Mafie: “L’indignazione è il primo passo, poi bisogna impegnarsi a cambiare”
"Le mafie – ammonisce don Ciotti - nuotano nel mare delle ingiustizie sociali e delle disuguaglianze materiali e sono diventate una delle facce di un’economia che sacrifica la vita in nome del profitto. “Sistema ingiusto alla radice”, lo ha definito Papa Francesco"
don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele e di Libera
Quest’anno è Milano ad ospitare le celebrazioni dell’odierna Giornata nazionale in ricordo delle vittime innocenti di mafia (i cui eventi sono in programma già da ieri). Un appuntamento che, non a caso, si svolge nel capoluogo lombardo: «Per commemorare – ricorda don Luigi Ciotti, fondatore di Libera – le cinque vittime della strage di via Palestro, trent’anni fa, e il decennale delle esequie di Lea Garofalo, donna coraggiosa che si ribellò all’universo chiuso e spietato della ’ndrangheta».
E proprio Libera promuove l’iniziativa insieme ad Avviso Pubblico, sotto l’Alto patronato del Presidente della Repubblica e in collaborazione con la Rai, con il patrocinio del Comune di Milano e Regione Lombardia, e il sostegno della diocesi di Milano: «Questo anche per ricordare – spiega don Ciotti intervistato da Annamaria Braccini per il portale della diocesi ambrosiana – e ricordarci tutti che le mafie sono una realtà pervasiva e diffusa a livello nazionale e internazionale, presenti soprattutto dove l’economia è florida e le occasioni di arricchimento più numerose e ghiotte. Milano e la Lombardia sono storicamente la locomotiva economica del Paese».
“È possibile” è il tema della giornata. A tal proposito, il noto sacerdote antimafia ha risposto alla domanda secondo la quale sia davvero possibile che un Paese sappia indignarsi per ingiustizie e mafie di ogni tipologia: «È possibile – replica don Luigi Ciotti -, a condizione di mettersi tutti più in gioco, come ci ha chiesto 75 anni fa la Costituzione. Istituzioni e cittadini. Le mafie non avrebbero posto in società dove ogni cittadino si facesse artefice e custode del bene comune. In tal senso l’indignazione è solo il primo passo: poi deve seguire l’impegno per il cambiamento, che è tanto più grande quanto più i problemi sono radicati. Il problema del nostro Paese è che, salvo eccezioni, ci si ferma al primo passo, all’indignazione».
Anche perché le mafie si annidano dove si verificano i problemi: «Le mafie – ammonisce il presbitero – nuotano nel mare delle ingiustizie sociali e delle disuguaglianze materiali e sono diventate una delle facce di un’economia che sacrifica la vita in nome del profitto. “Sistema ingiusto alla radice”, lo ha definito Papa Francesco». E anche la Chiesa può fare la sua parte nella lotta contro la mafia: «Vivere il Vangelo senza limitarsi a osservarlo o predicarlo – rilancia don Ciotti -. Il Vangelo è incompatibile con le mafie perché, prima ancora, incompatibile con le ingiustizie».

