Transito di San Francesco: “Lasciamo il superfluo per l’incontro con Cristo”
"Noi non siamo chiamati ad essere la fotocopia di Francesco e nemmeno di Carlo Acutis - sottolinea monsignor Cipollone -, ma ad essere originali, come il giovane Carlo diceva, riconoscere qual è la nostra identità e qual è la nostra missione. E allora il transito, pur con tutte le difficoltà che potrebbe prevedere o anche non prevedere, arriverà"
Monsignor Emidio Cipollone, vice presidente Ceam e arcivescovo di Lanciano-Ortona, pronuncia l'omelia
Sono entrate nel vivo ieri sera, con i primi vespri del Transito di San Francesco d’Assisi nella Basilica della Porziuncola in Santa Maria degli angeli le celebrazioni in onore del Patrono d’Italia. A presiedere la liturgia eucaristica è stato l’arcivescovo di Lanciano-Ortona e vice presidente della Conferenza episcopale abruzzese e molisana (Ceam) monsignor Emidio Cipollone, con la partecipazione degli altri vescovi abruzzesi (monsignor Tommaso Valentinetti, arcivescovo di Pescara-Penne; monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, monsignor Antonio D’Angelo, arcivescovo di L’Aquila, monsignor Lorenzo Leuzzi, vescovo di Teramo-Atri; monsignor Michele Fusco, vescovo di Sulmona-Valva, monsignor Giovanni Massaro, vescovo di Avezzano, ai quali si aggiunto il presidente della Ceam monsignor Camillo Cibotti), ma anche dai sindaci dei 305 comuni abruzzesi, a partire dal primo cittadino del comune capoluogo di regione L’Aquila – Pierluigi Biondi – che oggi accenderà la lampada votiva sulla tomba di San Francesco in rappresentanza dei suoi colleghi.
Nell’omelia dei vespri, monsignor Cipollone ha dapprima spiegato il significato del Transito di San Francesco d’Assisi: «Questa parola, “transito” – spiega il presule -, immediatamente fa pensare alla strada, al cammino. “Transito” ci fa pensare a chi sulla strada si trova. Noi parliamo di automobili in transito, di mezzi pesanti in transito. Di bici, moto, monopattini, pedoni in transito. E sappiamo, per l’esperienza di ogni giorno, che ogni strada, pur essendo sempre la stessa, a volte ha dei problemi diversi di transito. Un giorno tu puoi trovare quella strada liberissima e arrivi in un attimo. Un giorno tu puoi trovare quella strada piena di traffico e non arrivi mai. A volte una strada prevede il divieto di transito, è una strada sulla quale non devi, non puoi andare. A volte la strada invece prevede l’obbligo di transito. Devi per forza andare su quella strada. A volte la strada prevede che per essere percorsa ha bisogno di qualcosa che ti aiuti. Quando è la stagione invernale ci sono strade sulle quali tu puoi camminare solo con le gomme da neve o con le catene a bordo. Tutte queste segnalazioni, tutte queste cose hanno fatto sì che nel corso della storia dell’uomo, molto velocemente l’immagine della strada, del cammino, del transito, sia diventata l’immagine della vita. Anche il Vangelo usa questa immagine. Durante quest’anno liturgico che volge al termine, stiamo leggendo nelle domeniche il Vangelo di Luca, che per la sua maggior parte è organizzato proprio come un viaggio, come un transito che Gesù fa partendo da Nazareth e da Cafarnao, dalla Galilea e andando verso la Giudea. Verso Gerusalemme, verso la croce, lì Egli sarà innalzato. Su questo cammino, su questo transito, Gesù ci fa comprendere che la vita è fatta di soste e di ripartenze, è fatta di distacchi e di nuovi incontri. È necessario fermarsi. Ma è necessario ripartire, è necessario distaccarsi, altrimenti non si può incontrare nuove persone, non si possono fare nuove esperienze. E il Vangelo di Luca, attraverso l’esperienza di Gesù, ci dice che davvero, per fare questo transito che Gesù ci chiede di fare, è necessario lasciare delle cose e prenderne delle altre, evitare certe strade e sceglierne obbligatoriamente delle altre. Nelle domeniche estive, una dietro l’altra, Gesù ci ha detto che è necessario passare per la porta stretta e che quindi con sé bisogna portare lo stretto necessario. Il superfluo, il di più, anche quando ci sembra importante, va lasciato, altrimenti la porta stretta non si riesce a superarla. In queste domeniche Gesù ci ha detto che dobbiamo distaccarci, che dobbiamo lasciare alle spalle anche delle cose belle, fondamentali, importanti come sono i legami di sangue, i legami della