sulla rilevanza della Chiesa, ma quella dell’amore che si dona senza paura».

Da qui la citazione di Papa Leone XIV: “Una Chiesa che non mette limiti all’amore, che non conosce nemici da combattere, ma solo uomini e donne da amare, è la Chiesa di cui oggi il mondo ha bisogno”. Quindi il cardinale Zuppi ha ribadito l’obiettivo verso cui tendere: «La priorità – rilancia il porporato – è certamente trasmettere la fede, renderla viva, attraente, farla scoprire nascosta nelle attese e nei desideri del cuore, aiutando a ritrovarne le parole e la prassi. Guardando tanti “senza tetto spirituali” sentiamo la loro condizione, spesso piena di sofferenza, una domanda per costruire case di preghiera, di fraternità con Dio e con il prossimo, dove sperimentare la maternità della Chiesa e vivere l’ascolto della parola che diventa vita».

Durante la sua relazione introduttiva, il cardinale è poi tornato ad esprimersi in merito al Cammino sinodale delle Chiese in Italia: «Lo scorso 25 ottobre – ricorda – i delegati, compresi i vescovi, hanno votato il Documento finale. Si è chiusa così una fase importante, avviata quattro anni fa accogliendo l’invito di Papa Francesco, che ha visto una partecipazione a vario titolo di almeno 500 mila persone. Con il Cammino sinodale abbiamo imparato ad affinare aspetti che erano probabilmente già presenti, ma che avevano bisogno di essere rinnovati, l’ascolto, il discernimento, la profezia. Abbiamo cercato soprattutto di interiorizzare questo processo come stile ecclesiale permanente. Ora si apre una fase nuova, che interpella in particolare noi pastori nell’esercizio della collegialità e in quel presiedere la comunione così decisivo, perché la sinodalità diventi forma, stile, prassi per una missione più efficace nel mondo».

Quindi, applicando quanto deciso nel Consiglio episcopale permanente riunitosi lo scorso settembre a Gorizia, il cardinale Matteo Zuppi ha nominato un gruppo di vescovi che, coadiuvato dagli organi statutari, supporterà questo percorso decisionale fino all’Assemblea generale di maggio 2026: il cardinale Roberto Repole, monsignor Gherardo Gambelli, monsignor Guglielmo Giombanco, monsignor Corrado Lorefice, monsignor Andrea Migliavacca e monsignor Michele Tomasi.

Poi, citando il Concilio di Gerusalemme di cui parlano gli Atti degli apostoli, Zuppi ha commentato: «Questa – osserva – è anche la ragion d’essere della comunità credente, sin dalle sue origini. Raccontare in modo autorevole e affidabile che Gesù di Nazareth è risorto dai morti, primizia di tutta l’umanità chiamata a condividere la sua stessa vita. Possiamo sviluppare tecniche diverse, sempre più efficaci e al passo con i tempi, ma sempre a servizio dell’annuncio di una esperienza di fede già vissuta».

Infine, il presidente della Cei ha rivolto un’ulteriore richiesta: «Avviare una riflessione sull’eventuale revisione dello stesso Statuto della Cei – afferma – e per recepire in tempi rapidi quanto verrà indicato dal gruppo di lavoro istituito da Papa Leone proprio sul tema “Lo statuto delle assemblee ecclesiali e dei Concili particolari“, nell’ambito della Segreteria generale del Sinodo. A tal proposito, il cardinale si è espresso più approfonditamente sui temi della sinodalità e della collegialità: «Non è questo il momento storico del “noi” della vita assieme – constata Zuppi -, come si vede anche dalla fragilità della famiglia e di tante realtà associate! La natura stessa della Chiesa ci spinge a un impegno pastorale e di comunione nel senso di costruire la comunità dei credenti. Fare di questo una priorità della nostra pastorale è in sintonia con le scelte sinodali, che non riguardano istituzioni o strutture, ma comunità vive, un soggetto, un noi».

Quindi un’ultima esortazione: «Una comunità viva – sottolinea il porporato – è sempre una profezia in questo nostro tempo individualista. Le parrocchie devono sempre restare aperte a qualunque tipo di fedeli e a qualunque ricerca di Dio. Sono come la piazza della Chiesa, dove non ci devono essere accessi limitati o condizionati, perché spesso qui approdano tante persone da storie diverse particolari. E alla fontana vanno gli assetati, anche se non li conosciamo!». E non solo: «Tutte le forme comunitarie – conclude il presidente dei vescovi italiani -, come quelle dei movimenti, vanno incoraggiate nel dinamismo della comunione e della paternità, come le associazioni di ogni tipo che il genio della fede e dell’amicizia cristiana semina nel nostro tessuto ecclesiale. Penso alle comunità che si ritrovano attorno ai religiosi e alle religiose o a luoghi di preghiera, ai santuari e tant’altro».

All’interno dell’81ª Assemblea generale dei vescovi italiani, saranno diversi gli appuntamenti importanti, a partire dalla celebrazione dei Vespri e la preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi, che si terrà domani – martedì 18 novembre – alle ore 19.15. Mercoledì, invece, alle 19 si ripeteranno i Vespri, seguiti da una preghiera per la pace. Infine, giovedì 20 novembre, chiuderà i lavori Papa Leone XIV.

About Davide De Amicis (4766 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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