Fine della cristianità: “La strategia è uscire e accogliere tutti”
"È stato un dibattito ricco - sottolinea il cardinale Matteo Zuppi -, con tante diversità e sfumature, ma con una consapevolezza e determinazione per me consolante. Bisogna trovare come collegialità e sinodalità vanno insieme, ma direi che sono in buona salute tutti e due"
Il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, guida i lavori dell'81ª Assemblea generale dei vescovi italiani - Foto: Gennari-Siciliani/Sir
In attesa della visita ad Assisi di Papa Leone XIV, che oggi concluderà l’81ª Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana, ieri pomeriggio il cardinale arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana Matteo Zuppi ha tenuto una conferenza stampa per sintetizzare l’andamento dei lavori in corso dallo scorso lunedì 17 novembre.
Al centro della riflessione i temi della sinodalità e della collegialità, con il Documento di sintesi del Cammino sinodale delle Chiese in Italia approvato dalla terza Assemblea nazionale – lo scorso 25 ottobre – dal quale i vescovi hanno dovuto estrapolare le priorità che saranno al centro dell’Assemblea generale di maggio 2026, la quale indicherà il cammino futuro.

Il cardinale Zuppi ha raccontato dapprima lo spirito con cui i presuli hanno lavorato: «Non vuole essere maquillage interno – premette il porporato -, ma sempre per la missione. Vogliamo guardare il mondo intorno, le ricerche, i desideri, le gioie e le speranze degli uomini e delle donne. Siamo consapevoli delle difficoltà che viviamo, ma le viviamo con molta collegialità. È stato un dibattito ricco, con tante diversità e sfumature, ma con una consapevolezza e determinazione per me consolante. Bisogna trovare come collegialità e sinodalità vanno insieme, ma direi che sono in buona salute tutti e due».
Poi, tra le possibili priorità, il presidente della Cei ha individuato «la chiarezza di metodo – precisa -, la costruzione della comunità in una Chiesa che cambia e si trasforma, il rapporto col territorio anche in tessuto sociale molto più isolato, dove c’è tanto individualismo, tanta sofferenza e patologie».
Uno dei temi più controversi nel dibattito sinodale è la questione legata all’omoaffettività: «Se c’è una sofferenza, in particolare sull’omoaffettività – osserva il cardinale -, dobbiamo studiare il modo, costituire un gruppo di lavoro che recepisca quel testo e lavori per dare linee guida che aiutino a mettere assieme le varie preoccupazioni, spero senza malevolenza».
Altrettanto al centro del dibattito è anche il tema relativo ad un maggior protagonismo delle donne nella Chiesa: «È necessario trovare risposte alle difficoltà – aggiune Zuppi -, ma anche andare avanti».
In seguito, il cardinale Zuppi ha risposto alla domanda di un giornalista che chiedeva una strategia contro “la fine della cristianità, ma non del cristianesimo”, di cui lo stesso porporato aveva parlato nella sua relazione introduttiva: «Uscire e accogliere, è questa la strategia – replica Zuppi -. Papa Ratzinger già da cardinale, alla fine degli anni 50’ ha scritto dei testi sulla fine della cristianità. C’è un testo di don Primo Mazzolari che è del 1938. Ma tornando alla “strategia” per affrontare le sfide attuali, Papa Francesco ha sempre spinto per questo: per accogliere tutti, cercare i tanti lontani e capire perché c’è tanta sofferenza, in un mondo pieno di solitudine e di patologie».
“LA CHIESA E’ UNA MADRE E NON SARA’ MAI NEUTRALE: SCEGLIERA’ SEMPRE LA PACE”
La giornata si è conclusa con la recita dei Vespri, che il presidente della Cei ha presieduto nella basilica inferiore di San Francesco ad Assisi. La meditazione è stata in gran parte incentrata sul tema della pace: «La Chiesa è una madre e non sarà mai neutrale – spiega il cardinale Matteo Zuppi -, perché sceglierà sempre la pace. Non pregherà per la vittoria, ma per la pace, che è l’unica vittoria. Questo grido è quello delle vittime delle guerre del passato, che ci consegnano la memoria della loro sofferenza perché non sia più così, per non essere dimentichi, per svegliarci dal sonno, perché non crescano di nuovo quei semi terribili di violenza e mancanza di rispetto della persona di cui vediamo i frutti e incredibilmente li coltiviamo. Dobbiamo essere doppiamente consapevoli, per il nostro presente e per il nostro passato prossimo. Molti di voi sono figli di questa generazione. Davanti a questi inferni non possiamo dire che non lo sapevamo. Non vogliamo che la pace sia una tregua».

Per questo, la Chiesa italiana ha indicato un’ulteriore strategia da perseguire: «Per la pace – sottolinea il porporato – bisogna combattere la logica della forza con le armi dell’amore, le uniche capaci di sconfiggere il demone e i demoni che si impadroniscono del mondo e dei cuori delle persone». Infine il cardinale ha citato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, riprendendo il suo discorso pronunciato nel suo ultimo viaggio istituzionale in Germania appena concluso: «Parole – osserva il presidente dei vescovi italiani – pronunciate con severa consapevolezza parlando al popolo tedesco. “Quanti morti occorreranno ancora, prima che si cessi di guardare alla guerra come strumento per risolvere le controversie tra gli Stati, che se ne faccia uso per l’arbitrio di voler dominare altri popoli?”. Il cristiano è artigiano di pace, perché pacifico e pacificatore, perché non può dire “pazzo” a suo fratello, perché ha messo la spada nel fodero, perché vince ogni seme di inimicizia, perché discepoli di Gesù, il non violento, la nostra pace, che riconcilia tutte le cose e rappacifica con il sangue della sua croce gli esseri della terra e quelli del cielo».




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