famiglia, i legami dell’amicizia, perché lungo il transito della vita i legami che diventeranno più importanti sono quelli in Cristo. Quelli di quando ci scopriamo figli di Dio, fratelli e sorelle fra noi. Allora siamo addirittura la madre di Gesù, che genera Gesù al mondo in cui si trova a vivere, che presenta Gesù e lo offre all’umanità nella quale si trova a vivere. È lì che si fa esperienza dell’essere figli amati dal Padre, è lì che si fa esperienza della fraternità e della sororità (legame di solidarietà tra donne). Su questa strada, addirittura, Gesù ci ha detto che occorre tagliare con sé stessi. Che bisogna lasciarsi alle spalle il proprio io, che bisogna rinnegare sé stessi. Cioè, nel transito della vita non possiamo essere concentrati su di noi, i nostri occhi devono puntare gli altri e l’altro Dio. Allora il percorso sarà giusto. Ma se ci puntiamo solo su di noi, se guardiamo solo il nostro ombelico, se noi ci consideriamo il centro del mondo, non andiamo molto lontani».

Quindi il vice presidente della Ceam ha rivolto un’esortazione: «E su questo transito, per questo motivo – ribadisce monsignor Cipollone -, occorre prendere ogni giorno la croce, che non è la nostra punizione, che non è ciò che il Signore ci vuol far pagare per i nostri peccati, come dice San Francesco, ma è lo strumento attraverso il quale possiamo dimostrare l’amore allo stesso modo in cui lo ha fatto Gesù, arrivando a donare la nostra stessa vita. Non c’è altro motivo per cui Francesco, nel momento del transito, si fa leggere Giovanni 13. E ci dice Gesù che sul transito della vita occorre sedersi, fermarsi un attimo, riflettere, come stiamo facendo noi stasera per fare due conti, perché non è cosa da nulla decidere di seguire Gesù, transitare sulla strada che lui ci indica, evitando quelle che ci chiede di evitare. Dobbiamo fare come colui che voleva costruire la famosa torre. Deve sedersi e calcolare se il suo denaro gli permette di portare a compimento la costruzione della torre, per non lasciare a metà l’opera ed essere deriso da tutti. Se non ci sediamo, se non pensiamo un momento con serietà a quello che il signore ci sta chiedendo, vuol dire che non abbiamo capito il transito che il Signore ci chiede, che non abbiamo capito il cammino sul quale il signore ci vuole impegnare. E, ultimamente, il Signore ci ha ribadito che per fare il transito, il cammino che ha fatto lui, dobbiamo lasciar da parte alcune cose che possono anche piacerci molto, l’apparenza, la bellezza del vestire, come quella del ricco presente nella parabola di Lazzaro. Vestiva di porpora e di lino finissimo. Era la sua più grande ambizione, vestire benissimo per essere guardato da tutti, mangiare benissimo per essere invidiato da tutti. Gesù ci dice, “Va bene vestire, va bene mangiare. Ricordatevi però quello che vi ho detto… Il Padre del cielo veste i Gigli del campo e fa mangiare gli uccelli del cielo. E vi dico che neanche Salomone, in tutta la sua grandezza di re, ha mai vestito come quei gigli. Fidatevi di Dio, Fidatevi della Provvidenza. E poi, proprio per questo motivo, il Vangelo di domenica scorsa porterà gli apostoli a chiedere a Gesù, “Aumenta la nostra fede”. Si avvicinava il termine del transito, si avvicinava Gerusalemme. Gesù aveva fatto anche la richiesta di essere capaci di perdonare, non una volta, non tre volte, come dicevano i pii ebrei, nemmeno 7 volte, come aveva Chiesto Pietro, ma 70 volte 7, cioè sempre. Gesù aveva chiesto di perdonare sempre, anche riprendendo un’altra pagina della scrittura… “Se tuo fratello pecca 7 volte al giorno contro di te e 7 volte ti chiede perdono, tu glielo concederai”. Tutte queste cose che Gesù chiedeva per un buon transito, avevano spaventato gli apostoli, “Accresci la nostra fede”. Gesù però dice loro che non è necessaria una grande quantità di fede, ne basterebbe poca, pochissima, un granello di senape che è più piccolo della metà di un chicco di grano e, a questo punto, potrebbe accadere non solo che si realizza il difficile che un gelso possa essere sradicato e trapiantato nel mare, ma che quel gelso nel mare possa addirittura vivere, cosa impossibile. Nel transito della vita, seguire Gesù, rivestirsi di Gesù e delle sue piaghe, segno del suo amore, ci permette non solo il difficile, ma anche l’impossibile. La fede produce i miracoli».
