“Rimettiamoci nella mani di Maria per capire il cammino da fare”
"Ognuno di noi - sottolinea l'arcivescovo Valentinetti - deve guardare alla propria vita e, celebrando i divini misteri dell'Eucaristia, deve lasciarsi rapire dalla forza dello Spirito Santo per scoprire sempre di più questa figliolanza, questa semplicità di rapporto tra noi e Dio - per mezzo di Gesù Cristo - nella potenza dello Spirito"
L'arcivescovo Valentinetti presiede la santa messa nella solennità della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo
Una grande partecipazione di fedeli, ieri sera, ha fatto da sfondo alla santa messa presieduta dall’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti in onore della solennità della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo nell’omonima parrocchia di Villa Carmine a Montesilvano, guidata dal parroco don Valentino Iezzi che ha concelebrato la liturgia eucaristica.

Nell’omelia, il presule ha spiegato il senso e il valore del riconoscersi nella paternità di Dio e nella maternità della Vergine Maria: «Questa festa del Carmelo – esordisce il presule – ci sprona e ci invita a capire che cos’è la vita cristiana, sotto lo sguardo di Maria, sotto lo sguardo di colei che ci è madre… “Donna ecco tuo figlio”. In quel figlio c’eravamo tutti noi. Ma la vita cristiana, perché possa essere realizzata autenticamente, ha bisogno di discernere i segni che Dio manda. Non pensate a segni straordinari, pensate a segni semplici, ma che sono dati alle anime che hanno il coraggio di salire sulla Santa Montagna».

Da qui il riferimento alla nostra vita: «Così come Elia si reca sulla cima del Carmelo – approfondisce l’arcivescovo di Pescara-Penne -, anche noi dobbiamo salire sulla cima della preghiera, sulla cima dell’ascolto della parola di Dio, sulla cima di quel sacro monte dell’eterno invisibile, ma presente nella vita di ciascuno di noi. E, badate bene, il segno che la pioggia stava per venire era una nuvoletta insignificante. I segni che il Signore ci manda non sono le apparizioni, non sono le locuzioni interiori, sono i segni della vita, i segni dell’esistenza umana, dell’esistenza che continua nel tempo e che noi dobbiamo raccogliere come piccoli doni che si chiudono nello scrigno del nostro cuore e della nostra vita».

Segni, questi ultimi, che per monsignor Tommaso Valentinetti devono indurci all’obbedienza: «Per crescere e camminare nella vita cristiana – esorta l’alto prelato – e crescere e camminare per renderci conto della figliolanza che abbiamo con Dio, che chiamiamo “Abba”, Papà. Non Padre, ma Papà. E madre, Maria, in ebraico si dice “Imma“. Abba, Imma. Essere capaci, cioè, di scoprire una figliolanza che ci viene data però dalla grazia di Dio, dallo Spirito Santo che viene seminato nei nostri cuori tutte le volte che celebriamo i sacramenti. Questa sera ognuno di noi deve guardare alla propria vita e, celebrando i divini misteri dell’Eucaristia, deve lasciarsi rapire dalla forza dello Spirito Santo per scoprire sempre di più questa figliolanza, questa semplicità di rapporto tra noi e Dio – per mezzo di Gesù Cristo – nella potenza dello Spirito».

Da qui l’invito finale: «Allora, se è il Padre, se è il Papà a cui dobbiamo rimettere la nostra vita – conclude l’arcivescovo Valentinetti -, questa sera, così come sempre, prendendo la corona del Santo Rosario, noi ci rimettiamo nelle mani di Imma, di Mammà, la Madonna, che possiamo chiamare veramente Mammà per tutti noi, per tutta la Chiesa. Lei è Madre, è Madre di tutta la Chiesa, immagine e modello di tutta la Chiesa e, fidandoci di questa maternità e di questa paternità, comprendere qual è il cammino che dobbiamo fare. Qualche volta un cammino pieno di difficoltà, qualche volta un cammino pieno di insidie, qualche volta anche un cammino dove il peccato bussa alla porta della nostra esistenza. Ma se avremo sempre presente Abba e Imma, non avremo niente da temere. Il Signore sarà sempre davanti, dietro, di fianco e ci condurrà all’eternità. Amen».