A questo punto, monsignor Cipollone ha ripreso l’esempio lasciato da San Francesco: «Qual è stata la sua storia? È stata quella di un transito – ribadisce l’arcivescovo di Lanciano-Ortona -. È stato il cammino di una vita. Lui aveva cominciato una strada, aveva cominciato a transitare per una strada. Poi però si era accorto che quella strada non lo portava da nessuna parte. Che i vestiti bellissimi, le feste una più bella dell’altra, le armi, il riconoscimento della gente, oggi diremmo le centinaia di migliaia di followers, i like sul suo profilo non gli cambiavano la vita. Gli davano la gioia di un momento, ma lo lasciavano con il cuore triste. Non era soddisfatto di questa sua vita. Comincia a pensare cos’è che deve davvero lasciare e che cos’è che davvero deve prendere, perché il suo transito acquisti un senso. Perché il suo transito abbia trovato la direzione giusta che lo porta al traguardo della sua vita, alla riuscita della sua vita, alla felicità, alla gioia, alla Santità. Ci mette tempo per comprenderlo, ma poi lo comprende. Capisce che, se attua qualche distacco, può realizzare qualche incontro. E se realizza quell’incontro, la sua vita sarà trasformata da così a così. Ed eccolo allora fra i lebbrosi. Eccolo allora distaccarsi, riconsegnando i suoi vestiti, lasciando da parte la famiglia di sangue per poter costruire una famiglia di fede, lasciando quello che era terreno per recuperare quello che veniva da Dio e dalla sua volontà. E poi lo abbiamo ascoltato che nel transito lui dice, “io la mia parte l’ho fatta con l’aiuto di Dio. Il Signore a voi rivelerà la vostra e vi darà la capacità di farla”. Da santità nasce Santità, ci diceva il vescovo nel suo saluto di accoglienza (il vescovo di Assisi monsignor Domenico Sorrentino). E quanti frutti di santità, in questi 800 anni, ha portato Francesco ad Assisi, in Italia e nel mondo intero? Quante persone guardando a lui, alla sua vita, al suo esempio, hanno deciso di tagliare determinate situazioni per realizzare incontri nuovi, hanno deciso di lasciare la porpora e il lino finissimo per rivestirsi di Cristo, come Gesù, come Francesco ha fatto».
Da qui il senso del transito, che vale nella nostra vita di tutti i giorni: «Allora, insieme con Francesco, ognuno di noi – esorta monsignor Emidio Cipollone -, seguendo la sua vocazione e facendo nella sua storia personale, familiare, ecclesiale, sociale, la volontà di Dio, capirà qual è quel passaggio che il Signore gli chiede, il modo in cui deve generare Cristo oggi. Noi non siamo chiamati ad essere la fotocopia di Francesco e nemmeno di Carlo Acutis, ma ad essere originali, come il giovane Carlo diceva, riconoscere qual è la nostra identità e qual è la nostra missione. E allora il transito, pur con tutte le difficoltà che potrebbe prevedere o anche non prevedere, arriverà. Al suo traguardo, su questa strada, percorrendo questo cammino, realizzando questo transito, noi scopriremo che con Gesù dobbiamo avere una vera e propria storia d’amore. Non si tratta solo di sapere le cose di Gesù. Non si tratta solo di ammirarlo per quello che Gesù ha detto e per quello che Gesù ha fatto. Così come non si tratta di sapere solo le cose di Francesco, di ammirarlo per quello che lui ha detto poco e per quello che lui ha fatto molto, ma si tratta di vivere la storia d’amore, di dire a Gesù, come ha detto Francesco, “Voglio unire la mia vita alla tua. Voglio esserti fedele sempre nell’amore e voglio farlo nella gratuità del dono”, come ci ricorderà il Vangelo di domenica… “quando avete fatto tutto, dite, siamo servi inutili, siamo servi senza utile, che lo fanno per nessuna gratificazione, nessuna glorificazione, ma semplicemente per amore, per potersi abbracciare definitivamente con il Signore Gesù”. Ed è per questo che anche la morte che ci spaventa, che ci fa paura, come ci è stato ricordato, smetterà di farci questa paura, perché diventerà l’ultimo transito, l’ultimo passaggio che ci permette quell’incontro definitivo, quell’incontro d’amore che durerà per tutta l’eternità, ma che ha radici profonde nell’aldiquà in questo mondo. Perché è qui, in questo mondo, come ha fatto Francesco, che noi dobbiamo vivere la nostra unione con il Signore, come ha fatto Lui. La morte ci diventa sorella e, con il Signore, potremmo testimoniare questa storia d’amore bellissima e infinita».
Al termine dei vespri del Transito di San Francesco, l’Abruzzo ha fatto i suoi doni ai Frati minori di Assisi, a partire dal sindaco di Scanno Giovanni Mastrogiovanni, che ha portato mostaccioli e mostocotto. Inoltre, la Ceam ha offerto alla Basilica della Porziuncola un ostensorio, realizzato a mano dal maestro orafo Luca Ferrari di Guardiagrele (Ch). Tale opera richiama la forma dell’ostensorio del Miracolo Eucaristico di Lanciano e presenta due angeli in ottone che sorreggono lo stemma francescano cesellato. Al di sopra vi è la teca per l’esposizione del Santissimo Sacramento, con raggi in argento realizzati con la tecnica della filigrana. L’ostensorio è sormontato da una fedele riproduzione della croce processionaria di Nicola da Guardiagrele. Inoltre la Regione Abruzzo, attraverso l’assessore alla Cultura Roberto Santangelo, ha donato due anfore in ceramica realizzate con tecniche tradizionali aquilane, 250 litri di olio extravergine di oliva e ha assunto l’impegno per il restauro della loggetta della Basilica di Santa Maria degli Angeli, nonché per il recupero di due dipinti settecenteschi raffiguranti San Francesco e Santa Chiara. Invece, il dono che i vescovi abruzzesi faranno oggi alla basilica superiore, sarà il restauro di una cartagloria (una tavoletta con impresse orazioni della santa messa) detta “Cartagloria Bisi”. Nella giornata di oggi le ostie che saranno consacrate durante le celebrazioni previste, in rappresentanza delle piccole imprese abruzzesi, saranno donate dall’ostificio “Maria Assunta” di Sulmona. Presenteranno il dono Francesco e Chiara Di Cesare, titolari dell’azienda. Infine, saranno donati dei candelieri realizzati a mano dai detenuti del carcere di Sulmona.
Stamani, nell’ambito della santa messa presieduta alle 10 dall’arcivescovo di Isernia-Venafro e Trivento – nonché presidente Ceam – monsignor Camillo Cibotti, avrà luogo l’accensione della lampada votiva sulla tomba di San Francesco. A seguire, saranno le autorità – a partire dalla presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni – a pronunciare il proprio messaggio di saluto alla Nazione.



